L'arca olearia 03/12/2011

L’olio del futuro ha una strada obbligata

L’olio del futuro ha una strada obbligata

Senza una strategia non si può restituire valore all’extra vergine. Ci sono molecole che andrebbero studiate e valorizzate meglio. Il vero successo? Si gioca in gran parte attraverso le leve del marketing. Il resoconto del convegno che si è tenuto al Simei


Il mondo dell’olio non può accontentarsi delle glorie del passato. In Italia resta da fare un grande passo in avanti senza per questo dimenticare di volgere lo sguardo indietro e ricordarci ciò che siamo stati e ciò che abbiamo fatto. E’ questa la logica che ha mosso l’importante convegno che si è svolto a Milano in occasione della ventiquattresima edizione del Simei.

Il tema portante non era per nulla semplice da affrontare: “Oltre la tradizione. Un volto nuovo per l’olio extra vergine di oliva”. Il titolo è così eloquente da non aver lasciato adito ad alcun dubbio. La tradizione sempre e prima di tutto, perché non va mai dimenticata, e anzi andrebbe coltivata e sostenuta, incoraggiandola.

La tradizione non può d’altra parte fermarsi al passato, andrebbe fortificata costantemente con continue innovazioni e sperimentazioni. Può sembrare un luogo comune, tutto ciò, ma se la tradizione, che pure ha un alto valore in sé, non viene di fatto rimodulata di continuo, è lettera morta, e come tale non giova a nessuno sostenerla, anzi si rivela a volte controproducente. Prova ne è la difficile situazione attuale incontrata dagli extra vergini sui mercati. Da una parte i consumi non vengono mai meno, e anzi il successo degli oli extra vergine di oliva è tale da spostare gli acquisti tutti verso tale categoria merceologica. Gli extra vergini sono ormai favorevolmente accolti dal consumatore proprio per il loro riconosciuto ruolo di functional food, tanto da contagiare l’esigenza di tale prodotto anche nei mercati di Paesi che prima ne ignoravano natura e impiego. Ora, di fronte all’attuale scenario, non resta altro che qualificare i consumi, restituendo quel valore perduto che nel corso degli ultimi anni ha messo alle corde un prodotto ormai declassato a pura commodity.

Nel corso del convegno moderato dall’oleologo Luigi Caricato, è emersa proprio questa esigenza come elemento fondamentale per andare oltre quell’extra vergine così come noi oggi lo intendiamo. La strada da percorrere è impervia, ma ciò che i relatori hanno presentato apre a nuovi promettenti scenari. Restituire il valore perduto agli extra vergini – recentemente avviliti dal sottocosto praticato dalla Gdo, fino a raggiungere il minimo storico di 1,69 euro la bottiglia da litro – è oggi possibile. La strada da percorrere è stata in qualche modo tracciata da Carlo Mariani, noto ricercatore della Stazione sperimentale per l’industria degli oli e dei grassi. E’ attraverso l’approfondimento della chimica dell’olio. Sarebbe infatti possibile individuare nuove formule innovative per giungere a un prodotto discontinuo rispetto al passato, prodotto che in parte già c’è, ma che va meglio connotato.

Un olio più stabile e resistente alle azioni ossidative, per esempio, con una shelf life che garantisca l’integrità e la persistenza delle caratteristiche di alta qualità del prodotto nel tempo. Ci sono oltretutto molecole che andrebbero studiate e valorizzate meglio, attraverso una strategia che andrebbe ben architettata, anche perché non è giusto sottovalutare la portata, anche commerciale, derivante da una significativa valorizzazione di tale ricco patrimonio di costituenti naturali propri dell’extra vergine.

Stesso discorso vale per l’alto contenuto in acido oleico degli extra vergini, che il professor Massimo Cocchi, intervenuto al convegno, ha messo giustamente in luce lanciando la sua mission scientifica. Il suo intervento lo si può in qualche modo sintetizzare nella seguente formula, decisamente a effetto: “l’acido oleico dalle olive al cuore”. Per prevenire le malattie cardiovascolari l’extra vergine è l’alimento più indicato. La tesi del professor Cocchi appare come un inno al consumo dell’extra vergine. Egli sostiene infatti come alcuni studi riferiscano di un miglioramento dello stato depressivo in quei pazienti che utilizzano correntemente l’olio extra vergine di oliva. Secondo Cocchi bisognerebbe introdurre più extra vergine di quanto ne consumiamo abitualmente. Il consumo medio attuale per ogni italiano vale circa 11,76 grammi al giorno, mentre ne dovremmo consumare circa il doppio, se vogliamo goderne appieno dei benefici. Non è un caso – ammette Cocchi – che la Food and Drug Administration statunitense riferisca di un consumo giornaliero di 23 grammi, ovvero di circa due cucchiai.

