L'arca olearia 12/03/2005

NEVE E GELO HANNO DANNEGGIATO DIVERSI OLIVETI. COME RIMEDIARE?

Sebbene quest’inverno non sia stato così rigido come quelli del 1985 o del 1956, in alcune zone d’Italia sono stati colpiti molti alberi e già si preannuncia un anno difficile. Prima di intervenire con qualsiasi taglio è necessario aspettare la ripresa vegetativa, valutando così i danni effettivi. Talvolta può anche essere utile considerare la convenienza di un reimpianto


L'olivo, pianta tipicamente mediterranea, necessita di un clima relativamente mite d'inverno, soprattutto senza grosse escursioni termiche.
Ciò nonostante l'olivo riesce a sopportare temperature minime molto basse, comunque non oltre i -8/-10°C.
In taluni casi anche temperature meno rigide, ma sopraggiunte dopo un periodo relativamente caldo, tale da consentire un’attività vegetativa, possono compromettere la funzionalità di rami, branche ma anche del tronco della pianta. Danni di tale natura, sebbene non irrimediabili, costringono l’olivicoltore a onerose potature di riforma, con conseguente mancata produzione per alcuni anni.
Più rari e limitati i casi in cui anche l’apparato radicale venga colpito dal gelo con intensità tale da causarne la morte.

Una valutazione potenziale dei danni al proprio oliveto non può quindi prescindere dalla valutazione dei seguenti fattori:
- stato vegetativo dell'olivo;
- andamento climatico antecedente la gelata;
- periodo in cui questa avviene e suo perdurare;
- temperature minime raggiunte;
- eventuali nevicate.

Se esaminiamo infatti quanto accaduto negli anni più nefasti per l’olivicoltura nazionale scopriamo che le condizioni meteorologiche sono state realmente eccezionali:
1929, metà febbraio: -18° C
1956, metà febbraio: -12° C
1985, prima decade di gennaio: -23° C.

Durante quest’inverno, salvo alcune microzone, non si sono raggiunte temperature così basse, inoltre l’olivo risultava in quiescenza già da alcune settimane, quando, alla fine di gennaio, sono cominciate le prime gelate.
Nonostante ciò le abbondanti nevicate di febbraio hanno causato, in molti territori del Centro-Nord, scortecciamenti o addirittura rotture di intere branche dovute soprattutto al peso della neve. I danni, in questi casi, si limitano al solo apparato epigeo, spesso in maniera non diffusa. Devitalizzazioni di rami, imbrunimenti della zona cambiale e completa defoliazione sono i sintomi più evidenti.
Mi risulta che siano meno numerosi i problemi dovuti a scortecciamenti o spaccature del tronco per cui è previsto il recupero solamente con amputazione al livello del terreno.

Quando e come intervenire
In ogni caso è utile intervenire solamente alla ripresa vegetativa, allorchè la pianta reagisce emettendo un gran numero di polloni e succhioni.
La loro posizione fornisce già un’indicazione sull’estensione della zona danneggiata, dato che, usualmente, questi rami vigorosi vengono emessi appena sotto la parte devitalizzata.
Dopo aver constatato l’entità dei danni dell’intero oliveto, sarà necessario ponderare attentamente la convenienza di estirpare e quindi reimpiantare un nuovo oliveto. Tale drastica soluzione può essere presa in esame qualora il vecchio impianto abbia sesti molto larghi e nel caso le piante compromesse siano più della metà, con tempi di recupero della produttività non inferiori ai 5 anni.
Nel caso si opti per una potatura di recupero, si dovrà possibilmente evitare che i tagli di riforma, anche per esigenze estetiche, riducano oltre misura la vegetazione della pianta. Si ricordi, a tale proposito, che la conseguente reazione dell’olivo sarà l’emissione di uno spropositato numero di succhioni, la cui successiva gestione implicherà un rallentamento nell’entrata in produzione della pianta riformata. È anche utile tenere presente che durante la ricostituzione degli olivi si potranno correggere anche impostazioni o altezze della chioma non più attuali o scomode.
Nel caso si debba invece procedere al taglio alla base dell’olivo, sarà bene procedere in tempi brevi senza attendere che i polloni emessi dagli ovoli posti al piede della pianta siano troppo sviluppati, evitando in tal modo il conseguente rischio di amputarli durante il taglio. Ciò dovrà essere effettuato con la motosega in modo netto e preciso, sì da non creare alla corteccia sfrangiature nocive all'insorgere dei polloni. Infine prima di operare la scelta definitiva dei polloni da allevare è bene attendere almeno un anno in modo da compararne la vigoria.

Tutti questi interventi creeranno più o meno grandi quantità di legno morto che non dovrà in nessun modo rimanere in prossimità della pianta, onde evitare infestazioni di Phleotribus-Scarabacoides.
Immediatamente dopo i tagli sarà anche necessario intervenire con un trattamento rameico per contrastare l’insorgere di patologie batteriche come la rogna o fungine come l’occhio di pavone.

di Alberto Grimelli