Fuori dal coro 22/11/2013

In Calabria un patrimonio olivicolo ancora da scoprire. Giovani, passione e cultivar ne fanno la nuova terra promessa?

E' la seconda regione olivetata italiana, nota soprattutto per l'abbondante produzione di olio lampante. Poca qualità ma molta quantità. E' però in corso un processo di rinnovamento, anche generazionale, che porta forze fresche, come Pietro Taccone. Monovarietali come Cassanese e Cannavà vanno valorizzati


Le regioni del sud Italia stanno imponendosi nel panorama olivicolo italiano. Già leader in termini quantitativi, ora vogliono fare il salto, sulla qualità.
A fare da apripista soprattutto la Sicilia, ormai qualche anno fa, con profumi e sentori che hanno tanto affascinato da dominare, per lunghi periodi, i concorsi e da scalare le classifiche nelle guide. La Puglia, da sempre, si barcamena tra l'eccellenza di alcuni suoi prodotti e il mercato dell'ammasso, la produzione di extra vergine per il commercio e l'industria.
La Calabria è stata, per tanto tempo e lo è ancora, soprattutto il bacino dell'olio lampante. Bassa qualità, prezzi modesti, buono per la rettificazione o, nell'ipotesi migliore, per qualche taglio, se trattasi di lampantino. E' una situazione che mi sembra destinata a cambiare. Vedo fermento nella regione, soprattutto grazie a una nuova generazione di imprenditori che vogliono crescere, che vogliono fare il salto di qualità e nella qualità. E' un patrimonio olivicolo ancora in larga parte inesplorato, anche da parte degli addetti ai lavori, ma le potenzialità ci sono.
Ho avuto modo di toccarne con mano in occasione del 47 Congresso Ais, ospite dello spazio Maestrod'Olio, dove ho piacevolmente reincontrato Pietro Taccone dell'Azienda Agricola M.E. Acton che mi ha deliziato con gli oli di nuova produzione.
Gli extra vergini, specie Cassanese e Cannavà, di cui Pietro ci parlerà tra poco, sono un compendio di profumi nuovi che vanno dal peperone della Cassanese, erbaceo e dolce al palato, fino ai frutti di bosco della Cannavà che in bocca sorprende però con un inaspettato amaro/amarevole.
Scegliere di fare qualità, anzi di più, di fare monovarietali in terra calabra è da sconsiderati, un po' folli, un po' visionari. Da gente fuori dal coro, insomma, come Pietro Taccone.

- Fare olio extra vergine di qualità in Calabria è così difficile?
E’ complesso, in particolar modo nella piana di Gioia Tauro dove noi operiamo.
Tra le problematiche più significative vi sono un olivicoltura secolare legata prevalentemente alla produzione di olio lampante ed un galoppante abbandono degli oliveti che comporta il proliferare delle crittogame dell’olivo tra le quali la lebbra.
Purtroppo, ancora oggi quando si parla di olio calabrese, la gente storce il naso menzionando il costume di raccogliere da terra le olive.
Ciò è dovuto al particolare patrimonio olivicolo composto da piante gigantesche che raggiungendo anche 20 mt di altezza sono difficili da gestire.
Meccanizzare una olivicoltura di questo tipo ha comportato sacrifici ed adattamenti che non tutti hanno avuto la capacità di affrontare e risolvere.
Tuttavia, esistono delle realtà anche importanti che attraverso un percorso d’innovazione hanno raggiunto risultati notevoli in termini di qualità di prodotto e si fanno valere nel panorama internazionale.

- Perchè un giovane, oggi, dovrebbe scommettere sul settore oleario? Lo consiglieresti?
E’ la passione prima di tutto. E’ il forte legame alla propria terra, alle tradizioni, alla nostra storia che ti fa avvicinare a questo mondo così totalizzante.
L’olivo è ricco di antiche simbologie, è mistico, religioso, evoca purezza e pace. Il suo olio è vivo, fresco, salutare. Inoltre, le caratteristiche organolettiche degli oli variano a seconda dei luoghi, delle cultivar, del tipo di lavorazione. E’ un mondo di diversità complesse ed affascinanti.
Se ci fosse solo questo sarebbe un settore paradisiaco.
Purtroppo, bisogna fare i conti con l’aspetto economico - commerciale che spesso non ripaga di quanto investito. Per lo più, si convive con chi sfrutta la poca conoscenza del prodotto immettendo nel mercato oli borderline (e mi sono contenuto) a discapito dei consumatori e degli stessi produttori costretti a lottare fra loro con una guerra dei prezzi.
Tuttavia, l’oleario, dall’olio da oliva ai suoi sotto prodotti, è un settore in fermento e rimango nella convinzione di aver fatto la scelta giusta a investire in ricerca per perseguire quell’eccellenza che in futuro potrebbe avere maggiori riconoscimenti.

