Fuori dal coro 12/07/2008

Gabriella Stansfield e il suo amore per gli olivi

Da ricercatrice di diritto amministrativo e comunitario a produttrice d'olio e imprenditrice agricola. Il grande passo sette anni fa per un progetto di cui è molto orgogliosa


Gabriella Stansfield all'Oil Bar di Olio Capitale a Trieste

Gabriella Stansfield è nata a Castiglion Fiorentino, un paese in provincia di Arezzo, dove sulla dorsale appenninica che divide la Toscana dall’Umbria, da generazioni la sua famiglia possiede un oliveto. Ma è lei stessa a raccontarsi:: “per uno dei tanti casi della vita – dice -, posso dire di essere stata “prestata”, e per un periodo nemmeno tanto breve, ad attività assai lontane dal mondo agricolo. Infatti, subito dopo la laurea, mi sono occupata di diritto, in particolare di diritto amministrativo e comunitario, lavorando come ricercatore presso l’Università degli Studi di Milano e pubblicando vari saggi.

Successivamente, a causa della scomparsa di mio padre, sono entrata nell’azienda di famiglia, operante nel settore manifatturiero. Inutile dire che il tipo di lavoro svolto, organizzativo e dirigenziale, assorbiva quasi tutto il mio tempo e le mie energie, cosicché il podere dei nonni, nonostante fosse tanto amato, è stato per lungo tempo trascurato. Ma gli olivi sono alberi generosi: quando alla fine degli anni ‘90, in seguito alla vendita dell’azienda, mi sono potuta prendere cura di loro, mi hanno di buon grado accolto ed io mi sono sentita finalmente a casa.

Così adesso, da diversi anni, sono “imprenditore agricolo”, olivicoltrice e produttrice di olio a tempo pieno. Ed è anche iniziata una nuova intensa stagione di studio che mi ha portato, tra l’altro, a diventare assaggiatore professionista Onaoo.
L’esempio e la collaborazione di professionisti del settore mi hanno poi permesso di raggiungere risultati di cui sono soddisfatta e che hanno ricondotto ad unità l’amore per la mia terra e per gli olivi, gli studi e le conoscenze della normativa e della pratica amministrativa e gestionale e la mia passata esperienza lavorativa.



Da quanto tempo si occupa di agricoltura e con quali risultati?
Sono nata in campagna e quindi mi sembra di essermene occupata da sempre, ma, in realtà, professionalmente, con un progetto da realizzare, da circa sette anni. Ho lavorato tanto e oggi sono orgogliosa dell’olio che produco. Mi auguro di poterlo essere anche dei risultati aziendali.

E’ soddisfatta, perplessa o preoccupata?
Sono soddisfatta, perché faccio un lavoro che amo, ma sono anche preoccupata sia per il futuro del comparto dell’olio nel suo complesso, sia per quello del mio piccolo orticello. In Italia si assiste ad uno strano fenomeno: da un lato sembra che la consapevolezza dei consumatori vada aumentando, al traino di premi, fiere, eventi, manifestazioni, convegni, trasmissioni televisive, pubblicazioni. E anche sul versante dell’offerta il settore sembra godere di ottima salute: nella grande distribuzione, in un singolo punto vendita, non è raro contare più di settanta diverse etichette…
Dall’altro lato la produzione interna sta fatalmente diminuendo; i produttori –specialmente la miriade di piccoli produttori di cui è costellato il nostro paese – sono abbandonati a loro stessi, spesso impossibilitati a far quadrare i conti; gli oli – i tanti oli offerti di cui si decantano le qualità organolettiche e salutistiche – presentano spesso evidenti difetti, mentre nuovi operatori si affacciano prepotentemente sul mercato internazionale, offrendo a prezzi contenuti oli di altissima qualità

