Fuori dal coro

SECONDO ORAZIO DAL CANTON IL CONTADINO E’ UNO CHE C’E’ SEMPRE

E’ giovane, dinamico, con svariati titoli di studio. La sua grande passione è nell’allevare capre di razza Saanen e Camosciata delle Alpi. Il suo lavoro lo vede protagonista anche nel mondo del vino, con il prosecco di Conegliano Valdobbiadene. E’ un ottimista, malgrado i tempi: per lui il mondo agricolo è fantastico e le associazioni di categoria impegnate

30 luglio 2005 | T N

Orazio Dal Canton è nato a Valdobbiadene, in provincia di Treviso, nel 1970, ma si è trasferito da sucito ad Alano di Piave, nel Bellunese.
Nel 1990 si è diplomato perito agrario, con specializzazione in viticoltura ed enologia, presso la Scuola enologica “Cerletti” di Conegliano.
Nel 1996 ha conseguito il titolo di tecnico enologo alla Scuola diretta a fini speciali dell’Università di Padova.
Dalla primavera del 2003 è invece dottore in relazioni pubbliche, titolo conseguito presso l’Università Iulm di Feltre.
Quanto alla sua grande passione, è dal 1985 che ha scelto di diventare un allevatore di capre da latte, di razza Saanen e Camosciata delle Alpi, nell’azienda agricola di famiglia.
Dal 1990 è invece tecnico enologo di una società agricola in Valdobbiadene, dove collabora nella promozione del prosecco di Conegliano Valdobbiadene.
Lettore di libri, trova il tempo di leggere in treno, nei suoi numerosi viaggi di lavoro in giro per l’Italia.








Da quanto tempo si occupa di agricoltura e con quali risultati?
Dal 1985, da bambino, fatta una prima pausa per capire un po’ e poi con ottimi risultati nell’allevamento della capra da latte.

E’ soddisfatto, perplesso o preoccupato?
Oggi sono soddisfatto del mio lavoro e della mia professione. Quando ho iniziato è stato difficile studiare e lavorare. Oggi studio e lavoro, ma faccio decisamente meno fatica.

Perché il mondo rurale ha perso in centralità e importanza negli ultimi decenni?
Perché molti giovani sono stati male indirizzati, proprio nel momento in cui si stavano prospettando opportunità finanziarie e di sviluppo della conoscenza del territorio.

Crede che il comparto agricolo possa restare ancora un settore primario in Italia?
Si. Oggi il nostro tempo dedicato all’agricoltura è un tempo di riflessione continua e di educazione al territorio, per nuove idee.

E lei perché ha scelto di operare in agricoltura?
Per passione verso il mondo rurale e per opportunità di vicinanza del posto di lavoro.

Un aggettivo per definire il mondo agricolo?
Fantastico.

Un aggettivo per definire invece le associazioni di categoria?
Impegnate.

Una parola d’ordine per l’agricoltura di domani?
“Che cos’è un contadino? Un contadino è uno che sta lì, insomma uno che c’è sempre”.

Se dovesse consigliare a un amico di investire in agricoltura, quale comparto produttivo suggerirebbe?
L’allevamento della capra da latte in montagna.

Un imprenditore agricolo che ritiene possa essere un modello a cui ispirarsi? Luigi, si chiamava mio padre. Mi ha trasferito l’amore per le cose semplici.

Un ministro agricolo al quale sente di esprimere pieno apprezzamento? Giovanni Alemanno, per l’impegno serio dimostrato con simpatia.

Le certificazioni di prodotto sono davvero utili al consumatore o lo confondono?
Si, sono davvero utili, per me sono un grande traguardo verso un metodo di lavoro sicuro anche per l’agricoltura.

Un libro relativo al mondo rurale che consiglierebbe di leggere?
Le porte dell’Arabia, di Freya Stark.

Un libro di narrativa, poesia o saggio che non si può non aver letto? Quando la fantasia ballava il boogie, di Goffredo Parise.

Il libro che in questo momento sta invece leggendo?
La testa degli italiani, di Beppe Severgnini.

Perché gli italiani, e gli agricoltori in particolare, non leggono?
Il tempo non è mai abbastanza. Gli agricoltori fanno fatica a decidere cosa leggere, tanto vasto è il loro interesse.

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