L'arca olearia
Quanto conviene davvero produrre energia elettrica dalla sansa di oliva?
Sempre più il frantoio deve trarre reddito dai sottoprodotti. Ora le tecnologie sono mature e le leggi armonizzate, occorre solo valutarne i costi e i benefici. Ne abbiamo parlato con Piero Gonnelli, presidente Aifo
06 ottobre 2012 | Alberto Grimelli
Il decreto sviluppo divenuto legge ad agosto ha dissipato anche gli ultimi dubbi in merito ai sottoprodotti oleari.
Sansa vergine, sansa esausta, nocciolino e pasta denocciolata sono considerabili tutti come sottoprodotti e questo ha aperto la strada a nuovi utilizzi e un interesse crescente verso le tecnologie che ne consentono l'utilizzo e la trasformazione in energia.
Tra i meno noti, ma non per questo meno rilevanti, vi è la cogenerazione a pirolisi, ovvero la combustione diretta della sansa, una tecnologia meno complessa, per competenze richieste e investimenti, della gassificazione.
I problemi della cogenerazione tramite pirolisi sono assolutamente assimilabili a quelli di impianti di gassificazione, ovvero la natura stagionale della sansa e i relativi problemi di stoccaggio.
Si tratta di problemi superabili con l'aiuto della comunità e delle istituzioni locali in merito in particolare a emissioni di particolato e di cattivi odori dall'impianto.
Affinchè un impianto di cogenerazione per pirolisi sia redditizio deve però essere abbinato a un frantoio di medio grandi dimensioni, ovvero con una capacità lavorativa di 2400 tonnellate di olive all'anno.
In questo caso, secondo lo studio resOlive, vi è una netta convenienza economica, anche se a fronte di ingenti investimenti.
Partendo da una sansa col 50% di umidità questa deve essere asciugata in forni rotativi, sgrassata e trasformata in sansa di oliva con il 13% di umidità, con il limite che la sansa fresca non può essere stoccata per più di due giorni prima di subire questo trattamento termico. Considerando una produzione di sansa di 1500 tonnellate/anno, lo spazio necessario per lo stoccaggio dovrebbe essere pari a poco più di 200 metri quadri.
La sansa con umidità al 13% potrà dunque venire convogliata alla caldaia mediante tramogge appropriate e quindi bruciata per produrre vapore che viene inviato in pressione ad una turbina
collegata ad un alternatore che produce corrente elettrica. La corrente così prodotta viene inviata a un trasformatore che la rilascia poi nella linea di trasmissione. All'uscita della turbina, il vapore viene condensato in acqua usando un condensatore in cui circola acqua fredda. Tale acqua viene reintrodotta nella caldaia. Una parte del vapore uscente dalla turbina viene recuperato e utilizzato per riscaldare ed essiccare la sansa.
Un siffatto impianto ha un costo che sfiora i 400.000 euro, dei quali la maggior parte sono destinati all'acquisto e all'installazione dei cogeneratori. Le spese annuali vengono considerate pari a poco più del 10% del costo dell'impianto, 45.000 euro, la maggior parte destinata alla manodopera.
I ricavi dalle vendita di energia elettrica sarà pari a circa 145.000 euro all'anon, a cui si devono aggiungere i 4000 euro all'anno per i Certificati di Efficienza Energetica (CEE) corrispondenti per l'utilizzo del riscaldamento per l'essiccazione del processo.
Ne risulta un tempo di ritorno dell'investimento in 4 anni, se il progetto viene finanziato al 6% di tasso di interesse da un istituto di credito, con possibile riduzione a 3 in caso di autofinanziamento. Ottimo il tasso interno di rendimento, pari al 26%.
Ma quale può essere l'effettiva risposta dei frantoiani di fronte a questa nuova opportunità? Ci siamo confrontati con Piero Gonnelli, presidente Aifo.
- Il mercato dell'olio di sansa sta incrementando in alcuni paesi ma lo smaltimento della sansa da parte dei frantoi rappresenta ancora un problema. Perchè queste difficoltà?
Non credo che questa campagna sperimenteremo le problematiche che vi sono state in precedenti stagioni. Le difficoltà normative, per fortuna, sono state superate e vi è una continua richiesta di sansa come sottoprodotto, in particolare da parte dei gassificatori. Credo che, in questa campagna, si innescherà un virtuoso meccanismo di concorrenza, a vantaggio dei frantoiani, che porterà anche i sansifici a remunerare la sansa, anche se a prezzi molto modesti.
- Tra gli usi alternativi per la sansa quanto è immediatamente applicabile è certamente l'utilizzo a scopo energetico. Un interesse che sta crescendo tra gli operatori. In particolare si stanno diffondendo i separatori sansa/nocciolino. A cosa è dovuto questo trend?
Semplicemente all'aumento dei costi energetici. Le notizie degli aumenti delle bollette ormai sono costanti, quasi a ritmo giornaliero. Gli italiani, silenziosamente, si stanno attivando per trovare soluzioni alternative ai tradizionali gas, petrolio e gasolio. Si stanno diffondendo sempre più le caldaie a pellet e il nocciolino d'oliva è un ottimo combustibile, con un potere calorico di 4500 kcal/kg. Per questa ragione i prezzi del nocciolino stanno aumentando e variano dai 13 al 18 euro/quintale, a seconda delle regioni. A queste condizioni l'investimento per un separatore diventa assolutamente conveniente.
- Cosa sta facendo l'Aifo per aiutare i propri associati nell'intraprendere un percorso di innovazione per un uso alternativo della sansa/nocciolino?
Proprio in questi giorni stiamo perfezionando, per poi attivarle, tre convenzioni con altrettante aziende che producono separatori sansa/nocciolino. E' anche un modo per porre l'argomento al centro dei pensieri dei frantoiani, anche se soprattutto per la prossima stagione, vista l'imminenza dell'inizio della campagna olearia.
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