Bio e Natura

Le nuove opportunità per il grano duro dopo il sequenziamento del DNA

Lo studio del genoma ha consentito di identificare centinaia di migliaia di marcatori molecolari che potranno essere utilizzati per la selezione di varietà migliorate. Dall’innovazione all’applicazione: stakeholders e ricerca a confronto

02 luglio 2019 | C. S.

Dopo il sequenziamento del genoma del grano duro, pubblicato ad aprile scorso su Nature Genetics, grazie ad un consorzio internazionale (60 autori di 7 Paesi) coordinato dal CREA, cui hanno partecipato anche CNR ed Università di Bologna, come tradurre l’innovazione in una applicazione concreta, a vantaggio della filiera? Proprio per illustrare le ricadute pratiche di queste nuove conoscenze e per favorire il dialogo tra ricerca e stakeholders, CNR, CREA e Università di Bologna hanno organizzato l’evento “Oltre il genoma: quali opportunità per la filiera del frumento duro?”, svoltosi a Roma al CNR.

Un confronto tra ricerca e mondo del grano duro in un momento in cui è grande l’impegno del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo verso il settore, come ha sottolineato il Ministro Gian Marco Centinaio, intervenendo all’apertura dei lavori: “La filiera del frumento duro rappresenta un’autentica eccellenza del comparto agroalimentare del nostro Paese. Circa 3 piatti di pasta su 4 consumati nel Vecchio Continente provengono da un pastificio italiano. Dobbiamo lavorare per difendere questo settore e affrontare le sfide che si presenteranno in futuro. Il risultato di questo lavoro è un passo importantissimo per il sostegno della filiera nazionale. Si aprono nuovi scenari che consentiranno di far fronte ai cambiamenti climatici e garantire la migliore qualità dei prodotti. Manteniamo alta la bandiera del nostro made in Italy in tutto il mondo”.

Indubbiamente, il risultato ottenuto dai ricercatori ossia la sequenza completa dei 14 cromosomi della varietà di frumento duro ‘Svevo’, con i suoi 66.000 geni, apre davvero possibilità fino a ieri impensabili. Lo studio del genoma ha consentito di identificare centinaia di migliaia di marcatori molecolari che potranno essere utilizzati per la selezione di varietà migliorate. Un riferimento fondamentale per tutta la futura attività di miglioramento genetico e per l’identificazione e la tutela delle diverse tipologie di frumento attraverso tecniche di tracciabilità molecolare.

Secondo Luigi Cattivelli, direttore del CREA Genomica e Bioinformatica e coordinatore dello studio, sono tre le ricadute del genoma sequenziato sulla filiera che cambieranno il modo di “fare agroalimentare”, non più in modo empirico, ma ancorato ad una reale conoscenza. “La prima è per l’industria sementiera che, da subito, utilizzando questi dati, può lavorare per nuove varietà resistenti a malattie come le ruggini e la fusariosi. La seconda è per l’industria della trasformazione, in quanto, conoscendo ora tutti i geni responsabili della qualità, potrà, a medio termine, avere una materia prima sempre più calibrata e funzionale alle proprie esigenze produttive e ai gusti del consumatore. La terza, che richiede tempi più lunghi, porterà ad una migliore gestione della biodiversità, grazie al riconoscimento su basi genetiche delle diverse tipologie di frumento  duro, sia esso farro, grano antico o moderno.”

“La conoscenza genetica è un asset strategico non solo per l’agricoltura, ma per il Sistema Paese – ha affermato Gian Luca Calvi, Commissario Straordinario CREA - Molte delle specie coltivate in Italia, tra cui anche diverse colture alla base di prodotti tipici, derivano da varietà, ibridi o portinnesti importati o realizzati in Italia, con conoscenze e tecnologie sviluppate all’estero, una condizione di strutturale fragilità per il nostro made in Italy che deve essere superata con la ricerca. E come CREA – ha concluso Calvi - intendiamo ribadire tutto il nostro impegno per costruire un know how scientifico che contribuisca a trasformare le conoscenze relative ai genomi delle diverse specie in prodotti migliorati, sempre più competitivi ed autenticamente italiani”.

“Il Consiglio nazionale delle ricerche, con le sue competenze, svolge ricerca sui cambiamenti climatici in tutto lo spettro multidisciplinare – ha dichiarato il presidente CNR Massimo Inguscio - Dall'aspetto del cosiddetto "amplificatore artico" studiato nella nostra base Dirigibile Italia, dalla quale sono appena rientrato, a quello, importantissimo, dell'impatto sulla filiera agroalimentare, di cui oggi stiamo parlando assieme al ministero delle Politiche agricole, al CREA e ad esponenti del mondo produttivo. La genomica – ha sottolineato Inguscio - avrà un ruolo fondamentale nello sviluppo di un'agricoltura sostenibile e di tutta la bioeconomia, settore al quale come Cnr abbiamo voluto dedicare un nuovo Istituto e nel quale l'Italia ha un ruolo trainante. La giornata di oggi, in particolare, è un'occasione per discutere come il traguardo rappresentato dal sequenziamento del genoma possa diventare il punto di partenza per un rilancio della ricerca su una coltura fondamentale per l'economia nazionale”.

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