Fuori dal coro 06/06/2009

Il coraggioso percorso di Davide Borselli dal marketing all'agricoltura

Molte leggi hanno tagliato le gambe ai piccoli produttori, c'è troppa burocrazia. E' un incubo. I giovani abbandonano il campo e la cooperazione tra agricoltori è una chimera. La sfida è grande


Davide Borselli è nato a Fiesole, in provincia di Firenze, ma è sempre vissuto sul Monte Amiata, a Montelaterone, in un paesino del Grossetano di circa 200 anime.

Dagli anni ’80 il padre Fausto si è dedicato totalmente all’agricoltura, dapprima con un agriturismo, in seguito lasciato, intorno agli anni ’90, per la perdita del vero spirito di agriturismo. "Dopo che da sussidio ai contadini era diventato un business per dentisti, dottori, avvocati e altri professionisti non aveva più senso continuare..."

In seguito, nel 1996, è sempre il padre Fausto Borselli a inventarsi La Poderina Toscana, un'azienda bio sin dalla nascita, orientata all’olivicoltura, ma immancabilmente anche alla vitivinicoltura. Da qui, insieme all’azienda, si inserisce più tardi anche un frantoio in conto terzi.

Dal 2006 nasce il ristorante con cucina biologica L’Olivastra, che si concilia con la filosofia aziendale, di accudire i turisti che passano in zona e cercano un posto immerso tra gli olivi dove degustare e riposarsi, nel totale rispetto della natura.

L'esperienza di Davide Borselli ha inizio nel 2005, in settembre, dopo essersi laureato all'Università di Parma in Marketing. Una settimana dopo la laurea, ero già al lavoro con la vendemmia, a cui poi è seguita “l’olivagione” in un’annata molto intensa.

"Ho cercato di applicare i miei studi al settore - afferma - ma il marketing applicato all’olio di oliva è molto difficile, anche se non impossibile; la qualità è il mio obiettivo assoluto, ho cominciato a rivedere tutte le etichette dell’olio, e creato nuove linee e monocultivar, così come per il vino".

"La filosofia aziendale - aggiunge - parte dal biologico come scelta di qualità e rispetto per la terra, passando per un recupero del nocciolino della sansa per produrre calore e riscaldare sia le macchine del frantoio che il ristorante; in funzione tra poche settimane anche un impianto fotovoltaico di 20kw per soddisfare il consumo del frantoio".



Da quanto tempo si occupa di agricoltura e con quali risultati?
Mi occupo di agricoltura da sempre, sono nato in campagna tra olivi e viti. Seriamente, come lavoro, dal 2005. I risultati, dopo quasi quattro anni, cominciano ad arrivare: in campo competitivo, nei concorsi internazionali; ma anche con ottimi riscontri da parte dei clienti. Ripetersi e soddisfare i consumatori in questo campo non è affatto facile.

E’ soddisfatto, perplesso o preoccupato?
Nello specifico comparto olio questa fase è davvero delicata, oltre alla crisi, la concorrenza di prezzo spagnola è agguerrita e l’abbondante produzione di quest’anno non ha certamente aiutato, ma siamo soddisfatti per essere riusciti a mantenere qualità e vendite costanti rispetto allo scorso anno.

Perché il mondo rurale ha perso in centralità e importanza negli ultimi decenni?
Il mondo rurale ultimamente ha visto tagliare moltissimi investimenti sia materiali che come forza lavoro, nuove generazioni tendono a non credere nell’agricoltura. La manodopera nella nostra zona per il 90% proviene da immigrati, loro sono riusciti a ridare un po’ di vigore che stava praticamente scomparendo. I giovani non si dedicano all’agricoltura perché le remunerazioni sono veramente basse rispetto alla dose di lavoro e ai rischi che si prendono. Molte leggi hanno tagliato le gambe a piccoli produttori, troppa burocrazia.

Crede che il comparto agricolo possa restare ancora un settore primario in Italia?
In questo momento non mi sembra abbia un ruolo così centrale, ma sicuramente è ancora un motore che esprime una grande forza alle spalle di questo Paese, bisognerebbe dargli più importanza, abbiamo un tesoro di prodotti agroalimentari e siamo i primi in Europa per produzioni protette, dovremmo creare coesione anche tra i vari reparti, con un rapporto stretto con il turismo. Italia dovrebbe significare, almeno nel cibo, qualità senza discussioni: eccellenza.
Se poi ci fosse più cooperazione tra agricoltori, soprattutto nel comparto olivicolo, allora si potrebbe avere una voce più alta e forza anche in Europa.

E lei perché ha scelto di operare in agricoltura?
Mi piace come sfida il comparto olivicolo, mi piace pensare a una spremuta di olive, mi piace pensare al profumo dell’olio appena fatto. Non mi vedevo assolutamente a lavorare chiuso in qualche ufficio, e avevo già un’azienda avviata che aveva bisogno di nuove forze, appunto.

Un aggettivo per definire il mondo agricolo?
Caparbio.

Un aggettivo per definire invece le associazioni di categoria?
Utili.

Una parola d’ordine per l’agricoltura di domani?
Meno burocrazia, più efficienza.

Se dovesse consigliare a un amico di investire in agricoltura, quale comparto produttivo suggerirebbe?
Se dovesse proprio iniziare da zero gli direi di fare un’attenta riflessione, a meno che non abbia già un mercato chiaro, sicuro e preciso dove voler vendere i propri prodotti. E’ difficile come periodo, per chi non ha già una sua clientela, acquisirne una nuova; e non si può andare a concorrere sempre sul prezzo… anche la Spagna ci sta ripensando.

Un imprenditore agricolo che ritiene possa essere un modello a cui ispirarsi?
Giorgio Franci. Quando si pensa all’eccellenza di un singolo o di una azienda si pensa sempre a un qualcosa di lontano, in un contesto opposto al nostro, di grandi numeri e con chissà quale direttore.
Lui opera a pochi chilometri da me, viene da un contesto molto simile al mio e porta alto il nome della nostra terra nel mondo.
Chissà che non si possa formare l’idea nelle persone che questa sia una terra a elevata vocazione olivicola?
Finchè un singolo ha successo non si pensa, ma quando ci sono più produttori per uno obiettivo comune allora si.

Un ministro agricolo al quale sente di esprimere pieno apprezzamento?
Non ho ancora avuto modo di apprezzarne uno nello specifico, non hanno dato sufficiente attenzione a questo settore.

Le certificazioni di prodotto sono davvero utili al consumatore o lo confondono?
Sono molto utili, basti pensare alle Doc per il vino. Sarebbero molto più utili se si riuscisse a far capire al consumatore che le Dop e le Igp sono fondamentali per la tracciabilità e quindi per la qualità. Non a caso la nostra azienda ha un 90% di produzione certificata, sia per olio che per il vino.

Un libro relativo al mondo rurale che consiglierebbe di leggere?
Fontamara di Ignazio Silone.

Un libro di narrativa, poesia o saggio che non si può non aver letto?
Ti prendo e ti porto via, di Amanniti.

Il libro che in questo momento sta invece leggendo?
Diario di scuola, di Pennac.

Perché gli italiani, e gli agricoltori in particolare, non leggono?
Forse perché sono pigri? Vedere delle immagini e sentire parole è molto più facile. Per conto mio, leggere è fondamentale, come si dice: un uomo che legge ne vale due. Sento il bisogno di leggere e allo stesso tempo di essere informato e conoscere, non a caso ho scelto di frequentare il master in Olivicoltura e Olio di qualità a Pisa, sia per la cultura che mi può dare, sia per le conoscenza di persone all’interno del settore.

di T N