Perché il mondo rurale ha perso in centralità e importanza negli ultimi decenni?
L’intera storia d’Italia, dalla fine degli anni ’50 ad oggi, è in una certa misura caratterizzata da questa “perdita in centralità e importanza” del mondo rurale: alla scelta di un modello di sviluppo, che privilegiava l’industria, operata a livello politico, con i connessi fenomeni di urbanizzazione, di abbandono delle campagne e di massiccia migrazione interregionale, ha fatto riscontro, per altro verso, il desiderio di affrancarsi dalla dura vita dei campi, di raggiungere un nuovo livello di benessere. E, ancora, negli anni più recenti, la crescente industrializzazione dell’agricoltura, ha contribuito a spezzare il rapporto, la relazione tra la terra e chi la lavora. Ma questa à storia nota.
Da tempo però si è cominciato a respirare una nuova aria: il ruolo e la funzione dell’agricoltore stanno assumendo un diverso e positivo valore, direi quasi una nuova dignità, sulla spinta della nuova consapevolezza dell’importanza dei temi legati all’ambiente, al territorio, alla sicurezza alimentare. Forse i tempi sono “maturi” perché si possa parlare di una “nuova agricoltura”, in cui i prodotti della terra non siano più una semplice merce di scambio, ma un mezzo di sostentamento e di benessere.

Crede che il comparto agricolo possa restare ancora un settore primario in Italia?
Penso che non solo in Italia o in ambito comunitario e indipendentemente dalle scelte di breve periodo del governo in carica, l’agricoltura e le politiche agricole siano destinate a svolgere un ruolo determinante, che sarebbe molto rischioso sottovalutare. Non solo nel 2050 la popolazione mondiale raggiungerà circa i 9 miliardi di individui e si dovrà pensare a come sfamarli, ma drammatiche emergenze mondiali quali i cambiamenti climatici, i giganteschi flussi migratori, l’esaurirsi delle risorse energetiche e naturali, l’inarrestabile perdita della biodiversità coinvolgono direttamente il mondo agricolo.

E lei perché ha scelto di operare in agricoltura?
Per passione.

Un aggettivo per definire il mondo agricolo?
Irrinunciabile.

Un aggettivo per definire invece le associazioni di categoria
Necessarie, ma troppo legate alle contingenze della politica.

Una parola d’ordine per l’agricoltura di domani?
Rispetto direi, rispetto per l’ambiente e per le regole.

Se dovesse consigliare a un amico di investire in agricoltura, quale comparto produttivo suggerirebbe?
Gli suggerirei un settore che possa permettere di sfruttare le opportunità legate alla mutifunzionalità dell’agricoltura e ai prodotti di eccellenza, che esaltino il legame tra prodotto e territorio.

Un imprenditore agricolo che ritiene possa essere un modello a cui ispirarsi?
Renato Tanganelli – un agricoltore di una frazione del mio paese -, per il rigore morale, l’acume imprenditoriale, il profondo amore per la terra e l’inesauribile entusiasmo.

Un ministro agricolo al quale sente di esprimere pieno apprezzamento?
Forse Marcora, ma è difficile rispondere, anche perché, negli ultimi vent’anni, con la sola eccezione del ministro Alemanno, nessuno è rimasto in carica per più di due anni e qualche mese.

Le certificazioni di prodotto sono davvero utili al consumatore o lo confondono?
Credo che possano essere estremamente utili, ma a condizione che siano “veritiere” e che il consumatore possa apprezzare “che cosa” viene certificato (e da chi e come). In questa logica il moltiplicarsi di certificazioni può sicuramente creare confusione.

Un libro relativo al mondo rurale che consiglierebbe di leggere?
Emilio Sereni, Storia del paesaggio agrario italiano.

Un libro di narrativa, poesia o saggio che non si può non aver letto?
Se questo libro dovesse restare l’unico libro della vita, allora , forse, una tragedia di Shakespeare o l’Odissea.

Il libro che in questo momento sta invece leggendo?
Philip Roth, Patrimonio.

Perché gli italiani, e gli agricoltori in particolare, non leggono?
Perché bisogna essere educati, abituati a leggere; perché bisogna avere dei libri a portata di mano, a casa; perché il leggere isola; perché il tempo della lettura è tempo sottratto agli amici, alla televisione, ad altre attività ritenute “più divertenti”; perché la sera si è stanchi (e gli agricoltori lo sono in modo particolare!) … Credo però che, grazie ad internet, si aprano interessanti prospettive per la lettura, e, probabilmente, anche per la stessa scrittura.

di T N