Fuori dal coro

GIOVANNI NEGRI: "PAROLE D'ORDINE PER IL FUTURO? INNOVAZIONE, CORAGGIO, QUALITA' E CAPACITA' DI RACCONTARE"

Giornalista e imprenditore, ma anche politico: è stato segretario del Partito Radicale. Da sei anni si occupa dell'azienda vinicola di famiglia, nelle Langhe. Venuto a mancare il padre, ha accettato la sfida con coraggio

25 novembre 2006 | T N

Giovanni Negri, torinese, è nato nel 1957 e vive in Piemonte fino ai 18 anni, quando la politica lo porta a Roma e a Bruxelles.
Giornalista, politico, imprenditore, amministratore delegato di Le Stazioni di Montalcino 1865, la società che dà vita in Italia al Treno del Vino (www.winestation.it)
Segretario del Partito Radicale, deputato nazionale, parlamentare europeo, protagonista del caso Tortora e dei referendum promossi con Massimo Severo Giannini, fondatore dell’Osservatorio Laico.
E' inviato dell’Indipendente, vicedirettore del Tempo, collaboratore del Foglio, autore di libri per Mondadori e Ponte alle Grazie (Il Paese del non-fare, I Senzapatria), consigliere del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Dal 2002 conduce Serradenari, dedicandosi come imprenditore alla produzione dei vini.
Con Roberto Cipresso e Stefano Milioni ha pubblicato nel settembre di quest'anno Il Romanzo del Vino, edito da Piemme, con la prefazione di Robert Parker: “Vino e storia, vino ed eros, vino e religione, vino e musica… Il vino è un archetipo della nostra civiltà, romanzarlo è un affresco originale sull’umanità”.
Oggi Giovanni Negri vive fra Roma e le Langhe. Il suo sogno: “un’Italia che entri nell’era moderna, come merita il paese più bello del mondo”.



Da quanto tempo si occupa di agricoltura e con quali risultati?
Da sei anni, per ragioni di famiglia. Mancato mio padre, o vendevo una proprietà nelle Langhe piemontesi o decidevo di rilanciarla. Ho accettato la sfida.

E’ soddisfatto, perplesso o preoccupato?
Il mondo del vino è affascinante, ma molto spesso per ragioni assai lontane a quelle che lo fanno (apparentemente) brillare. Più che preoccupato, dunque, sono occupato.

Perché il mondo rurale ha perso in centralità e importanza negli ultimi decenni?
Modello di sviluppo industriale. Poca voglia di accettare le sfide di impresa. Cattiva, anzi pessima politica.

Crede che il comparto agricolo possa restare ancora un settore primario in Italia?
Credo che tornerà ad esserlo. Un po’ per merito proprio (il cammino verso la qualità è stato lento ma solido), un po’ perché il Paese…è alla frutta.

E lei perché ha scelto di operare in agricoltura?
Prima perché ho dovuto, come già detto. Poi perché ho voluto. Il vino di eccellenza, peraltro, è un settore agricolo con le sue peculiarità.

Un aggettivo per definire il mondo agricolo?
Paziente.

Un aggettivo per definire invece le associazioni di categoria?
Utili. Anche se non sempre e in ogni caso.

Una parola d’ordine per l’agricoltura di domani?
Innovazione. Coraggio. Qualità. Capacità di raccontare meglio le Mille Italie.

Se dovesse consigliare a un amico di investire in agricoltura, quale comparto produttivo suggerirebbe?
Non credo esista un comparto unico. Investire in agricoltura può essere un successo o un folle rischio. Dipende dal contesto, dalla passione, dalla determinazione.

Un imprenditore agricolo che ritiene possa essere un modello a cui ispirarsi?
Per noi piemontesi, e non solo, Angelo Gaja rappresenta un buon modello. Perché ha saputo conservare e innovare, calibrare le proprie mosse, aprirsi al nuovo e al mondo, senza paura di rompere vecchi tabù. Non è poco. Anche se dalla sua aveva già alle spalle una grande tradizione.

Un ministro agricolo al quale sente di esprimere pieno apprezzamento?
Credo che Giovanni Marcora resti un memorabile politico dell’agricoltura. Attento, colto, pragmatico. L’unico davvero stimato in Europa, e lo dice chi non è e non è mai stato democristiano.

Le certificazioni di prodotto sono davvero utili al consumatore o lo confondono?
Utili, quando non diventano puro status symbol. O spot pubblicitario.

Un libro relativo al mondo rurale che consiglierebbe di leggere?
Il Romanzo del Vino (edizioni Piemme, ndr). E lo dico anche se ho contribuito a scriverlo. Credo davvero sia bello.

Un libro di narrativa, poesia o saggio che non si può non aver letto?
Il Piccolo Principe. I ragazzi della via Paal. Disraeli di Mauriac.

Il libro che in questo momento sta invece leggendo?
Un vecchio giallo, Maigret, del vecchio Simenon. E un libro su Hugo Pratt e il suo Corto Maltese, con molte immagini meravigliose.

Perché gli italiani, e gli agricoltori in particolare, non leggono?
Perché non sono consapevoli di sé, di loro stessi, della loro storia, del patrimonio enorme che rappresenta. E’ la stessa ragione per la quale sanno “vendere” assai male il loro territorio.

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