Fuori dal coro

NOME: FRANCESCO. COGNOME: CAVALIERE. L’INGEGNERE AGRARIO TRA I FRUTTI DI BOSCO

La magia si è interrotta, non si intravede nulla di buono, ma la tenacia personale non viene certo meno. Manca la cultura del lavoro, l’etica del sacrificio. Per questo – ammette – il mondo agricolo non ha identità. Optare per la campagna resta comunque una scelta elettiva, da vivere tra entusiasmo e umiltà

25 settembre 2004 | T N

Francesco Cavaliere è nato a Lecce nel 1951 e produce con successo da diciannove anni tutti i possibili tipi di frutti di bosco, ma anche altri frutti autoctoni caratteristici del Salento, ed erbe aromatiche pure, le più varie: ventidue tipi. Destina tutto alla grande ristorazione. Proprio di tutto, perfino essiccati di erbe aromatiche e confetture e conserve di frutta. Non è affatto secondaria nemmeno la produzione di olio extra vergine di oliva. L’ingegnere Cavaliere è infatti un olivicoltore; dispone tra l’altro di un frantoio aziendale. La qualità è il suo credo.



Da quanto tempo si occupa di agricoltura e con quali risultati?
Da sempre, anche se sono stato undici anni a Milano, dove ho studiato e lavorato. Ho cercato di ispirarmi alla figura dell’ingegnere agrario, come preparazione.

E’ soddisfatto, perplesso o preoccupato?
L’anno scorso ero abbastanza soddisfatto. Quest’anno un po’ perplesso. L’attività agricola è troppo condizionata dal mercato e da dinamiche sempre incerte. Magari fosse solo il mercato, la magia si è interrotta. Si è rotto l’equilibrio nell’ambiente di lavoro. Come si fa a pagare tanta gente con pretese assurde? Ho uno stato d’animo non proprio ideale, ci sono troppe contraddizioni nella società, non si intravede nulla di buono.

Perché il mondo rurale ha perso in centralità e importanza negli ultimi decenni?
Perché manca la cultura del lavoro. Manca l’etica del sacrificio e del lavoro. Non si pensa che si sta lavorando per un futuro. C’è un sentimento pernicioso e distruttivo. Non c’è più una maieutica capace di tirar fuor il bene dal male in una situazione contingente.

Crede che il comparto agricolo possa restare ancora un settore primario in Italia?
E quando mai lo è stato? Come definizione storica sì, ma a macchia di leopardo, in senso generale. Citerei Maurizio Maggiani: “dalla povertà al benessere per raggiungere l’infelicità”. Mi sembra un paradigma molto vero. Mi sembra un teatro dell’assurdo, quello che stiamo vivendo. Siamo tutti personaggi di Ionesco.

E lei perché ha scelto di operare in agricoltura?
Perché è una scelta elettiva, seppure nel mio caso favorita da scelte contingenti. La mia famiglia aveva dei terreni e non ho esitato a giocare il mio ruolo.

Un aggettivo per definire il mondo agricolo?
Impersonale. E’ senza identità.

Un aggettivo per definire invece le associazioni di categoria?
Fortunate.

Una parola d’ordine per l’agricoltura di domani?
“Il futuro ha un cuore antico”. Occorre recuperare dal passato per orientarsi a un futuro più avanzato.

Se dovesse consigliare a un amico di investire in agricoltura, quale comparto produttivo suggerirebbe?
Prima di tutto occorre apprendere una specifica professionalità, che sia multidisciplinare, acquisendo entusiasmo e umiltà per incedere a piccoli passi ma sempre con tenacia. Qualsiasi comparto può essere quello giusto, con tali premesse. Puntare al valore aggiunto, è questa la condizione necessaria a cui mirare.

Un imprenditore agricolo che ritiene possa essere un modello a cui ispirarsi?
Francesco Caricato.

Un ministro agricolo al quale sente di esprimere pieno apprezzamento?
Forse Alemanno, dimostra efficienza e si è impegnato a fondo nel risolvere i nodi cruciali del momento. Ma ricordo con simpatia Marcora, per lo slancio e la passione che lo hanno caratterizzato.

Le certificazioni di prodotto sono davvero utili al consumatore o lo confondono?
Sono un aiuto, certo, ma restano un plus per un prodotto già affermato.

Un libro relativo al mondo rurale che consiglierebbe di leggere?
La riforma Jacini.

Un libro di narrativa, poesia o saggio che non si può non aver letto?
Il saggio Maturità è libertà di Augusto Ermentini, contenuto nel volume Educazione alla sessualità di Angela Bottani, pubblicato dall’Editrice Ancora di Milano; e poi anche un libro di Oscar Wilde sul dolore.

Perché gli italiani, e gli agricoltori in particolare, non leggono?
Non leggono meno della media nazionale. L’agricoltore legge in compenso la vita. La natura è la sua massima fonte di ispirazione.

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