L'arca olearia

Acque agitate nel comparto oleario italiano. O di qua o di là

Acque agitate nel comparto oleario italiano. O di qua o di là

Ogni volta sembra stia per scoppiare la definitiva grande guerra dell’olio. Si alzano i toni, ma si finisce con il cadere in monologhi noiosi e improduttivi. Chi ha ragione, chi ha torto? Io intanto mi dimetto: da polemista. Non c’è più tempo per il dialogo, però c’è spazio per un sorprendente colloquio con il professor Lanfranco Conte

01 settembre 2012 | Luigi Caricato

Sì, avete letto bene: mi dimetto. Stufo delle solite manfrine, oltre che dei soliti battibecchi che non fanno certo il bene del Paese, lascio la mia naturale posizione, fortemente e duramente critica, e muto atteggiamento dimettendomi da polemista.

Qualcuno, conoscendomi, penserà: Luigi Caricato non manterrà mai la promessa, è troppo animato da uno spirito bellicoso e aggressivo. Alla prima occasione utile scenderà in campo senza batter ciglio, potente come un carro armato. No, chi mi conosce per davvero, e non per finta, sa bene che quando decido di intraprendere un nuovo percorso, mantengo fede alla parola data.

Da oggi, dunque, primo settembre 2012, niente più polemiche, e, soprattutto, niente più toni duri e aspri, almeno da parte mia. Lo so, non è facile cambiare di punto in bianco, ma, state certi, è quel che accadrà. Non è però un arretramento circa le posizioni adotatte finora, anzi. Non è tanto meno una resa, ma un passo avanti verso una nuova fase. Continuerò a esprimere posizioni ferme e inequivocabili, ma senza entrare in rotta di collisione con nessuno.

Vi chiederete giustamente il motivo di questo mio cambiamento, lo so. E’ molto semplice, io ho avuto a cuore in tutti questi anni le sorti del comparto. Anche perché, quando iniziai a scrivere di olio, promisi a me stesso di agire per il bene di tutti – e l’ho fatto, con grandi risultati peraltro, di cui sono molto orgoglioso, a cominciare dall’ideazione di Teatro Naturale. Ora, però, è giusto voltare pagina. Mi sono accorto che non esiste più la concreta possibilità di aiutare l’intero settore. Ci sono schieramenti troppo estremi, polemiche sterili, inclinazioni scandalistiche, pensate solo per suscitare clamore e trarre un personale vantaggio. Io non ci sto più a fare il grillo parlante quando c’è chi rifiuta il dialogo e il confronto. Tutti se ne stanno chiusi in se stessi, fermi e immobili nelle proprie posizioni, per lo più dettate da logiche lobbistiche. Così non si può andare avanti, meglio piuttosto una separazione. O di qua o di là.

Le mie posizioni sono chiare. Quest’estate in tanti mi hanno telefonato per cercare di capire in che direzione andasse l’olivicoltura italiana, impressionati dalle forti e contrastanti posizioni assunte a partire dal noto disegno di legge Mongiello. In questo numero di Teatro Naturale – mai così diseguale e discontinuo nella linea editoriale, ormai bifronte, e vi spieghero presto perché ciò sta accadendo – è stata intervistata la senatrice Mongiello. Si tratta di una intervista che apre un dibattito che finora non c’era mai stato. Si tenta di aprire un dibattito, ma è solo una finta. Provate a leggere le battute della Mongiello. Tutto sembra essere orchestrato per rispondere a una serie di aspettative accomodanti. Obiettivo: il bene del Paese, il bene di tutti. Sarà così?

La determinazione che sta dietro alla Mongiello è davvero un atto di imperio portato avanti dalla politica quale espressione dei condizionamenti di una sola rappresentanza agricola o è piuttosto il frutto di un pensiero plurale?

