Fuori dal coro 25/02/2016

Il mondo olivicolo vuole cambiare ma ha bisogno d'aiuto

Tracciabilità è la parola d'ordine per il futuro, insieme con garanzia. Sono anche le linee guida a cui si attiene Valerio Cappio, coordinatore del progetto Unasco, che vede la necessità di intercettare la domanda di un consumatore che già oggi ricerca qualità


L’Unione Europea, nell’ambito della OCM di settore, finanzia i programmi di attività delle organizzazioni dei produttori olivicoli, che hanno lo scopo di migliorare la qualità nel suo senso più ampio, della produzione oleo-olivicola italiana. I programmi del triennio in corso (da aprile 2015 a marzo 2018), prevedono una maggiore partecipazione finanziaria delle organizzazioni beneficiarie, che si traduce in un maggior coinvolgimento dei produttori da parte nostra.

I programmi di attività prevedono più ambiti di intervento dal monitoraggio dell’andamento del settore, al miglioramento dell’impatto dell’olivicoltura, all’innovazione al miglioramento dell’efficienza, alla tracciabilità delle produzioni fino alla diffusione ai consumatori delle attività svolte dalle organizzazioni dei produttori per il miglioramento della qualità. A questo proposito abbiamo assistito negli anni alla trasformazione del concetto di qualità, almeno per quanto riguarda il segmento più evoluto dei consumatori. Si può sostenere che per il consumatore evoluto il concetto di qualità è inclusivo di elementi quali, la salvaguardia ambientale, la sicurezza alimentare, il paesaggio, il territorio di origine, gli aspetti etici legati alla manodopera impiegati.

Ne parliamo con Valerio Cappio, coordinatore del progetto UNASCO

- Dottor Cappio, quali sono gli obiettivi del progetto?

Il nostro programma di attività coinvolge 23 organizzazioni di produttori localizzate nelle aree vocate per l’olivicoltura; l’obiettivo generale del nostro programma di attività consiste nella creazione di contenuti di qualità, così come l’ho appena definita, da aggiungere alla proposta di valore che il mondo della produzione olivicola offre al consumatore. Per raggiungere questo obiettivo è necessaria una trasformazione delle aziende oleo-olivicole, che li veda protagoniste del cambiamento per scelta imprenditoriale e non perché obbligate dalla contingenza economica. Quindi è anche importante che i contenuti di valore della proposta del mondo della produzione sia comunicata al consumatore, che sia riconoscibile, che sappia parlare loro. I produttori, per motivi oggettivi, non hanno le risorse finanziare per affrontare una campagna di comunicazione classica sui media, per questo devono rivolgere ad un consumatore che è già sensibile al concetto di qualità di cui la nuova olivicoltura è portatrice, ma che ha difficoltà a intercettare la relativa offerta sul mercato.

- Parla di cambiamento, ma come il programma di attività di UNASCO può agevolare questo processo?

All’interno delle attività ammissibili al finanziamento da parte della OCM di settore, ci siamo concentrati su quelle utili ad avviare un processo virtuoso. Nell’ambito del settore 1 (monitoraggio del settore e del mercato) abbiamo previsto la rilevazione delle caratteristiche strutturali e socio economiche delle aziende oleo-olivicole, al fine della loro classificazione in gruppi omogenei funzionale alla definizione di servizi adeguati ai loro bisogni. Dai gruppi di aziende omogenee così definito è stato estratto, inoltre, un campione rappresentativo sul quale indagare la struttura dei costi di produzione per tipologia di azienda: dimensione, collocazione pedo-climatica, tipo di impianto, ecc..

Il settore 2 del programma di attività prevede azioni per la sensibilizzare i produttori verso comportamenti virtuosi, per il loro coinvolgimento attivo nell’adozione di pratiche colturali eco-compatibili anche per mezzo di campi dimostrativi di pratiche colturali a basso impatto ambientale. Grazie al programma UNASCO intende dare risposte a domande quali: 1) Perché gli olivicoltori sono restii ad applicare metodiche di produzione virtuose dal punto di vista ambientale? 2) Può esistere un’olivicoltura a basso impatto ambientale e redditizia dal punto di vista economico? 3) Come valorizzare economicamente i comportamenti virtuosi degli olivicoltori?

