Fuori dal coro
L'agronomo Giambattista Mastropierro guarda al mercato
Programmazione e management, senza tradire la storia rurale. A Molfetta, in Puglia, c'è una Goccia di Sole che lascia ben sperare circa le sorti future dell'olivicoltura meridionale
09 maggio 2009 | T N
Giambattista Mastropierro, cinquant'anni, agronomo, è sposato e padre di un figlio. Ha iniziato la carriera con lâinsegnamento nella scuola superiore, successivamente si è occupato di servizi di sviluppo agricolo e di irrigazione allâinterno di un Consorzio di Bonifica assumendo oggi la direzione del settore Agro-Forestale.
Ha collaborato con lâInea e il Mipaaf alla realizzazione di studi sullâuso della risorsa idrica nelle aree meridionali, oggetto di pubblicazioni nazionali e comunitarie.
Presiede dal 1995 lâOleificio Cooperativo Goccia di Sole di Molfetta, in provincia di Bari, promuovendo e valorizzando lâolio extra vergine affermando il marchio nel mercato nazionale ed estero, ottenendo diversi premi e riconoscimenti.
Eâ membro del Consiglio Direttivo di Fedagri-Confcooperative Puglia. Dal 2007 lâazienda ha ricevuto il riconoscimento di Organizzazione di Produttori.
Da quanto tempo si occupa di agricoltura e con quali risultati?
Essendo nato in una famiglia di tradizioni agricole, svolgendo la professione di agronomo, direi da sempre, col risultato di ostinarmi a credere nelle potenzialità inespresse del mio territorio e di quanto vi si produce. Aver contribuito a farli conoscere in Italia e allâestero è una bella soddisfazione.
Eâ soddisfatto, perplesso o preoccupato?
Non nego che le soddisfazioni ci sono state - premi, riconoscimenti, pubblicazioni - ma sono perplesso circa lâinerzia delle istituzioni a tutti i livelli che si limitano ad essere âosservatori neutraliâ della compressione e della deriva del comparto agricolo. Questa è anche la mia preoccupazione. Urgono Piani Speciali di intervento in tutti i settori della produzione primaria.
Perché il mondo rurale ha perso in centralità e importanza negli ultimi decenni?
Al di là di una considerazione di natura bucolica, il mondo rurale è stato da sempre oggetto di speculazioni di natura socio-economica, non ha mai goduto dell'attenzione che si deve a un settore produttivo di rilevante importanza nel nostro Paese. La mancanza del ricambio generazionale rischia di accentuare la sua marginalizzazione. Gaetano Salvemini docet.
Crede che il comparto agricolo possa restare ancora un settore primario in Italia?
Se per settore primario si intende la produzione di base, la vedo dura. La competitività con altri Paesi del Mediterraneo ci crea non pochi problemi. Il settore agricolo deve imparare a ragionare seriamente in termini di filiera, dalla produzione al consumo al fine di acquisire al proprio intermo il valore aggiunto della produzione.
E lei perché ha scelto di operare in agricoltura?
Per tradizione familiare e per passione. Avrò forse sbagliato?
Un aggettivo per definire il mondo agricolo?
Confuso, Spaesato, in cerca di improbabili ricette medicamentose. Anche se in un momento di crisi come questo gli agricoltori sono la categoria più fortunata visto che con la crisi ci convivono da sempre.
Un aggettivo per definire invece le associazioni di categoria?
Retrograde, Superate, inadatte a guidare un processo di rinnovamento culturale in agricoltura, ancorate a vecchi schemi autoreferenziali: la propria sopravvivenza innanzi tutto. Anche a loro va ascritta la grave responsabilità di non essersi impegnate a sanare la frattura sociale fra Nord e Sud del Paese.
Una parola dâordine per lâagricoltura di domani?
Direi tre: qualità , innovazione, mercato.
Se dovesse consigliare a un amico di investire in agricoltura, quale comparto produttivo suggerirebbe?
La domanda non è quale, è come. Tutti i comparti, nonostante la profonda crisi in cui versano, possono essere considerati a patto che a monte câè una programmazione e lâadozione di un management che sappia integrare il rispetto della tradizione con lâintroduzione di tecniche innovative.
Un imprenditore agricolo che ritiene possa essere un modello a cui ispirarsi?
Ne cito due. Antinori e Planeta. Hanno saputo valorizzare produzioni tipiche locali (vino e olio) nel rispetto del territorio in cui operano pur adottando processi innovativi mantenendo il valore aggiunto in azienda. Con le dovute proporzioni anche Goccia di Sole però non è da meno. Scherzo naturalmente.
Un ministro agricolo al quale sente di esprimere pieno apprezzamento?
Mi verrebbe da dire Arrigo Serpieri, è stato lâunico a sostenere la competitività in agricoltura, ma siamo nel 1929. Dei recenti ho buoni rapporti anche personali con Paolo de Castro, insigne economista agrario, ha ben rappresentato lâItalia in ambito comunitario. Ma a tutti quelli che si sono succeduti câè da attribuirgli la responsabilità della mancata pianificazione.
Le certificazioni di prodotto sono davvero utili al consumatore o lo confondono?
Sono utili a patto che si faccia informazione sul significato e sulla garanzia che offre il bollino stampato in etichetta.
Un libro relativo al mondo rurale che consiglierebbe di leggere?
Il Cafone allâInferno di Tommaso Fiore è un classico del meridionalismo, mette in evidenza come nel Sud tradizione e modernità si sono fuse in una lega niente affatto virtuosa, cosa purtroppo per alcuni versi ancora attuale.
Un libro di narrativa, poesia o saggio che non si può non aver letto?
Il Piccolo Principe, va bene per tutte le età , in cui la morale è che lâessenziale è invisibile agli occhi.
Il libro che in questo momento sta invece leggendo?
Il Sultanato di Giovanni Sartori, credo che sia lâosservatore più acuto della politica e della società italiana di oggi. Il libro è uno spaccato dei paradossi e delle storture del nostro Paese.
Perché gli italiani, e gli agricoltori in particolare, non leggono?
Perchè a scuola non ci hanno insegnato a farlo. Internet e Tv entrano prepotentemente e si fa meno fatica. Devo dire però, che da parte degli agricoltori, noto di recente un interesse alla lettura che prima non notavo. Hanno forse smesso di aver bisogno di suggeritori di patronato? Chissà !
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