Insomma, ci vorrebbe anche un po’ di lavoro da fare per agire sul consumatore; e, in questo ambito di riflessione, l’intervento della professoressa Tullia Gallina Toschi ha fatto emergere a sua volta tutte le problematiche che sarebbe da affrontare per fare in modo che tutte le innovazioni trovino una giusta collocazione nel mercato. “Il consumatore – ha riferito la Gallina Toschi – non conosce realmente il fruttato, né la differenza tra vergine, extra vergine o raffinato”. Insomma, se da un lato si innalza la qualità del prodotto, dall’altro tale qualità non sempre viene percepita per quello che realmente è. Così pure, se da un lato crescono le quote di olio consumate, ciò non coincide necessariamente con una effettiva qualità dei consumi. “Così – conclude la professoressa Gallina Toschi – esistono in commercio due sottocategorie reali, una di alta qualità, per cura e prezzo, e una ‘legale’, che commercializza principalmente la denominazione merceologica tal quale. Allo stesso modo, anche nella scelta dell’olio è stato dimostrato che l’extra vergine rappresenta, per il consumatore, sia un prodotto ad alto convolgimento (sensorialmente ricco, costoso, in confezione ridotta) sia, sfortunatamente, anche a basso coinvolgimento (in offerta, economico, in confezione famiglia, dal gusto neutro)”. Dunque, si chiede infine la docente dell’Università di Bologna: se non piace, che fare? Ci sono due scuole di pensiero, ha risposto: “una va verso la costruzione di un prodotto consumer designed con una qualità che ricalca le aspettative del consumatore, l’altra percorre invece la strada della diversificazione del gusto (che peraltro può, per legge, già essere dichiarato, intenso o delicato), della sua peculiarità intrinseca e dell’educazione ai tre attributi healthy-related: il fruttato, l’amaro e il piccante”.

Fin qui lo stato della realtà. Il fatto è che non è facile portare il consumatore verso l’alta qualità, ma per quanto sia difficile tale operazione, il futuro non è certamente in salita. Occorre insistere nelle attività di comunicazione, tutto qui. Non è un caso che gli interventi di Massimo Occhinegro, esperto di marketing internazionale, e di Mauro Meloni, direttore del Consorzio extra vergine di qualità, invitano ad adottare delle politiche commerciali e di comunicazione che non trascurino le varie anomalie del mercato, puntando così a studiare e interpretare ogni volta i vari mercati, e, nell’ambito del medesimo mercato, anche i vari profili dei consumatori.

“La domanda – avverte Occhinegro – non è unica e complessiva, ma esistono diversi segmenti che vanno ogni volta riconosciuti e soddisfatti. Il diverso approccio verso il prodotto da parte dei consumatori, influisce a sua volta sulla durata e sulla tipologia di ciascuna fase del ciclo di vita dell’olio extra vergine di oliva”. L’intervento di Massimo Occhinegro è stata una vera e propria lezione di marketing, molto apprezzata soprattutto quando si sono messi in evidenza alcuni casi di errori commessi anche da parte di aziende – non solo olearie, e non solo legate al food – alquanto rinomate e ben strutturate. Alle volte, evidentemente, alcuni errori si commettono per eccesso di sicurezza, ma – va pure ben precisato – non tutti i mercati possono essere considerati uguali, e anche nell’ambito dello stesso mercato, cambiano stili e approcci.

Allo stesso modo Mauro Meloni, attraverso il Ceq, il Consorzio che unisce i più prestigiosi brand, con soci che movimentano grandi volumi, ma anche con aziende agricole ben strutturate e imprenditorialmente molto capaci ha presentato la sua visione del futuro.

Il futuro – ha ribadito Meloni – deve partire dal rafforzamento dell’immagine del prodotto e, su questo principio cardine, non si può in alcun modo prescindere dall’attuare tale proposito attraverso un diverso posizionamento degli extra vergini di qualità sugli scaffali, puntando in particolare a fidelizzare i consumatori e ad aprirli concettualmente alle innovazioni.

