L'arca olearia
Grande smacco. Ora gli spagnoli vendono anche l'olio italiano. In Italia

Mentre noi ci accapigliamo, come al solito creando conflittualità inutili tra i vari attori della filiera, in una guerra intestina senza esclusioni di colpi che si trascina ormai da decenni, un noto marchio spagnolo, Borges, propone un autentico made in Italy entrando direttamente nella case degli italiani
26 maggio 2012 | Luigi Caricato
Prima o poi c'era da aspettarselo. Non poteva essere diversamente. Quando qualcuno litiga, c'e sempre chi ne approfitta. E’ il caso della storica azienda Borges, fondata nel lontano 1896 da Antonio Pont i Pont e Dolores Creus Casanovas. Nel 1964 viene realizzato a Tarraga lo stabilimento in cui si confeziona l’olio e per la prima volta il marchio Borges compare sul mercato del confezionato. Da allora è stato tutto un succedersi di successi, soprattutto quando nel 1984 prende corpo Borges Andalucia. L’anno successivo è invece la volta di Borges California. Nel 1994 è il turno di Borges Australia, sempre con l’obiettivo di commercializzare olio di oliva. Nel 1996 nasce Borges Tunisia, e negli anni a seguire il gruppo si espande sempre di più in nuovi Paesi, tra cui la Cina, fino alla costituzione, nel 2012, di Borges Mediterranean Italia, con l’obiettivo di inserirsi da noi in una fascia di mercato nuova, selezionando oli destinati al mercato italiano da proporre via internet, entrando così direttamente nelle case degli italiani attraverso la vendita diretta. Da qui il sito Oliodiolivaitalia.it.
Uno smacco per il nostro Paese, anche perché le intenzioni sono piuttosto esplicite: “si può essere leader di mercato solo quando ci si adatta costantemente alle esigenze dei consumatori, cambiando, anticipando le tendenze del mercato e identificando le vere preferenze dei consumatori, sempre più esigenti. E non si deve dimenticare – prosegue il testo di presentazione presente nel sito – che tutto ciò richiede un grande sforzo in termini di risorse, sia economiche che umane”.
Insomma, c’è molto da riflettere su questo ingresso coraggioso e parecchio sorprendente nel nostro mercato. Tanto più che Borges Italia va direttamente a incontrare il consumatore in casa, davanti allo schermo di un pc, on line, attraverso una campagna di promozione massiccia e con un dominio internet oltremodo esplicito: olio di oliva Italia!
La strada dell’innovazione e della internazionalizzazione è una carta vincente, adesso, in questo contesto storico, ma occorre giocarsela confrontandosi con altre aziende, ben animate dal desiderio di espandersi. Siamo davvero sicuri che l’Italia stia andando in questa direzione? La mia sensazione è che anziché favorire l’espansione nei mercati da parte di quelle aziende particolarmente vocate verso l’estero, l’Italia, drogata com'è da finanziamenti pubblici, stia invece frenando questa antica vocazione, propria del nostro comparto oleario. C’è come un ostacolo di ordine psicologico, oltre che ideologico, a livello istituzionale e sindacale, che dimostra l'incapacità da parte di alcuni soggetti di guardare all’Italia in prospettiva futura e in funzione del mercato.
”Abbiamo lavorato per molti anni per portare l'olio di qualità in tanti Paesi”, hanno dichiarato sul sito di Borges. E, badate bene, a quel che viene ultriormente specificato: “commercializziamo l'olio italiano sui mercati internazionali a Paesi come la Francia e gli Stati Uniti. Con l'esperienza olearia che ci contraddistingue, e il sigillo di qualità indiscussa che è ‘100% prodotto italiano’, abbiamo deciso con la nostra filiale Borges Italia, di offrire questo olio di qualità alle famiglie italiane con una modalità di acquisto nuova e conveniente”.
Un smacco per il nostro Paese. Con alcuni soggetti privi della benché minina idea di cosa sia il mercato, sempre pronti a creare burocrazia pur di mantenere i propri apparati vetusti, altri, comenel caso di Borges, danno una sonora lezione ai solini dell’olivicoltura italiana, coloro che imprigionano il Paese contribuendo a far perdere grosse opportunità nei mercati internazionali.
