Fuori dal coro 22/03/2016

L'Italia olivicola è quella del saper fare, è questo che la rende unica

L'attuale situazione di mercato danneggia tutti, dai produttori ai consumatori. Secondo Luigi Canino, presidente Unasco, "i volumi di olio acquistati dagli industriali italiani sono scarsi, così come i prezzi sono insoddisfacenti e, soprattutto, insufficienti per remunerare l’azienda oleo-olivicola orientata alla qualità"


Mai come quest'anno, e nonostante il patto di filiera sigliato, il settore è in fibrillazione.

Scandali e inchieste hanno fatto vacillare la fiducia di tutti, come se identici scandali e inchieste del passato non abbiano insegnato nulla.

Il mercato non sembra aver premiato in maniera particolare l'olio italiano rispetto a quello di altre provenienza. Pochi centesimi di differenza separano la quotazione della piazza di Bari da quella di Jaen.

Una situazione che merita più di una riflessione da parte degli attori della filiera. Abbiamo cominciato con Luigi Canino, presidente Unasco.

- Presidente Canino, qual è lo stato di salute dell'olivicoltura in Italia oggi?

Gli attori della fase a monte della filiera, cioè le aziende oleo-olivicole orientate al mercato, sono da anni impegnate in un processo di cambiamento che le vede migliorare la qualità della propria produzione, sia in termini di qualità organolettica, che in termini di riduzione dell’impatto ambientale della coltivazione e della sicurezza alimentare, per offrire ai consumatori il meglio dai territori vocati.
All’impegno profuso dai produttori fanno da contraltare i continui scandali che interessano l’olio extravergine di oliva che, in quanto prodotto cardine della dieta mediterranea, è uno degli alimenti più soggetti a sofisticazione in Europa: dalle miscelazioni di olio tunisino, greco e spagnolo con una piccola percentuale di olio locale per ottenere un prodotto poi etichettato come 100% italiano, ai trattamenti chimici (come la deodorazione) in grado di eliminare i difetti organolettici. È anche vero che le istituzioni potrebbero tutelare maggiormente i veri produttori italiani; recentemente l'Unione Europea ha deliberato l’ingresso di 35 mila tonnellate di olio tunisino in più all’anno e senza alcun dazio, un ulteriore colpo per i nostri produttori sulle cui sole spalle è scaricato il pur giusto provvedimento per aiutare un Paese amico colpito dalla minaccia del terrorismo.

- Quali sono i punti di forza e le leve su cui agisce Unasco per la promozione e lo sviluppo del settore e della cultura dell'olio di qualità in Italia?
Noi come Unasco siamo abituati/allenati ad affrontare le sfide con positività e fiducia, non guardiamo al passato ma siamo costantemente proiettati al futuro. La nostra filiera UNASCO nasce molti anni fa, da una visione, dal desiderio di realizzare un cambiamento significativo per il comparto olivicolo, come spesso accade quando ci accorgiamo che la situazione che viviamo non è quella desiderata. Unasco opera per tutelare la qualità e l’origine dell’olio extravergine di oliva italiano e diffondere un’olivicoltura sostenibile per l’ambiente.

- Unasco ha sviluppato un progetto sostenuto dall'Unione Europea per la valorizzazione del concetto di tracciabilità. Quali erano le finalità e quali i risultati raggiunti?

Gli oli della nostra filiera Unasco sono tracciati e certificati da un ente terzo. Sono oli la cui storia è trasparente e documentata. Ad oggi la filiera Unasco conta circa 500 produttori e 150 frantoi che operano nelle zone maggiormente vocate all’olivicoltura. Siamo presenti in tutte le regioni del centro sud, isole comprese. Il vero punto di forza della filiera Unasco è rappresentato dall’eterogeneità dei territori di origine della materia prima. Ogni territorio possiede caratteristiche fisiche, ecologiche e culturali che conferiscono al prodotto qualità specifiche, uniche, inconfondibili.
Ogni territorio è, infatti, espressione della propria identità culturale, delle sue tradizioni, di un saper fare che è semplicemente unico. Tutto questo si riflette nella qualità del prodotto finito.
Unasco ha sentito il bisogno, l’opportunità di trasferire e condividere con il consumatore tutte queste qualità ma il modo in cui l’ha fatto è stato ancora più interessante. In ogni bottiglia di olio extravergine di oliva Unasco si racconta una storia i cui protagonisti principali sono l’olio evo, il territorio e i suoi produttori.
Lo strumento scelto per raccontare questa storia è proprio la tracciabilità di filiera.