La strada che va incontro al futuro apre dunque a nuove visioni. In questa logica delle idee, l’intervento dello chef Giuseppe Capano è stato molto apprezzato per la lucida analisi che ha fatto del mondo della ristorazione. Da bravo interprete della cucina italiana qual è, ha condiviso il pensiero di molti produttori d’olio. “Una delle amare osservazioni spesso riferite dagli amanti del buon olio riguarda il pessimo olio che si trova sulle tavole dei ristoranti. Una riflessione – precisa Capano – che porta a chiedersi: se quello sulle tavole è pessimo come sarà quello che viene usato in pentola?” Il punto dolente sta proprio qui: come mai la ristorazione non è al passo con i tempi?

La qualità degli extra vergini si è elevata un po’ ovunque, complice la maggiore conspapevolezza da parte dei produttori nell’investire in qualità Ci si chiede pertanto come mai la ristorazione non si sia adeguata a questo salto qualitativo scegliendo le eccellenze olearie anziché extra vergini da primo prezzo o addirittura altri grassi vegetali. La questione non è semplice, ma Capano è ottimista. “La multidirezionalità dell'olio è un concetto basilare che può aiutare molto nel lavoro di cucina. Pensare che partendo dalle potenzialità del condimento si possono costruire modelli di alimentazione e cucina innovativi può far intravedere nuovi orizzonti sia al comune consumatore che al cuoco professionista. Il focus centrale – conclude Capano – non è più esclusivamente l'alimento pregiato e di qualità; questo continua comunque a mantenere la sua intrinseca validità, ma la partenza costruttiva delle creazioni di cucina e il filo conduttore che tiene uniti i diversi concetti racchiusi nella ricetta è ora il condimento”. Si tratta insomma di pazientare e tutto arriva prima o poi per chi crede nel futuro degli extra vergini, e ciò, nonostante le attuali difficoltà in cui si trovano i produttori, amareggiati come sono nel non riuscire ancora a far percepire la qualità vera, quella alta e reale, rispetto invece a una qualità generica e spesso anche di dubbia purezza da parte di tanti extra vergini venduti sottocosto o comunque in promozione sugli scaffali dei supermercati.

Una nota di speranza viene inoltre da Michele Genovesi, manager del gruppo Boheringer, che ha illustrato con grande efficacia tutte le possibili chance degli extra vergini sul fronte della cosmesi e della farmaceutica. Si sta ssistendo infatti a un vero e proprio boom di nuovi brand di prodotti cosmetici che vedono gli oli di oliva al centro dell’attenzione generale. Tra i vari case history di cui riferisce Genovesi, emerge quello dell’azienda Ginsana, dove l’olio ricavato dalle olive rapprresenta il costituente principale di molti prodotti cosmetici. Tutte queste opportunità sembrano tuttavia non coinvolgere fattivamente il mondo della produzione, ma sarebbe proprio su questo versante che si dovrebbe insistere nel trovare nuove opportunità di guadagni. Non ci si può fermare all’olio solo come alimento, c’è anche l’altro volto degli oli di oliva che va approfondito, compresi i derivati della lavorazione delle olive.

Infine, non ultimo per importanza, è da evidenziare l’intervento di Juan Penamil, direttore ed editore di “Mercacei” il più prestigioso periodico spagnolo dedicato al mondo degli oli di oliva. Tutto il pubblico presente al convegno del Simei è rimasto senza parole ad ascoltare la relazione di Penamil. Tutti hanno compreso come la Spagna, il nostro massimo e più temuto concorrente, faccia sul serio, credendo fortemente nelle opportunità derivanti dal settore olio di oliva. “La Spagna – ha dichiarato Juan Penamil – si adatta molto bene alle nuove esigenze di mercato. Lo dimostrano le innovazioni tecnologiche in ogni fase della filiera: dai sistemi di coltivazione ai trattamenti fitosanitari, dai sistemi di raccolta ai sistemi di estrazione dell’olio, fino ad arrivare alla conservazione, confezionamento e distribuzione. Anche il packaging ha compiuto enormi passi in avanti. Sono sempre in fase di studio nuove idee, nuovi progetti finalizzati a proteggere l’olio dagli agenti atmosferici – luce, freddo, calore, sbalzi di temperatura – e a garantire nel contempo lunga vita alla qualità dell'olio con le sue peculiari caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche, ma, di fronte all’estetica dei tanti esempi di packaging di cui si è preso visione nel corso del convegno, tutti i presenti, ma possiamo dire proprio tutti, sono rimasti stupiti da una Spagna che avanza di corsa, senza fermarsi, andando incontro al futuro.

 

di T N

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