 Sorpreso dalle risposte, ma anche dalle domande poste alla Mongiello, mi sembra utile per il lettore riportare di seguito lo scambio di opinioni che ho avuto quest’estate con il professor Lanfranco Conte, presidente della Società italiana per lo studio delle sostanze grasse.  E’ davvero interessante, credetemi, il confronto di approccio. Da una parte la politica, dall’altra il mondo della ricerca scientifica. Due stili e due linguaggi distinti.


Luigi Caricato > Professor Conte, anche questa volta ho come la sensazione che il mondo scientifico sia stato in qualche maniera sconfitto, da quando il DDL sull’olio extra vergine di oliva presentato dalla senatrice Mongiello è stato approvato sia dalla Camera dei Deputati, sia dal Senato, senza minimamete ascoltare il parere autorevole di chi come lei e i suoi più prestigiosi colleghi la chimica degli oli la studia e la frequanta da anni. Con tutta sincerità, che sensazione sta provando? Bastano le espressioni delusione e amarezza? O forse è più corretto parlare di rassegnazione?

Lanfranco Conte > Francamente non si sa più cosa pensare, in Italia ci sono studi in atto, presso l’Università di Udine, di Perugia, c’è una sperimentazione organizzata dalla Società Italiana delle Sostanze Grasse in collaborazione con la Stazione Sperimentale per le Industrie degli Oli e dei Grassi–Innovhub di Milano, con l’Università di Bologna e con l’Università di Udine che vede la partecipazione di tredici aziende che hanno messo a disposizione masse di oli sfusi di varia provenienza e alcuni oli confezionati; questi campioni, caratterizzati secondo l’allegato I del Reg(CEE)2568/91 e successive modificazioni ed integrazioni, al tempo zero, vengono poi rianalizzati ogni due mesi per i parametri acidità, numero di perossidi, spettrofotometria UV, impurezze, umidità e sostanze volatili, alchil esteri, contenuto di metanolo ed etanolo e panel test. Quest’ultima valutazione viene condotta da due panel differenti.

Va detto che le spese della sperimentazione non godono di alcun contributo pubblico e le aziende tramite le loro organizzazioni professionali pagano solamente le spese di analisi e di organizzazione della sperimentazione

 

Luigi Caricato > Il DDL della Mongiello è stato inserito nel cosiddetto “Decreto Sviluppo”, all’articolo 43 per l’esattezza, quindi forzando la mano, scegliendo la via breve e poco dialettica di un decreto. Insomma, ancora una volta è la politica a dominare la scena in Italia. Sembra quasi che il mondo della ricerca e della sperimentazione – già per diversi aspetti abbandonato a se stesso, senza più fondi né linee guida – sia stato del tutto ignorato in una decisione così delicata come quella degli alchil esteri. E’ così, o è solo una mia sensazione?

Lanfranco Conte > Dagli studi citati prima, si trarranno conclusioni utili alla revisione dell’attuale limite ed ad un aggiornamento del metodo e del parametro analitico. Questo è il solo modo di operare e ragionare che chi si occupa di scienza conosce, il resto, essenzialmente basato su motivazioni e ragionamenti politici ci è alieno e, almeno io, non sono più nemmeno interessato a conoscere le ragioni dei politici. D’altra parte noi chimici dell’olio abbiamo una professionalità acquisita e consolidata, e ciò ci garantisce una posizione solida e sganciata dalle preferenze elettorali, i politici devono ingraziarsi costantemente chi consente loro di garantirsi un reddito (nemmeno disprezzabile, in fondo).

E’ per questo motivo che andiamo avanti, nonostante tutto, come si dice “il tempo è galantuomo” e piano piano si arriva a separare le cose importanti dal fumo e si raggiungono risultati apprezzabili.

 

Luigi Caricato > Ora, tornando alla bruciante realtà, lei, a fine settembre, ha un appuntamento con i suoi Colleghi delegati italiani al Gruppo esperti chimici olio di oliva UE, per incontrare i delegati degli altri Paesi membri. Bene, visto che vi dovevate incontrare per stringere un accordo comune e condiviso, in modo da rivedere all’unanimità il parametro degli alchil esteri con il relativo limite, ora che ci andrete a fare? Ha senso fare una brutta figura?

