Fuori dal coro

FRANCESCA MORETTI, UNA PASSIONE NEL NOME DI “BELLAVISTA” E “PETRA”

Nulla è scontato in agricoltura. I riscontri non sono mai immediati, ma le potenzialità sono tante. E’ necessario coglierle al momento giusto, in modo da valorizzarle. Questo il pensiero di chi sin da ragazza ha voluto scegliere una strada difficile e comunque appagante su più fronti

28 febbraio 2004 | T N

Francesca Moretti è amministratrice dell’azienda vitivinicola “Bellavista”, in Franciacorta; come pure dell’azienda agricola “Petra”, a Suvereto, in Toscana. Tra le due realtà segue con particolare trasporto “Petra”, a cui dedica tutta se stessa, “quanto a lavoro fisico”, precisa. “Quest’ultima è la mia creatura prediletta, la sento proprio mia”.



Da quanto tempo si occupa di agricoltura e con quali risultati?
Me ne occupo da sempre, ma soprattutto da dieci anni a questa parte. Ho iniziato a vent’anni, con grandissimi risultati, direi. I risultati, certo, vengono anche dal fatto che sia figlia di Vittorio Moretti…

E’ soddisfatta, perplessa o preoccupata?
Soddisfatta del mio lavoro, perché dà tante soddisfazioni. Ma anche perplessa, perché è un momento particolare. Il vino sta attraversando un momento non facile. L’enologo dovrà fare il vino come lo pensa o come lo vuole il mercato? Io sono per vini raffinati, il mercato richiede invece altro. Preoccupata, sì, per la crisi che attraversa il mondo enologico, soprattutto per i vini rossi.

Perché il mondo rurale ha perso in centralità e importanza negli ultimi decenni?
Ora si sta ritornando alla ruralità, e comunque bisognerà in ogni caso far ritorno. E’ inevitabile. Nel recente passato la rincorsa alla tecnologia e all’industria credo siano state tra le cause dell’abbandono e di una certa disaffezione per il mondo rurale. L’industria e la tecnologia portano guadagni più veloci. L’agricoltura ha necessità di tempi più lunghi.

Crede che il comparto agricolo possa restare ancora un settore primario in Italia?
Mi auguro proprio di sì, o che lo diventi sempre di più. Le potenzialità sono tante, occorre saperle sfruttare.

E lei perché ha scelto di operare in agricoltura?
Perché sono cresciuta in questo mondo da subito, proprio nel momento in cui mio padre stava sviluppando il suo hobby fino a tramutarlo in un’attività imprenditoriale di rilievo. Ho vissuto e incarnato, facendoli miei, i momenti migliori di questa passione di mio padre. E’ stato lui a trasmettermi l’amore per la terra.

Un aggettivo per definire il mondo agricolo?
Amorevole, con una dedizione verso la “terra” incline alla totalità.

Un aggettivo per definire invece le associazioni di categoria?
Burocratizzate, per certi aspetti.

Una parola d’ordine per l’agricoltura di domani?
Fantasia.

Se dovesse consigliare a un amico di investire in agricoltura, quale comparto produttivo suggerirebbe?
Il vino, in questo momento perché dà molta soddisfazione. Solo chi sta dentro al comparto se ne accorge, ma non solo a livello economico. Il prodotto che si ottiene è come il frutto di un parto; è come vivere una piccola maternità.

Un imprenditore agricolo che ritiene possa essere un modello a cui ispirarsi?
Mio padre, anche se non è un imprenditore agricolo in senso puro.

Un ministro agricolo al quale sente di esprimere pieno apprezzamento?
Non seguo molto la politica. Non posso far confronti con il passato. Credo tuttavia che l’attuale non sia male.

Le certificazioni di prodotto sono davvero utili al consumatore o lo confondono?
Utili, sì, perché il consumatore si affida molto a tali segni. C’è una maggiore attenzione rispetto al passato. Si cerca la storia di ogni singolo prodotto. Ovviamente ci deve essere serietà, le certificazioni dovranno essere credibili.

Un libro relativo al mondo rurale che consiglierebbe di leggere?
L’Italia contadina, di Franco Cazzola. Si tratta di un affresco lucido ed essenziale di un mondo che appartiene ormai al passato, ma che risulta assai utile riconsiderare.

Un libro di narrativa, poesia o saggio che non si può non aver letto?
La Divina commedia. La adoro, l’ho letta più volte.

Il libro che in questo momento sta invece leggendo?
I have a dream, la biografia che Clayborne Carson ha dedicato a Martin Luther King, uno dei più celebri padri della non violenza.

Perché gli italiani, e gli agricoltori in particolare, non leggono?
Perché hanno poco tempo e lavorano tanto. Siamo comunque una nazione un po’ goliardica e caciarona, a cui piace fare altro, piuttosto che leggere.

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