Ecco cosa si legge nel sito Olio di oliva Italia: “Noi sappiamo che siamo di fronte a un consumatore esigente, e per questo motivo vogliamo soddisfarlo offrendogli un prodotto di alta qualità e consegnato direttamente a casa. Un prodotto 100% italiano, sviluppato e prodotto a Firenze”.
E ancora, con uno stile un po’ goffo e sfacciatamente infarcito di luoghi omuni, si legge che in “Italia si vive per mangiare, non si mangia per vivere. Quando si sta mangiando si parla di quello che si è mangiato una volta, oppure di quello che si cucinerà dopo un paio di ore. In questo sito troverai una piccola parte di questa magnifica Italia e dei suoi ottimi piatti”.
Gli slogan? Eccone alcuni:
“Offriamo la migliore selezione di olio di origine italiana”
“Assaggia il vero sapore italiano”
“Olio extravergine a un extraprezzo”
“Compra olio di oliva con amici e parenti. Più compri, meno spendi”
La intanto spedizione è gratuita. L’olio, “il nostro olio”, come sotengono, è un olio extra vergine: un olio 100% italiano.
I prezzi? La confezione da litro ha un prezzo consigliato di 6 euro, ma un prezzo lancio via web di 4,79 euro, ma le offerte diventano anche più convincenti quando si acquista le confezioni da 5 litri. Il motto è “più compri, meno spendi”.
E voi, cosa ne dite? Certo è che uno smacco simile mette l’Italia in condizioni davvero imbarazzanti. Mi stupisce perciò che qualche soggetto, perfino istituzionale, anziché volere una filiera unita e stimolare l’espansione del comparto oleraio italiano nel mondo, giochi a mettere scompiglio e a bloccare l’operatività di un Paese che ha invece un’alta vocazione commerciale e che tuttora gode – nonostante l’assurdo servizio di paolo berizzi su Repubblica – di una immagine vincente nel mondo, presso i consumatori. Lo capiranno, questi soggetti del malaugurio, a lasciare il comparto libero da inutili quanto controproducenti azioni di demonizzazione del nostro comparto oleario? Con tutta sincerità dubito fortemente che questa azione di contrasto possa finire. Al momento ci ritroviamo una classe politica incapace di essere libera da condizionamenti perpetrati da un’associazionismo che mira solo alla sopravvivenza della propria struttura, e non al successo dell’intero comparto.

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29 agosto 2012 ore 12:35Caro Sig.Angiolino,
Noi non siamo costretti a nulla, bensì fino ad ora, e non so per quanto, siamo "liberi" di poter scegliere cosa comprare. Questo soltanto grazie al fatto che la GDO mette a disposizione del consumatore una vasta gamma di prodotti che vanno dal Biologico, Dop, Igp 100% Italiano e infine Comunitari e non Comunitari.Questo lo vediamo anche nello scaffale del vino dove troviamo il cartone da litro ad 1 Euro e la bottiglia a 200 Euro. Stiamo vivendo in un Paese che rifiuta categoricamente la libera scelta del consumatore, cercando di influenzarlo con la storia della qualità italiana e infamando in modo sempre più inequivocabile i grandi Paesi produttori della Comunità Europea e non che, a differenza nostra, hanno investito in Agricoltura. Questi investimenti li hanno resi competitivi con i prezzi e adesso l'unico modo rimasto per toglierli dalla concorrenza è attaccare le importazioni obbligando sempre più al consumo del nostro prodotto dichiarando cattivo o fasullo il loro. Sarà perchè sono 20 anni che faccio questo mestiere, sarà perchè non ho da difendere nessuna categoria dell'intera filiera in quanto libero professionista, sarà perche ancora oggi giro tutto il mondo assaggiando e selezionando oli extra vergine di oliva che ritengo di poter dire a voce alta a coloro che acquistano la bottiglia dell'olio una cosa soltanto: "L'olio è come una bella donna; non ha importanza la sua provenienza. E'bella"
Nicola Ferraro