Lanfranco Conte > Andremo comunque a portare avanti il discorso basato sui dati sperimentali, che poi è quello che chiede la UE, il limite di 30 mg/kg per interessare alla UE dovrebbe essere basato su solide basi scientifiche e sperimentali. E’ d’altra parte vero che si tratta di una legge nazionale che, a torto o a ragione, si applica solo agli oli prodotti in Italia e non agli oli importati, quindi non ha alcuna influenza sul commercio internazionale.

Naturalmente qualche ripercussione ci può essere per aziende non italiane che imbottigliano in Italia olio italiano e poi lo esportano in altri Paesi

 

Luigi Caricato > In Puglia, come lei sa è stato costituito un Comitato alchilesteri 75. Con tutta sincerità, avendo le nostre istituzioni optato per il limite di 30 mg/kg,oli siamo proprio sicuri che tutti gli oli italiani rientrino in tale limite? Non lo so, faccio l’esempio di alcune aree del Paese in cui tendenzialmente si producono grandi quantitativi di olio lampante; ebbene, nelle stesse aree di produzione non credo vi siano grossi quantitativi di extra vergini tutti eccellenti, tra quelli non eccellenti ci saranno tutti oli al di sotto del limite di 30. Mi risulta che in alcuni casi alcune Dop, pur prestigiose, in alcune campagne meno felici abbiano superato, seppur di poco, il valore dimg/kg. In tali casi che si fa? Cosa si andrà a dire ai produttori sfortunati che non vi rientrano?

Lanfranco Conte > Verissimo, ci sono oli anche a Dop di alcune zone che se pur di poco (ma un limite di legge non ha tolleranze) eccedono i 30 mg/kg, in questo caso, il decreto in oggetto prevede l’attuazione di un piano di controllo particolare, qui non mi è chiaro a spese di chi, inoltre visto le poche risorse a disposizione degli organi di controllo, non vorrei che si distraessero risorse umane ed economiche dal perseguire aspetti più gravi per correre dietro ad un limite solo nazionale.

 

Due interviste, due lingiuaggi distinti. A chi vi affidereste?

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Gianluigi Cesari

11 settembre 2012 ore 07:12

Non sarebbe stato meglio continuare sulla strada della certificazione volontaria su oli di alta qualità anzichè "imporre" unilateralmente un parametro che non certifica la provenienza dell'olio? Rischiamo sanzioni UE senza avere una garanzia della provenienza ci sono molti oli che provengono da altre parti del mondo e hanno una quantità inferiore a 30mg/Kg di Alchil Esteri. Se esistono delle possibilità di uscire da questo vicolo cieco vanno utilizzate...

sebastiano forestale

09 settembre 2012 ore 22:47

Si continua a parlare di olio ma non di olivicoltori. Il problema è che ci siamo dimenticati degli agricoltori e parliamo a vanvera dei loro prodotti. Se io sono un agricoltore ed economicamente mi conviene produrre un'olio con 50 mg/kg di alchil esteri perchè mi devo ostinare a cercare a tutti i costi di produrre un olio con 20 mg/kg. Ho fatto l'esempio della Puglia perchè li e nato il movimento degli agricoltori pro 75 (non a caso). Anche se fosse una piccola realtà va ascoltata, e non demonizzata a priori. Ma penso che riguardi ampie zone della Puglia. Comunque in un dibattito si discute e non si offende un interlocutore. Il 'le speri troppo grosse' lasciamolo dire in televisione a interlocutori di dibattiti in cerca di audience

giovanni breccolenti

09 settembre 2012 ore 20:29

Sign Forestale,non le spari troppo grosse,solo alcune zone del sud della Puglia hanno questo problema, peraltro facilmente superabile con alcune accortezze di natura agronomica e organizzativa.La gran parte della magica Puglia(soprattuto nel Foggiano e nel Barese)esprime oli ottimi,hanno un olivicoltura avanzata con delle varietà eccezionali.E non stravolga i termini che hanno un significato ben preciso,il buono è buono il mediocre è mediocre come lo è un olio sopra i 50 di alchil-esteri(mi tengo ancor piu' basso dei 75).