- In che modo è stata costruita la tracciabilità?

Coinvolgendo sin dall’inizio tutti gli operatori della filiera nel processo di cambiamento, di costruzione e condivisione delle regole. Con il coinvolgimento abbiamo accesso la motivazione dei singoli, quella motivazione che spinge la persona ad attivarsi, ad agire, a mettere in campo tutte le proprie risorse.
Abbiamo ascoltato, raccolto i loro bisogni, le loro aspettative e insieme abbiamo progettato il sistema di tracciabilità.

- Qual è il risultato finale del processo di tracciabilità del’olio Unasco?

Un piccolo codice di 5 cifre che troviamo stampato in etichetta e racchiude in sé la storia completa dell’olio contenuto in quella bottiglia. Il consumatore, quindi, accede ad un portale dedicato alla filiera Unasco – www.olitaliano.it - , inserisce il codice e scopre tutto del suo prodotto, un viaggio emozionale che lo porterà a conoscere da vicino i produttori, i territori di origine e le metodiche di produzione.

- Qual è il ruolo della Unasco?

La Unasco con la sua rete di tecnici esperti (agronomi, tecnologici) assicura agli operatori della filiera il supporto tecnico necessario non solo per la corretta gestione agronomica degli uliveti (es. possono consigliare quando potare, concimare e raccogliere le olive) ma aiutandoli anche nella registrazione dei dati relativi alla tracciabilità. UNASCO eroga anche controlli qualitativi sia sulle olive che sull’olio con tecnici che effettuano prelievi sia in campo che dalle cisterne per le analisi multi residuali; nonché la formazione continua agli operatori con la finalità di trasferire le conoscenze necessarie anche in merito agli aspetti igienico-sanitari.

- Qual è il riscontro da parte del consumatore dell’impegno per la qualità?

Quando il consumatore entra in contatto con l’olio dei nostri produttori è positivo, si fidelizza. La nostra tracciabilità è diversa dalle certificazioni di filiera generalmente applicate, che si limitano a certificare le aziende che hanno prodotto l’olio contenuto nella bottiglia. La nostra tracciabilità dà la possibilità al consumatore di verificare tutti i passaggi: le operazioni colturali in campagna e i trattamenti con fitofarmaci della singola azienda agricola, la quantità di olive raccolte, le analisi dell’olio e i tutti passaggi successivi dal blend di oli di diverse aziende al confezionamento in bottiglia. Il consumatore non deve quindi fidarsi dell’ente terzo certificatore, ma può controllare personalmente tutti i passaggi.

- Qual è invece il riscontro da parte dell’industria?

L’industria di qualità ricerca l’olio di qualità con la certificazione della tracciabilità, che la garantisce sia rispetto alla provenienza del prodotto che circa la sua sicurezza alimentare ed è anche disponibile a riconoscere un plus, ma i volumi acquistati sono molto bassi, tanto da poter essere definita ancora una nicchia di mercato.
Come ben noto, l’Italia è deficitaria rispetto all’olio extravergine di oliva già per il consumo interno e sono molto alti i volumi di olio importati e poi esportati o commercializzati sul mercato italiano. Tale situazione è agevolata sulle regole circa l’etichettatura (es. “oli del mediterraneo”, “olio comunitario”) che sono ben sfruttate sia dagli industriali che dalle insegne della grande distribuzione con i propri marchi, che fanno leva sulla fidelizzazione del consumatore alla marca e alla marca/insegna. Per questo motivo i volumi di olio acquistati dagli industriali italiani sono scarsi, così come i prezzi sono insoddisfacenti e, soprattutto, insufficienti per remunerare l’azienda oleo-olivicola orientata alla qualità Penso che in definitiva questo processo finirà purtroppo per danneggiare tutti gli attori della filiera; quando verrà meno il nesso fra qualità e italianità della materia prima EVO, anche gli industriali dovranno correre ai ripari, il mio timore è che allora sarà troppo tardi.

 

Campagna finanziata con il contributo dell'Unione Europea e dell'Italia

di T N