29 agosto 2012 ore 10:55Salve dottor Caricato ho letto con interesse il suo articolo che condivido pienamente e mi stupisco che gli italiani vanno a leggere la pubblicità di certe aziende straniere che cercano di infilarsi con la massima spudoratezza spacciando prodotti esteri per prodotti italiani. Io sono stato in argentina a vendere olio italiano regolarmente confezionato e nl super mercato Jumbo di Buenos Aires trovo l'olio spagnolo con una pubblicità del genere "Comprate solo olio spagnolo, il vero, Perchè comprate olio italiano quando l'olio all'italia lo vendiamo noi"? - E' veramente vegognoso, ecco perchè ho deciso di dare una mano agli olivicoltori italiani. La mia associazione sta riscuotendo molto interesse e quindi invito tutti coloro che ne sono convinti a partecipare per vincere la diffidenza e presentare ai consumatori il vero prodotto italiano. Grazie Nicola Ferraro
angiolino berti
29 agosto 2012 ore 09:29Purtroppo siamo costretti a vedere nei negozi e supermercati questa sciagura degli oli che si spacciano per extra vergine di oliva Italiano, a prezzi direi per gli oli veri impossibili, sono cose intollerabili e vergognose, occorre illuminare alla conoscenza i consumatori tutti ed in modo particolare la Ristorazione,un grande invito lo farei alle associazioni di olivicoltura a coloro che con la loro passione organizzano corsi per assaggiatori e conoscenza degli olii Italiani, affinche questi nei centri commerciali ed in tutti quei posti di maggior affluenza svolgano attività di conoscenza e degustazione spingendo il consumatore ad acquistare esclusivamente Olii extra Vergini Italiani certificati,mi sembra che ad alzare la voce sia soltanto Teatro Naturale, ma l'altra stampa dove è?... facciamo capire al consumatore finale di acquistare la qualità e non il prezzo, cosa vuol si vuol sperare che ci sia in una bottiglia di olio da 2 €uro?
ma avete provatop ad assaggiarlo? provate.. provate.. e dopo però assaggiate quello vero quello Italiano VERO...
GIANLUCA RICCHI
28 agosto 2012 ore 19:53Non solo è stato esaustivo Caro Luigi Caricato, ma come sempre condivido totalmente il suo commento.
grazie. grazie davvero.
Mi piacerebbe conoscerla di persona, mi auguro che prima o poi accada.
buona serata.
GIANLUCA RICCHI
30 maggio 2012 ore 17:14caro Direttore,
se ha la possibilità ed il tempo mi commenti gentilmente quello che stiamo leggendo in questi giorni, per mano di Coldiretti, inerente alla situazione dei prezzi dell'olio di oliva.
Io sono basito difronte a tali dichiarazioni.
grazie.
massimo occhinegro
30 maggio 2012 ore 08:11Il Gambero Rosso, scopre un documento di Federolio con il quale correttamente, in via preventiva si contesta la proposta di legge Mongiello, al fine di evitare sanzioni da parte della UE, ecco che Massimo Gargano dà a Bruxelles dell'imbecille , in latino, "gente con scarsa intelligenza".
E pensare che Bruxelles paga la sua organizzazione ed altre ad essa legate, indirettamente attraverso i tantissimi contributi!
In quel caso forse non sarebbero "tanto imbecilli"! Qui di seguito riporto il commento di Massimo Gargano sul gambero rosso:
"Durissimo il commento a caldo di Massimo Gargano, presidente Unaprol. «Sono indignato e fortemente indignato nei confronti di chi pensa di rivolgersi costantemente a dei minus habens, a degli imbecilli» sbotta Gargano. Capiamo la reazione, ma nella sostanza? È vero che la materia non può essere oggetto di legge da parte dello Stato? Che ogni modifica deve essere realizzata in sede europea? «In parte sì, ma che significa questo?"
giovanni breccolenti
28 maggio 2012 ore 15:19Sign. Caravatti mi appello alla sua maggiore esperienza e alla sua indomita voglia di lottare per chiarirmi anch'io le idee.Abbiamo ben chiaro contro chi lottare? Abbiamo ben chiaro chi è che vuole affossare l'Italia e nel nostro caso il comparto olivicolo-oleario(gli articoli alla Berizzi sono il problema principale?).Quali sono le parti politiche colpevoli e quali potrebbero risollevare le sorti? E chiedo al sig. Nicola Ferrero,mandare via i politici va bene,va bene anche unirci ma sotto quale collant,sotto quale obbiettivo finale?(ah, il delinquente dentro la chiesa non lo abbiamo seppellito noi ma chi glielo ha permesso di farlo).