sebastiano forestale

09 settembre 2012 ore 00:26

Oggi il limite europeo per un'olio extravergine è di 75 mg di alchilesteri. Quindi l'olio extravergine, che è il miglior olio in circolazione, può essere venduto con un quantitativo di alchil esteri fino a 75. Per questo io mi permetto di giudicare mediamente buono un olio con 70-75 di alchilesteri. Certamente valori inferiori possono essere riscontrati in oli extravergini eccellenti ed ottimi. Il mediamente buono è inteso in questo senso. Peraltro, è risaputo che in alcune ma molto estese zone d'Italia il nuovo limite che si vorrebbe adottare per classificare come extravergine un olio d'oliva (30 mg/kg di alchilesteri) non può essere rispettato e parlo della Puglia. In parole povere con il limite del 30 di alchilesteri metà del nostro olio extravergine d'oliva dovrebbe essere classificato vergine. Quindi per concludere la campagna di informazione ai consumatori andrebbe fatta per il consumo del nostro olio vergine che mi creda è un buon olio, per riprendere il mio concetto di bontà. Il mio modo di pensare forse non salverà l'olivicoltura italiana che ha bisogno di ben altro di queste disquisizioni sul 30 o 70 di alchilesteri. Certo bisogna fare sempre il meglio ma a volte il meglio può essere irraggiungibile soprattutto quando il meglio non è neanche ripagato (all'agricoltore sintende). Tanti oli di bassa qualità ce ne sono stati qualche secolo fa, oggi non vedo tanti oli di bassa qualità; questo lo dico per dovuto rispetto verso coloro che lavorano in questa filiera. E finisco dicendo che io sono dalla parte degli agricoltori per deformazione professionale e non sono così sicuro che con il mio modo di pensare penalizzerei l'olivicoltura caro sign. Breccolenti.

giovanni breccolenti

07 settembre 2012 ore 21:02

Ma sign. forestale,lei che concetto di bontà ha? Un olio con alchilesteri intorno ai 75 è un buon olio? Sarà appena,ma molto appena sufficiente,nella media si,ma dei tanti oli di bassa qualità che girano e di cui un consumatore consapevole farebbe volentieri a meno.Stia sicuro che con il suo modo di pensare la nostra olivicoltura non la salviamo di certo.
A meno di un ritorno alla schiavitu' o ai servi della gleba(che abbasserebbero notevolmente i costi,uno dei nostri problemi),il nostro settore puo' avere qualche schance solo puntando a fare sempre meglio il prodotto finale e curando al massimo tutte le fasi della filiera, con al centro del progetto la crescita culturale del consumatore.
Via su non scherziamo,un olio con alchilesteri 75 definito mediamente buono !!!!!Ma ben vengano leggi che spingono i produttori e la filiera a migliorare,la cosa importante è che poi si investa sulla formazione e crescita del consumatore che faccia aumentare la richiesta di olio buono(realmente buono ),perchè altrimenti queste leggi serviranno veramente a poco,anzi potrebbero diventare dannose per l'aumento dei costi.
Il binomio inscindibile è : olio di qualità-consumatore consapevole.

