Bio e Natura

Il glifosato ha fatto il suo tempo. E' ora di cambiare strada

Cosa è possibile fare per un'azienda agricola che voglia rinunciare all'erbicida più famoso ed economico al mondo? Molti altri principi attivi sono pronti a sostituire quello che oggi è finito nell’occhio del ciclone. E poi vale sempre quello che è scritto nei vecchi libri di agronomia

10 novembre 2017 | Francesco Presti

Il caso glifosato è esploso, ha varcato i confini degli addetti ai lavori e dell’attivismo per arrivare a questione di dominio pubblico trasformandosi da controversia tecnica a fatto politico. Negli ultimi anni le notizie uscite, spesso frammentate e senza un seguito, avevano già in parte sensibilizzato il consumatore ma da quando importanti programmi di inchiesta si sono occupati del caso l’opinione pubblica si è sensibilizzata e nessuno a questo punto si può girare dall’altra parte. C’è, a dire il vero, molta confusione sull’argomento, anche fra gli addetti ai lavori nei vari livelli della filiera: agricoltori, consulenti tecnici, fornitori, e non ultimi i consumatori di tutto il pianeta che sono le vittime di eventuali contaminazioni ma anche il volano economico di tutta la filiera.

La confusione è stata generata negli ultimi 2 anni dalle notizie uscite riguardanti gli studi sulla pericolosità del principio attivo sulle persone e gli effetti sull’organismo, in particolare gli enti preposti a livello europeo ad esprimersi circa la pericolosità per il consumatore hanno espresso posizioni diametralmente opposte creando fazioni più o meno interessate a sostenere le tesi dell’uno o dell’atro schieramento.

Il vero problema degli agricoltori è di natura economica e tecnica, se domani fosse pubblicata una ricetta per produrre allo stesso modo senza molecole di sintesi e senza intaccare la produzione sono sicuro che tutti aderirebbero, ma la bacchetta magica, si sa, non ce l’ha nessuno. Che fare allora? Gli agricoltori fanno già fatica a produrre senza rimettere economicamente, se anche uno dei fattori di costo aumenta le possibilità alternative diventano solo un miraggio perché i margini sono molto bassi o in alcuni casi inesistenti.

Non esiste una formula univoca di produzione, nessuno ha risposte certe da dare ma sono sicuro che il semplice principio di sostituzione non sarà sufficiente a risolvere il problema: se oggi si chiama glifosato domani si chiamerà in altro modo ma rimarrà il problema della sicurezza alimentare e per l’ambiente. Sostituendo solo un tassello non è possibile cambiare il quadro complessivo, è necessario cambiare completamente approccio e mettere in discussione gli ultimi 50 anni di evoluzione agricola per uscire dall’assurdo binario in cui siamo finiti ovvero produrre a tutti i costi, anche a discapito della nostra salute, perché sua maestà il Denaro non porta a cercare soluzioni alternative, il denaro richiama altro denaro schiacciando tutto e tutti.

È necessario dover riconoscere prima di tutto la complessità dei sistemi agricoli e differenziare le produzioni orticole da quelle cerealicole e ancora dalle colture arboree. Semplificare troppo porta a banalizzare e ridurre la problematica, questi 3 sistemi hanno caratteristiche ed esigenze diverse e i metodi di produzione si sono evoluti in modo diverso. Il problema del glifosato interessa soprattutto i cereali.

Ma in concreto cosa è possibile fare in alternativa agli erbicidi? (perché ricordiamolo: il successo del glifosato è dovuto al basso costo, al grande spettro di azione unito all’elevata efficacia, ma molti altri principi attivi sono pronti a sostituire quello che oggi è finito nell’occhio del ciclone). Le soluzioni, sarà banale, sono scritte nei vecchi libri di agronomia: rotazioni, consociazioni, ripristino della fertilità con sistemi naturali come letamazioni e sovesci, scelta di varietà locali. E sia che si parli dell’orto di casa per l’autoproduzione di cibo che dell’azienda di centinaia di ettari l’asportazione meccanica delle piante spontanee rimane uno dei metodi migliori per il loro contenimento, quindi zappa, erpici, frese e chi più ne ha più ne metta. Sebbene i costi di produzione aumenteranno pare al momento l’unica forma sicura di contenimento delle erbe spontanee che non rilasci contaminazioni chimiche nei prodotti e nell’ambiente.

Alcuni degli addetti al settore formulano persino ipotesi di come di muoveranno i grandi gruppi che producono e commercializzano molecole fitosanitarie: secondo alcuni saranno loro stessi (come in parte già sta accadendo) a produrre nuovi principi attivi consentiti nel regime di produzione biologico, secondo altri saranno nuove tecnologie(soprattutto metodi di natura fisica come caldo, freddo, elettricità) a colmare i limiti della chimica. Ovviamente i costi per accedere a nuovi metodi saranno inizialmente elevati ma più aumenterà la domanda più i prezzi scenderanno. Come ha sottolineato un vecchio rappresentante di prodotti fitosanitari da me intervistato:“Quando alla fine degli anni settanta iniziò a circolare il gliphosate costava tantissimo e nessuno si interrogava sulla pericolosità dello stesso… lo scenario oggi è completamente cambiato, questa molecola, come molte altre prima di lei, ha fatto il suo tempo. Dobbiamo farcene una ragione”.

Un fatto che tutti (in quanto tutti siamo consumatori) sono sicuro condividiamo è che vorremmo sapere da dove vengono i prodotti che mangiamo, avere delle garanzie riguardo la salubrità dei prodotti e sapere che possibilmente l’ecosistema non è stato danneggiato nella produzione di quell’alimento. Scritto cosi sembra anche facile da fare…ma la bacchetta magica, lo sappiamo, non ce l’ha nessuno!

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