Abbiamo fatto un Europa il cui unico collant era il maledetto euro peraltro prodotto da una banca privata che te lo da ad alto interesse,senza una lingua comune, un esercito comune, ideali e progetti comuni,senza una banca europea vera e vediamo alla fine dove sta sprofondando quest'Europa(almeno quella del sud in cui noi siamo ben posizionati).
giovanni caravatti
28 maggio 2012 ore 09:44sig. Caricato non so quanti anni Lei abbia ma, io oltre settantenne, e quanti come me, si trovano in queste condizioni,hanno voglia di lottare,Mi chiedo i giovani hanno intenzione di lottare? visto che noi gli abbiamo dato sempre la pappa pronta.Alla mia età dovrei tirare i remi in barca ma,poi chi va avanti?
Nicola Ferraro
28 maggio 2012 ore 08:29APPUNTO signor Caravatti dobbiamo unirci e mandare al paese tutti sti politici e non che vogliono impinguarsi a nostre spese. Faccia una riflessione, aderisca alla nostra associazione. Insieme faremo molto ma molto. Colamais
giovanni caravatti
28 maggio 2012 ore 08:10Non c'è niente da commentare,un vecchio proverbio dice: quando il maiale è scappato,chiudiamo il porcile. Prima concediamo di seppellire un mafioso in una chiesa,poi gli stessi si pentono,dove andremo a finire,povera Italia,Quando hanno inventato i contributi per noi agricoltori,dovevamo aspettarci del marcio,ed puntualmente è arrivato.
Grazie signori Ministri?
giovanni breccolenti
27 maggio 2012 ore 20:10Ad oggi dico nessuno è in grado con certezza di stabilire se un olio dentro una bottiglia marcato 100% italiano lo sia veramente(si puo' avere un sospetto ma tale rimane).Nessuno in modo ufficiale,ma con l'analisi del DNA dell'olio(anzi da frammenti di DNA) messa a punto dallo staff della dottoressa Baldoni del CNR di Perugia potrebbe essere un gioco da ragazzi (altro che burocrazia e supercontrolli vari!!)o almeno è possibili verificare da quali varietà di olive derivi quell'olio e le percentuali di ciascuna varietà con una precisione incredibile.E' ovvio che un frantoio, un leccino,una coratina fatta in un altro paese renderebbe nulla la verifica ma certamente una piqual un'arbequina una koroneki una picholine e altre caratteristiche dei vari paesi mediterranei sarebbero immediatamente individuate.La cosa strana è che una metodica cosi' importante non susciti il giusto interesse degli attori principali della filiera e mi domando perchè.Perchè?Non sarebbe un metodo fondamentale per difendere il nostro reale prodotto Italiano?
Nicola Ferraro
27 maggio 2012 ore 10:44Carissimi dopo tanti anni di esperienza commerciale (50 anni) ho costituito una associazione denominata "INTERPRYS Association" per dare assistenza tecnica aziendale a tutte quelle aziende agricole e di trasformazione. Questa associazione è disponibile a collabborare con tutte quelle aziende agricole e manufatturiere che vogliono collabborare per migliorare le proprie condizioni e trarre quel tanto di utile necessario per la propria sussistenza. Se ci sono Aziende che vogliono aderire noi siamo a loro disposizione gratuitamente, senza costi aggiuntivi. L'associazione si è fissata i seguenti obbiettivi: Assistena alla coltivazione ed allevamenti, trasformazione dei prodotti, vendita dei prodotti a livello internazionale. L'associazione opera per conto delle aziende senza richiedere alcun introito. Se vogliamo migliorare e nonstare a guardare dalla finestra invito tutti gli agricoltori di farci un pensierino ed aderire. Grazie dell'attensione. Colamais
Francesco Guglielmi
26 maggio 2012 ore 18:49Caro direttore,credo che siamo solo agli inizi.Ho fatto di recente un viaggio in Andalusia e ho potuto constatare di persona la realta spagnola.L'olivicoltura spagnola ha fatto grandi progressi:grosse cooperative con grandi centri di stoccaggio stanno già organizzandosi in termini di marketing e di comunicazione per affrontare quello che si chiama "mercato", mentre noi continuiamo con le solite lotte interne che sicuramente ci danneggiano. Lei ha perfettamente ragione a sollevare il problema, ma se noi del settore non ci ravvediamo potremmo uscirne perdenti.