sebastiano forestale

07 settembre 2012 ore 17:41

L'olivicoltura italiana oggi produce neanche il 40% del fabbisogno interno di olio d'oliva. Facendo una media dei dati Istat (sovrastimati) e dei dti Agea (sottostimati) siamo a 400.000 tonnellate di olio d'olia. Per far fronte ai consumi interni ne dovremmo importare altri 400.000, ma importiamo di più anche perchè siamo anche esportatori i olio d'oliva (negli USA, Canada, Germania, Austria, Francia, ecc.). Ci stiamo strappando le vesti per il limite degli alchil esteri, una polemica che non fa del bene agli olivicoltori italiani e neanche ai consumatori. Anzi sono convinto che questo fare i primi della classe (i nostri oli sono i migliori) detto da politici che parlano anche di cose che non sanno sta creando confusione. Un olio con 75 mg di alchil esteri non è un'olio eccellente, ma è un'olio mediamente buono, e può anche trattarsi di un'olio che appena estratto aveva 40 di alchiesteri che dopo circa otto mesi dall'estrazione 75.
Ben altri sono i problemi dell'olivicoltura italiana che il contenuto degli alchil esteri. Se pensiamo di far concorrenza all'olivicoltura spagnola con questi argomenti stiamo sparando a zero, anzi tra qualche anno ci troveremo ad affrontare il problema dell'olio italiano con 75 di alchilesteri inveduto e giacente nei silos. Ragioniamo, non è l'olio che dobbiamo difendere ma l'agricoltore che lo produce, il quale di chiacchere ne ha sentito sin troppe sia dalla Mongiello di turno che da emeriti difensori dell'agricoltura che (anche in buona fede) hanno soffiato all'orecchio della Mongiello.

massimo occhinegro

02 settembre 2012 ore 00:15

Chi giace in una campana di vetro giacche' non vuole ascoltare, non può poi pretendere di farsi sentire quando poi sarà costretto, giocoforza, a chiedere aiuto.

GIANLUCA RICCHI

01 settembre 2012 ore 18:40

Vedrà caro Costa dove vi porterà la Mongiello. Rilegga attentamente cosa dice il Professor Conte rispondendo al Direttore.
Una volta qualcuno mi disse:
"L'Italia è il Paese dei balocchi, di Lucignolo e Pinocchio............... siete sempre più lontani dalla realtà e sempre più convinti di essere i più furbi".
Il mondo sta cambiando e il conto stà per arrivare. Buona fortuna.


Filippo COSTA

01 settembre 2012 ore 17:01

Ricchi, senta, vediamo di non prenderci in giro. Dipendente, lobbista o libero professionista che lavora per l'industria olearia, a me poco importa. Si percepisce, però, che le sue idee sono da quella parte lì. Io non ce l'ho con lei ma mi piace sapere chi c'ho di fronte.
Io ho un po' di olivi e vedere bottiglie d'olio a 2 euro al litro al supermercato mi fa ribollire il sangue. Il mio olio non è quello lì ma tutti e due si chiamano extra vergine e si prende quello che costa meno.
Se l'olio italiano e quello spagnolo non hanno differenze, se è tutto un bell'olio extra vergine, come dice lei, se il limite per tutte e due è 75 di alchil esteri mi spiega perchè la massaia dovrebbe comprare quello nostro e magari pagarlo di più?
Se la differenza tra il nostro olio e quello spagnolo sta solo in una bandierina sull'etichetta si può anche chiudere bottega, ha ragione il Caravatti. Due bolle fasulle e l'olio spagnolo diventa italiano, tanto nessuno potrà mai dimostrare che lì dentro c'è roba spagnola e non italiana.
Ma voglio venirle incontro. Bene, teniamoci le leggi europee. Le regole sono uguali, i limiti sono uguali, è tutto olio extra vergine uguale. Poi però non lamentiamoci dei falsi in giro per il mondo perchè per combattere il falso occorre avere strumenti per dimostrare qual'è quello vero. Le regole europee se ne infischiano di distinguere tra italiano e spagnolo. Ue, Coi, Wto se ne fregano dell'origine, l'importante è che il prodotto giri e faccia fatturato. Se poi spariranno gli olivi in Italia, vuol dire che ne metteranno un po' di più in Marocco e il risultato finale non cambia. Non cambia, certo, se non per gli olivicoltori italiani.