Il settore 3 del programma è finalizzato all’introduzione di innovazioni nelle aziende agricole. In questo ambito UNASCO ha messo in campo le proprie risorse per dare una risposta ad un’altra semplice e importantissima domanda: è possibile ridurre i costi e aumentare al contempo la produzione? Le OP di UNASCO hanno quindi coinvolto tecnici esperti ed appassionati che stanno conducendo un buon lavoro, ci auguriamo che al termine del triennio la risposta sia positiva e soddisfacente per i nostri produttori associati.

Nell’ambito del settore 4, finalizzato al miglioramento della qualità in termini di parametri chimico fisici dell’olio prodotto, stiamo continuando il lavoro intrapreso nei programmi precedenti di ottimizzare il processo lungo tutta la filiera (dalla produzione, all’imbottigliamento), e con il nuovo triennio le cooperative aderenti ad UNASCO stanno realizzando azioni che possono essere definite come innovative dal punto di vista dell’organizzazione delle filiere locali, dalle strutture di servizio (frantoiani, stoccatori e confezionatori) associate o convenzionate. A questo si aggiungono servizi di assistenza tecnica-agronomica e di valorizzazione economica aggregata dell’olio prodotto che stanno incontrando l’apprezzamento degli associati.

Con il settore 5 certificazione tutto il nostro impegno per l’ambiente e la qualità realizzato nei settori 2 e 4, con lo schema ISO UNI EN 22005. In Sicilia stiamo sperimentando la costruzione di una filiera a impatto zero, che sarà spero certificata da DNV secondo lo schema del Carboon foot-print, letteralmente l’impronta di carbonio della produzione olivicola dall’albero alla bottiglia. Se questa sperimentazione avrà successo, se riusciremo ad organizzare filiere ad impatto zero o, addirittura, che riducano le amissioni carbonio, contiamo di estendere l’esperienza anche ad altre filiere dove gli olivicoltori intendono mettersi in gioco in questo senso.

 - Qual è il valore della parola tracciabilità e in che cosa si traduce per i coltivatori e per i produttori che decidono volontariamente di aderire al percorso?

Intanto quella applicata da UNASCO è una tracciabilità di filiera che consente di monitorare e controllare tutti le sue fasi, dai trattamenti e le operazioni colturali dell’azienda agricola, alle moliture e travasi in frantoio, fino alle operazioni di blending e imbottigliamento. Ci tengo a precisarlo poiché spesso la tracciabilità di filiera si limita ad elencare solo gli attori (soggetti giuridici) che hanno prodotto o manipolato il prodotto, senza documentare la loro attività che, a nostro avviso, fa la differenza in termini di garanzia e servizio offerto al consumatore.

Una volta tanto abbiamo anticipato i tempi con la certificazione volontaria che abbiamo già avviato da anni; è stato difficile negli anni addietro chiedere agi produttori di caricarsi di ulteriori vincoli e, soprattutto, controlli in una fase in cui il mercato non riconosceva alla tracciabilità certificata un maggior valore in termini di valore aggiunto. Alcuni produttori ci hanno abbandonati, molti hanno “tenuto duro” e oggi possiamo dire che una volta tanto il settore ha anticipato i tempi e si trova oggi in condizione di espandere la platea dei produttori da coinvolgere, specialmente in una fase dove la sicurezza alimentare è divenuta importante, ma non dimentichiamo che la tracciabilità documenta e certifica da quale territorio proviene il prodotto, con la nostra tracciabilità documentiamo dunque i contenuti di quel nuovo concetto di qualità che ho descritto all’inizio dell’intervista.

 

Campagna finanziata con il contributo dell'Unione Europea e dell'Italia

 

di T N