Grazie
Francesco Guglielmi
Nicola Ferraro
26 maggio 2012 ore 17:14Oggi 26/05/2012 leggo moli commenti disfattisti sull'olivicoltura italiana. Leggo di politica corrotta, di mafia ecc. ma dove siete vissuti dal dopo guerra in poi?. L'economia italiana è tutta impiantata sugli aiuti nazionali e comunitari. Nessuno investe in agricoltura e quando qualcuno investe si trova a combattere contro il politico che lui ha sostenuto. Se vogliamo risorgere dobbiamo unirci e tirare fuori le nostre energie senza l'aiuto della politica. Noi habbiamo le capacità intellettuali che sono alla base dell'economia. Se continuiamo a fidarci dei nostri politici non faremo nessun passo avanti, dobbiamo andare sempre a rimorchio di qualcuno. Allora svegliamoci una buona volta ed organizziamo le nostre aziende e mandiamo a................ i nostri politici, facciamo da soli, vi garantisco che faremo meglio. Colamais
GIANLUCA RICCHI
26 maggio 2012 ore 13:56Non solo non ho mai sentito parlare di Piano olivicolo nazionale caro Direttore, ma quando leggo i dati della produzione del nostro Paese capisco che davvero non abbiamo più chance. Sulla quantità discutibile che produce il nostro bel Paese solo un 20% può ritenersi extra vergine di gran qualità, il resto si fregia soltanto di essere stato prodotto in Italia. Sarebbe stato più intelligente fare un tavolo fra addetti ai lavori atto a cercare di commercializzare al meglio quel 20% e trovare una soluzione per il restante 80%. Ho letto qualche tempo fa un'articolo di un imprenditore meridionale il quale consigliava ai suoi colleghi imbottigliatori di abbandonare definitivamente la bottiglia di italiano 100% concentrandosi soltanto sull'olio comunitario e lasciando ai produttori libera commercializzazione del made in Italy.Questa è l'unica vera soluzione rimasta ai nostri imprenditori. Stanno subendo attacchi ingiustificati da parte di chi, senza loro, non sarebbero in grado di sopravvivere.
GIANLUCA RICCHI
26 maggio 2012 ore 12:48Caro Direttore, coloro i quali sfidano la politica e il marcio che sta dietro alla politica come dice lei,oggi sono quelli più presi di mira dai controlli(NAC; NAS REPRESSIONE E FRODI FINANZA).
Anch'io dopo vent'anni di settore ne conosco tantissimi di imprenditori. Non vi è fra loro mancanza di coraggio nel ribellarsi a tutto ciò, ma semplice resa difronte ad una guerra impari.Resta soltanto da capire come fare a difendersi di fronte a tale scempio.Fino ad oggi purtroppo nessuno lo ha capito.
GIANLUCA RICCHI
26 maggio 2012 ore 11:48Caro Direttore, le zavorre sono il male del Paese. Non mi sembra con tutta onestà che ci sia la volontà di liberarsene, ma piuttosto la consapevolezza che non vi è altro rimedio che andarsene a lavorare all'estero o ancor peggio vendere le proprie attività o i propri marchi alle imprese estere. Siamo ad un punto di non ritorno, lei è davvero convinto che non sia finita per l'Italia?Quanti danni ha prodotto quell'articolo del Berizzi? Chi ha avuto la forza di smentirlo categoricamente? Chi ha difeso le nostre imprese? Come ha reagito il resto del mondo? Chi ha tratto vantaggio da tutto ciò? Cosa stà continuando a succedere ai nostri imprenditori? mi auguro davvero che lei abbia ragione ma purtroppo io non ne sono convinto per niente.