GIANLUCA RICCHI

01 settembre 2012 ore 11:53

Caro Costa,
mi dispiace contraddirla ma non sono ne un'esponente dell'industria ne tanto meno un politico a cui le fa riferimento.Semplicemente mi occupo da circa 20 anni di olio di oliva come libero professionista e sono fiero di poter esprimere una mio opinione, ovviamente opinabile, senza dover difendere nessuna categoria dell'intera filiera olearia come sicuramente deve fare lei.
Legga meglio quello che ho scritto la prego; L'industria prende le distanze da oli che oggi si trovano ai limiti consentiti dalla legge in quanto,le analisi dimostrano che, passando il tempo aumenta in modo esponenziale il valore e questo diventa pericoloso.
Si ricordi caro Costa che l'olio è come una bella donna; non ha importanza il colore della pelle, ne tanto meno la sua provenienza , o a quale religione appartenga. E' bella.

giovanni caravatti

01 settembre 2012 ore 11:51

Dopo queste dichiarazioni, forse , conviene tagliare le piante,così il limite 30mg/kg. non sarà più necessario controllarlo e l'olio (come già avviene)andremo all'estero a comperarlo.
Loro no guardano il limite trenta.
Il detto che l'erba del vicino è sempre più verde,per noi Italiani è così?

Filippo COSTA

01 settembre 2012 ore 11:14

Finalmente cominciamo a capire qualcosa!
Il Ricchi, che evidentemente è esponente dell'industria olearia, lo ha detto chiaramente: l'industria prende le distanze dal limite dei 30 mg/kg degli alchil esteri e dal disegno di legge Mongiello.
L'industria non vuole il limite degli alchil esteri a 30 mg/kg perchè va contro i suoi interessi commerciali! Altro che balle su tipicità, territori e varietà. E' questione di soldi.
Il mondo della produzione, invece, applaude al disegno di legge della Mongiello. Basta leggersi gli interventi in Commissione al Senato di Unaprol, Cno e Confagricoltura. Anche i consumatori stanno da quella parte.
O di qua (con olivicoltori e frantoiani) o di là (con gli industriali).

GIANLUCA RICCHI

01 settembre 2012 ore 10:38

Il grande Professor Conte sa perfettamente quanto poco senso ha avuto l'entrata in viglore degli alchil esteri, o meglio, la rapidità con la quale è stato posto un limite che dovrà per forza essere rivisto. Quei continui controlli sui campioni ai cui fa riferimento il Professore, dimostrano che il valore degli alchil esteri aumenta con il passare del tempo e questo ovviamente destabilizza l'intera filiera in quanto si rischia di confezionare un'olio con il parametro a norma per poi trovarlo, ancor prima della scadenza naturale del prodotto, fuori limiti di legge.
Coloro i quali hanno lavorato per porre il limite a 30 mg/kg sul 100%italiano si accorgeranno ben presto del danno che, questo valore, arrecherà ai nostri produttori.Già oggi, che siamo soltanto a Settembre, troviamo extra vergine italiano con gli alchil esteri molto vicini ai limiti consentiti e, chiaramente l'industria prende le distanze.

giovanni breccolenti

01 settembre 2012 ore 08:42

Se si migliora il modo di fare olio (soprattutto in alcune zone)non è che siamo sicuri ma siamo certi che non si superano tali valori di alchil-esteri che dipendono in minima parte dalla varietà,ma sono strettamente legati ad altri fattori : epoca di raccolta giusta per ogni varietà,lotta alla mosca,velocità di molitura ecc.
Pur non provando nulla di positivo sia per la vecchia politica che per quella attuale,io in questo abbassamento del limite alchil-esteri ci vedo un opportunità di miglioramento della filiera,soprattutto di certe zone.