- Non solo qualità, anche la tipicità. Scoprire una varietà locale, come la Cannavà, e valorizzarla. Perchè accollarsi costi di ricerca per un mercato che, all'apparenza, non premia?
L’azienda è stata la prima sul territorio ad iniziare la raccolta meccanica delle olive a partire dalla fine degli anni ’70.
Naturalmente la raccolta meccanica su piante di grosse dimensioni non risolve i problemi di raccolta se non al 50 %, tuttavia, quello che se ne ricava è un olio extra vergine dalle ottime caratteristiche organolettiche.
Purtroppo il restante 50% va quasi perso e questo è un lusso che nessun olivicoltore si può permettere. 
Di conseguenza, nel corso degli anni l'azienda ha piantato, in maniera sperimentale, una serie numerosa di varietà diverse dalle tradizionali, che fossero economicamente più convenienti.
Sono state provate le varietà che maggiormente presentavano  resistenza alle crittogame, poiché il territorio in questione è estremamente umido. Quindi piante dalla foglia apparentemente più coriacea che la letteratura definiva resistenti alle malattie funginee.
Inoltre, abbiamo portato avanti dei cloni locali da semenzaio che, seguiti nel tempo, hanno evidenziato una sola varietà che rispondesse alle caratteristiche di resistenza alle crittogame richieste dal territorio.
Oggi i risultati sono legati a questa varietà autoctona, da selezione gamica, che l'azienda ha chiamato Cannavà, dal nome del borgo in cui risiede, e dalla selezione di piante calabresi che hanno risposto positivamente tra cui la roggianella e la cassanese. 
Con queste varietà e con la Cannavà l'azienda ha impiantato 65 ettari che trasforma in purezza con l'ausilio di uno scuotitore con ombrello, con buone soddisfazioni economiche.
La qualità oramai è la base per entrare nel mercato. Oggi, per essere concorrenziale devi offrire un prodotto eccellente, etico, leale e tipico per valorizzare ciò che il territorio ti da. L’olio della Cannavà ne è un esempio.

- Per monovarietali molto caratteristici, come Cannavà e Cassanese, con un profilo organolettico molto "personale", trovi più favore e apprezzamenti tra gli italiani o tra gli stranieri?
Negli ultimi anni, molti miei clienti e/o appassionati d’olio sono venuti in azienda durante la fase di raccolta. Erano in prevalenza stranieri desiderosi di conoscere tutto sul processo produttivo, dalle sue prime fasi fino all’imbottigliamento, trasferendo queste nozioni al loro ritorno in patria.
Inizialmente mi meravigliavo che uno straniero sapesse riconoscere un olio in base ai suoi profili organolettici. Grassy, bitter, almond, termini per addetti ai lavori raramente usati dai tradizionali consumatori italiani, abituati da secoli agli oli che certamente nei tempi passati offrivano minore qualità, che hanno tarato il loro gusto su oli difettati o vecchi che trovano abitualmente a buon mercato al market sotto casa. Tanto l’olio è solo olio!
Tra gli stranieri, invece, questa recente sensibilizzazione sugli oli di qualità ha attecchito maggiormente, ed essendo diventato prepotentemente un nuovo alimento per la loro dieta quotidiana, l’hanno accolto con entusiasmo ed estremo interesse. Quel che un buon olio merita!
Noi abbiamo puntato sui monovarietali, in quanto riteniamo sia più gradevole offrire le singole varietà in abbinamento ai diversi piatti. La Cassanese col suo spiccato profumo di pomodoro.., la Cannavà con un sentore di frutta rossa e l’alto numero di polifenoli.., hanno riscosso maggiori consensi tra coloro i quali, italiani o stranieri indistintamente, sono appassionatamente interessati a conoscere gli oli e i loro profili sensoriali.
Come portarli su questa strada?

di Alberto Grimelli

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