L'arca olearia
Trend positivo per gli oli di oliva, ma vince l’origine comunitaria
Il Monitoraggio Federolio 2010 fotografa i flussi e i canali di commercializzazione. Ne esce un quadro su cui è bene riflettere. L’export di extra vergine sfuso, per esempio. Quello verso gli Usa, nostro principale mercato di sbocco, cala dell’89,5 %, mentre il prodotto confezionato si salva con un timido + 2,8. A parte la Germania (-4,6), per il resto i forti tassi di crescita in altri Paesi fanno ben sperare
10 settembre 2011 | Carlotta Baltini Roversi
L’appuntamento è atteso con puntualità ogni anno. Sì, perché i numeri del mondo dell’olio non sempre sono attendibili. Almeno in Italia. L’attività di monitoraggio effettuata da Federolio, la Federazione nazionale del commercio oleario, di cui è presidente Gennaro Forcella, offre dati sicuri, ed è frutto di un’indagine effettuata su un campione di 64 aziende delle 129 associate, il 50% del totale. Un campione rappresentativo di realtà operative dotate di capacità di incidere sui mercati proprio in virtù delle loro scelte gestionali. Sono aziende di varie dimensioni, anche se vi è la netta prevalenza delle piccole imprese (il 70,3%, che commercializza il 4% dell’olio), quindi a seguire quelle di grandi dimensioni (il 17,2%, per un totale vendite dell’87%) e infine le aziende di medie dimensioni (il 12,5% con un indice di commercializzazione del 9%).
L’appuntamento è particolarmente atteso perché è giunto ormai al settimo anno consecutivo di monitoraggio. Leggerlo, prenderlo in considerazione è importante perché offre un quadro delle tendenze dei flussi e dei canali di commercializzazione, sia in Italia che all’estero. Leggendolo con attenzione è possibile impostare una seria strategia commerciale e colmare così le annose lacune che investono il settore in Italia.
Ciò che emerge, tra i vari dati, è in particolare la scarsa incidenza che ha l’origine italiana, nonostante la buona fama.
Nel rapporto si legge che “la domanda di oli di oliva sfusi è stata soddisfatta per il 26,3% da materia prima di origine nazionale, i cui volumi, pari a 84,5 mila tonnellate, hanno registrato un calo, su base annua, del 22,1%”. Sono dunque le altre origini allo stato sfuso che l’hanno fatta da padrone: 236,5 mila tonnellate, in forte crescita su base annua, pari a un + 41,1%. Si legge di “una progressiva crescita del relativo grado di dipendenza verso le altre origini”.
Non è un caso che il peso di queste altre origini sulla domanda complessiva è passato dal 52,3% del 2008 al 60,7% del 2009, fino ad attestarsi, per l’anno in esame, al 73,7%. Domanda spontanea: che cosa accadrà negli anni a seguire?
Le considerazioni che si possono trarre dalla lettura del monitoraggio sono davvero utili, perché ci fanno capire dove si indirizza il mercato. Un altro elemento che conferma l’interesse del consumatore verso la categoria merceologica olio extra vergine di oliva la si desume dalle percentuali che riguardano tale prodotto, venduto sia allo stato sfuso, sia confezionato.
La quota di extra vergine sfuso si attesta a quota 66,2%, mentre la quota dellle vendite del confezionato sono del 77,3%.
Quanto alle vendite degli oli di oliva confezionati, emerge un altro dato, che è quello della stabilità delle vendite nel mercato interno che si è registrata a seguito della crescita del 7,1% nel corso del 2009. C’è da una parte il risultato positivo dell’olio extra vergine (+2,4%) e dall’altra le performance negative dell’olio di oliva (-5,1%), dell’olio di sansa (-9,1%) e dell’olio vergine (-17,3%).
Altro dato interessante sono le quote raggiunte dal prodotto confezionato nei principali mercati esteri nel 2010.
Stati Uniti: 22,6 %
Altri Paesi: 25,5 %
Germania: 16,2 %
Canada: 11,8 %
Giappone: 9,4 %
Francia: 7,5 %
Cina: 4,1 %
Polonia: 2,9 %
Altro dato che ricaviamo dal monitoraggio è invece il peso percentuale dell’extra vergine confezionato nei principali mercati di destinazione.
Stati Uniti: 22,0 %
Germania: 19,5 %
Altri Paesi: 19,4 %
Canada: 12,4 %
Francia: 10,0 %
Giappone: 7,7 %
Cina: 3,7 %
Svizzera: 2,8 %
Polonia: 2,5 %
In generale, possiamo dire che è andata bene per l’export rispetto al 2009, a eccezione della performance negativa registrata verso la Germania (-4,6 %) e del tasso di crescita piuttosto contenuto verso gli Usa, fermo a un + 2,8 %. Bene è andato invece l’andamento in Canada (+ 88,7 %), in Russia (+ 60,2 %) e Cina (+ 260 %).
Per ciò che concerne l’export di extra vergine allo stato sfuso, rispetto al 2009 si è registrato un calo notevole verso gli Usa (-89,5 %) e il Belgio (- 26,4 %), mentre c’è un segnale interesse da parte del mercato britannico (+ 11,3 %).
Interessante il capitolo riguardante gli extra vergini a marchio Dop e Igp.
Circa gli acquisti di oli Dop e Igp, nel 2010 questi si sono attestati sulle 1.942 tonnellate, con una quota che incide solo per appena lo 0,8 % . La domanda si è concentrata in particolare verso l’Igp Toscano (62,5 %), Terra di Bari (17,4 %), Umbria (9,7 %), Riviera Ligure (4,1 %), Chianti Classico ( 3,0 %), Canino (2,2 %), Monte Etna (0,7 %), Dauno (0,4 %) e Monti Iblei (0,1 %).
Quanto alle vendite, i volumi complessivi raggiunti dalle aziende monitorate ammontano a 1.728 tonnellate. Anche in questo caso a primeggiare è l’Igp Toscano (53,5 %) e a seguire Terra di Bari (27,5 %), l’Umbria (11,3 %), Riviera Ligure (5,6 %), Chianti Classico (1,1%), Dauno (0,5 %), Colline Teatine (0,3 %), Canino (0,2 %).
A molti interesserà infine sapere i canali di vendita in Italia relativamente agli oli di oliva confezionati.
Il 78,0 % riguarda la Distribuzione organizzata, il 9,6 % i privati, il 6,6 % il Dettaglio tradizionale e il 3,1 % il canale Horeca.

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