Bio e Natura

Vandana Shiva: i semi patrimonio dei contadini, primo passo verso la sicurezza alimentare

La messa al bando degli ogm è stata una delle parole d’ordine al sedicesimo Congresso mondiale del biologico dell'Ifoam

28 giugno 2008 | C. S.

“I semi sono il primo passo per la sicurezza del cibo, e non c’è sicurezza del cibo se i semi sono nelle mani degli industriali e non dei contadini. I semi sono un patrimonio dei contadini, e rappresentano il primo passo verso la sicurezza dell’alimentazione”. Così Vandana Shiva dal palco della conferenza sulle sementi, in programma oggi nell’ambito del Congresso mondiale dell’agricoltura biologica organizzato da Ifoam, Provincia di Modena e Aiab Emilia-Romagna. Un appuntamento, quello dello scorso 20 giugno, che ha visto il pensiero bio a confronto con temi attuali quanto ‘scomodi’ come le nanotecnologie e gli ogm, affrontati nel corso di una giornata di lavori coordinata dalla direttrice delle Relazioni strategiche di Ifoam Louise Luttikholt.

La messa al bando degli ogm è una delle parole d’ordine dell’incontro: un tema su cui i sostenitori del biologico hanno le idee chiare. “Nell'agricoltura biologica non vogliamo usare gli ogm, e li escludiamo per delle buone ragioni”, dice Lottikholt. Il primo motivo per dire no agli organismi geneticamente modificati è “il principio di precauzione, per cui non vogliamo utilizzare tecniche che possano avere conseguenze imprevedibili. Un’altra ragione è che le tecnologie genetiche sono utilizzate per creare le monocolture”, largamente praticate nell'agricoltura industriale ma estranee a quella biologica. Del resto, le stesse monocolture sono spesso associate all'uso di pesticidi e per finire “l'ingegneria genetica violenta le piante perché va a toccare il più intimo livello della pianta - spiega Lottikholt - e questo non è il livello a cui l'agricoltura biologica lavora”. Per tutti gli agricoltori, un modo per ovviare all’uso degli organismi geneticamente modificati c’è, e si chiama breeding partecipativo: “Non si tratta di una tecnica - spiega Lottikholt -, ma di un metodo che si applica nell'azienda agricola”. Infatti, “c'è un modo per migliorare i semi senza utilizzare gli ogm, e consiste nel vedere come le piante interagiscono con l'ambiente. Gli ogm, al contrario, sono fatti in laboratorio”.
Abbinati ai brevetti detenuti dalle grandi multinazionali, gli ogm si rivelano spesso un problema anche per chi decide di non utilizzarli: le contaminazioni infatti non sono poche e a testimoniarlo con la propria presenza ci sono anche Percy e Louise Schmeiser, i coltivatori canadesi che hanno visto i loro campi contaminati dalla colza ogm della Monsanto. Oltre al danno si è aggiunta la beffa, perché gli Schmeiser sono stati in seguito giudicati colpevoli (ma la vicenda giudiziaria non è ancora conclusa) di avere violato il brevetto sulle sementi commerciate dalla multinazionale. Nel 2007, gli Schmeiser sono stati insigniti del Right Livelihood Award per il loro coraggio nella difesa della biodiversità e dei diritti degli agricoltori.
Il bando degli ogm dalle sementi è anche uno dei punti chiave del Manifesto sul futuro dei semi presentato da Vandana Shiva: il documento, redatto dalla Commissione per il futuro del cibo e dell’agricoltura nel 2006, rappresenta una sorta di manuale a uso di tutti gli agricoltori. Tra i principi sostenuti, la preservazione della differenza dei semi (e con essa delle biodiversità) e della libertà per i coltivatori di salvaguardare le sementi, produrre nuove varietà, sottrarsi alla privatizzazione e alla biopirateria e di avere accesso ai semi “open source”. Si auspica inoltre che la conservazione e lo sviluppo del seme siano realizzati “in situ” e all’interno della comunità agricola, perché “i semi - come recita lo stesso Manifesto - sono un dono della natura e delle diverse culture, e non un’invenzione imprenditoriale. Il tramandare di generazione in generazione questo antico patrimonio è un dovere e una responsabilità dell’uomo. I semi sono una risorsa di proprietà comune”.


Fonte: Agenda

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