Bio e Natura
Il carciofo senza più segreti, prossima tappa il grano duro
L’Italia è il primo produttore mondiale di carciofi. Questa coltura tipica, con le sue peculiari caratteristiche organolettiche, è al centro di tanti piatti e ricette della nostra cultura alimentare, dal Piemonte alla Sicilia
26 gennaio 2016 | C. S.
Anche il CREA, il più importante ente italiano di ricerca agroalimentare, ha partecipato al consorzio internazionale, coordinato dall’Università degli Studi di Torino, che, nell’ambito del Compositae Genome Project (CGP), ha sequenziato il genoma del carciofo.
Nello specifico, il CREA, con il suo Centro di ricerca per la Genomica vegetale, ha contribuito all’attività di annotazione dei geni sul genoma, cioè a quella parte del lavoro di sequenziamento in cui si dà un nome e, quando possibile, una presunta funzione ai vari geni. In particolare, i ricercatori CREA hanno identificato una specifica categoria di geni, quelli codificanti per microRNA. Si tratta di piccole molecole con funzione regolatrice, presenti sia negli animali che nelle piante, capaci di intervenire in processi fondamentali quali lo sviluppo e la risposta alle malattie ed agli stress abiotici. Nel genoma del carciofo sono stati trovati 73 differenti microRNA, alcuni dei quali presenti in decine o centinaia di copie nel genoma.
Un risultato importante, appena pubblicato su Scientific Reports – la prestigiosa rivista del gruppo Nature – non solo per la nostra ricerca, ma anche per la nostra agricoltura. Basti pensare che l’Italia è il primo produttore mondiale di carciofi e che questa coltura tipica, con le sue peculiari caratteristiche organolettiche, è al centro di tanti piatti e ricette della nostra cultura alimentare, dal Piemonte alla Sicilia.
“La decodifica del suo genoma – afferma Luigi Cattivelli, direttore del CREA Genomica Vegetale che ha contributo al progetto – è un passo fondamentale per comprendere le basi genetiche dei caratteri di interesse agronomico come le resistenze alle malattie, ma anche per identificare i geni che controllano le particolari caratteristiche nutrizionali ed organolettiche, molto apprezzate in cucina. Queste conoscenze – conclude lo studioso – permetteranno di migliorare le varietà coltivate, ma anche di difendere le peculiarità delle varietà più pregiate”.
Ora, il prossimo obiettivo degli scienziati sarà il sequenziamento del grano duro, un’altra tipica coltura italiana. A tal fine, il CREA, è impegnato sia con il suo Centro di Genomica sia con quello di Cerealicoltura, in un consorzio internazionale che comprende, tra i partner italiani, anche CNR, Università di Bologna, ENEA.
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