Fuori dal coro 14/11/2009

Gioacchino Fior Rosso, il re del giardino degli ulivi

Io e la mia famiglia facciamo del nostro meglio. Siamo soddisfatti e con l’andare del tempo ci accorgiamo che le persone apprezzano il nostro lavoro fatto di passione


“Siamo nati da famiglie di agricoltori”, così esordisce Gioacchino Fior Rosso.
Tutto ha avuto inizio nel 1975, quando per motivi di lavoro lascia il paese natìo in Sicilia, Palma di Montechiaro, vicino alla città di Agrigento. Lascia quelle terre del Gattopardo per approdare nelle terre di Umberto Saba e Italo Svevo.
Arriva così in terra giuliana, dove fa conosce Adriana Zeriul.
“E’ stato un amore a prima vista”, dichiara orgoglioso, con un largo sorriso stampato sul volto. Un amore importante.
Con Adriana si sposano nel 1979 e il matrimonio li ha uniti oltre che nei sentimenti anche nella comune passione per l’olivicoltura.

E’ stato quasi un richiamo che nasceva dal profondo, più forte di ogni impulso. E così dapprima mettono in sesto alcuni vecchi alberi di olivi piantati dal nonno di Adriana, poi insistono e mettono a dimora altre piante.

Nel 2001 Gioacchino insieme con Adriana trovano a Montedoro, nel comune di San Dorligo della Valle, in provincia di Trieste, un appezzamento incolto di 13 ettari. Ci credono, ci credono fermamente e così realizzano un uliveto di 2.200 alberi d’olivo, di varietà Bianchera, una cultivar autoctona molto apprezzata.
E’ statao un impegno che li ha resi incontrastati sovrani oliandoli del Golfo di Trieste, artefici di quel che si può a pieno titolo considerare il più grande giardino degli ulivi del territorio.

La famiglia Fior Rosso

Da quanto tempo si occupa di agricoltura e con quali risultati?
Non solo io, ma io e mia moglie siamo perfettamente integrati nell’attività agricola. E’ qualcosa che ha sempre fatto parte di noi e che ha coinvolto la nostra vita familiare. Mio figlio studia agronomia in Slovenia, ma tutti i miei figli, quando possono, ci aiutano alle operazioni agronomiche, specialmente nel periodo della raccolta a mano delle olive.

E’ soddisfatto, perplesso o preoccupato?
Siamo soddisfatti di tutto quello che abbiamo fatto. Ogni giorno facciamo il nostro meglio e con l’andare del tempo ci accorgiamo che le persone apprezzano il nostro lavoro fatto con la passione che un olivicoltore deve avere.
Abbiamo anche venduto tutto il prodotto dell’annata 2008.

Perché il mondo rurale ha perso in centralità e importanza negli ultimi decenni?
Dal dopoguerra a oggi con lo spopolamento delle campagne, per via del guadagno facile determinato dall’industria e dai progressi della tecnologia, il mondo rurale ha perso la sua centralità, anche nell’ambito delle famiglie. Ma ora, con la crisi economica in corso, tanti figli della terra ritornano alle origini. Restano però spiazzati, trovando un oceano di burocrazia e aiuti comunitari che diventano lo specchietto delle allodole.

Crede che il comparto agricolo possa restare ancora un settore primario in Italia?
Solo per i tenaci che puntano sulla qualità del prodotto l’agricoltura può restare un comparto primario e un valore anche da esportare.

E lei perché ha scelto di operare in agricoltura?
Cosa possono fare i figli della terra nel mondo libero e affascinante dell’agricoltura, se non coltivare gli ulivi con passione e amore?

Un aggettivo per definire il mondo agricolo?
Affascinante e gratificante.

Un aggettivo per definire invece le associazioni di categoria?
In un mare di burocrazia “utili”.

Una parola d’ordine per l’agricoltura di domani?
Qualità, mettendoci tanto impegno.

Se dovesse consigliare a un amico di investire in agricoltura, quale comparto produttivo suggerirebbe?
Non è il comparto da consigliare, bensì il comparto a lui più adatto, quello legato al suo territorio, che valorizzi il paesaggio e che sia in grado di scaturire un ritorno economico e turistico.

Un imprenditore agricolo che ritiene possa essere un modello a cui ispirarsi?
Sono molti gli imprenditori a cui ispirarsi, nel nostro piccolo Comune di San Dorligo e della provincia di Trieste circa trent’anni fà quattro piccoli imprenditori hanno creduto nell’olivicoltura piantando ulivi dopo le grandi gelate, ed è stato per molti come una scintilla per ricominciare. Oggi, grazie a loro l’olivicoltura triestina sta ritornando ai bei tempi di una volta, quando l’olio della varietà Bianchera veniva apprezzato fuori dai confini.

Un ministro agricolo al quale sente di esprimere pieno apprezzamento?
Non sappiamo cosa dire, non ci occupiamo di politica. Pensiamo che un ministro valga l’altro.

Le certificazioni di prodotto sono davvero utili al consumatore o lo confondono?
Noi siamo stati un’azienda certificata bio e Dop. Se possiamo fare una considerazione possiamo dire che alla gente nel bel mezzo della crisi economica interessano due cose concrete: qualità e prezzo. I bollini della certificazione sono la parte burocratica dell’azienda ma del costo delle certificazioni il consumatore non ne vuole sapere. La certificazione del prodotto deve farla l’imprenditore, mettendoci la sua faccia e l’impegno a fare un prodotto di qualità. In tal modo si metterà sempre in discussione facendo concorsi.

Un libro relativo al mondo rurale che consiglierebbe di leggere?
Se possiamo essere regionali direi Tesori nascosti in Friuli Venezia Giulia.

Un libro di narrativa, poesia o saggio che non si può non aver letto?
Sono tanti, un buon imprenditore deve sempre avere sul comodino un libro per sognare.

Il libro che in questo momento sta invece leggendo?
Tesori nascosti in Friuli Venezia Giula.

Perché gli italiani, e gli agricoltori in particolare, non leggono?
Non ne vedono l’utilità. E’ un vero peccato. Basta poco invece per sognare e vedere la realtà diversamente. E’ un modo anche per migliorare il settore e l’economia.


di T N