GIANLUCA RICCHI
26 maggio 2012 ore 09:44Salve a tutti,
volevo ancora una volta fare i complimenti al Direttore per il suo articolo.Conosco bene Borges e le garantisco che è un'impresa molto seria ben impostata e fatta da veri professionisti.
Qualche giorno fa scrivevo che stiamo mettendo nelle mani degli spagnoli il mercato internazionale grazie alla nostra politica che sta distruggendo la fama delle nostre grandi imprese.
Ci siamo Direttore, questo è soltanto l'inizio della fine.
giovanni breccolenti
26 maggio 2012 ore 09:21Io l'affermazione "Italia drogata dai finanziamenti pubblici" l'avrei sritta cosi',ma è solo una mia opinione."Italia distrutta dallo sperpero dei finanziamento pubblici" voluta da una politica corrotta e incapace di valorizzare il meglio di questo paese.Si pagano fior di tasse e quindi è giusto che una parte dei soldi nostri vengano reinvistiti in settori strategici come ad esempio il settore olivicolo-oleicolo.Demonizzare l'investimento pubblico in se per se è assurdo, un paese senza investimenti pubblici non potrà mai crescere,soprattutto in un periodo di crisi mondiale dove le esportazioni sono piu' difficili da realizzare,il problema è "chi" decide dove e come investire(finora solo rottamazioni,trafori,ponti,tangenti,progetti ininiziati e mai finiti,cementificazioni ecc.).Non viene il dubbio che non è l'investimento pubblico di se per se ad essere sbagliato,ma magari è la mano che lo adopera ad esserlo? Ma piu' che altro, chi ce l'ha messa quella mano(detra o sinistra che sia) che solo negli ultimi venti anni ha portato il debito a livelli insostenibili senza peraltro apportare alla nostra economia nessun tipo di miglioramento se non un megasperpero?
Diego Leva
26 maggio 2012 ore 09:10Gent.mo sig. Berti, in Italia di tutela ce n'è anche troppa, peccato riguardi solo chi dovrebbe tutelare gli interessi delle categorie, così di tutela in tutela a chi veramente lavora, producendo olio od altro, non ne arrivi un bel niente. Penso dopo 20 anni di professione che sia arrivato il momento di azzerare tutto, liberando l'agricoltura italiana di lacci e lacciuoli, di rappresentanti, di associazioni che pensano solo al proprio perpetuarsi, incuranti delle effettive ricadute sul settore agricolo. Speriamo che ci sia una sorte di "risorgimento" altrimenti la vedo nera.
angiolino berti
26 maggio 2012 ore 08:54
in ITALIA l'agricoltura non è mai stata TUTELATA VERGOGNA....
A.Berti
Nicola Ferraro
29 agosto 2012 ore 17:24Egregio Signor Caricato mi fa piacere che lei ragiona molto come me ma purtroppo abbiamo una realtà diversa. Negli anni Ottanta sono capitato alla fiera di Verona e sono andato a visitare un mio amico che produceva anatre mute. A un certo punto sono arrivati delle altre persone, erano tutti Veneti, e si sono messi a discutere, a un bel momento uno di questi esclama, ehi dobbiamo stare attenti che se si svegliano i nostri spagnoli siamo rovinati, poi il mio amico mi ha guardato e si è messo a ridere e dice: Stai attento che questo è uno spagnolo e se ti sente sono cavoli tuoi. Voleva dire che se ci svegliamo i meridionali (io sono Calabrese) i veneti non hanno le capacità che possono avere loro. Allora se gli Italiamo siamo ipiù intelligenti perchè aspettiamo il disastroper muoverci?. Vede siamo una massa di piccoli imprenditori e non abbiamo la capacità finanziaria per poter operare a livello mondiale e allora dobbiamo solo associarci per poter essere competetivi prima degli altri. Nicola Ferraro