Fuori dal coro 25/10/2003

IL PROFUMO E IL SAPORE DELLA TERRA SECONDO CHIARA LUNGAROTTI

Nel nostro mondo, dice, non si può fissare un giorno e tirare le somme. L'evoluzione è continua. Occorre che tutti acquisiscano la consapevolezza delle potenzialità del mondo agricolo


Si considera giustamente una "figlia d’arte", visto che l’attività imprenditoriale l’ha respirata fin da bambina, seguendo il padre Giorgio Lungarotti in cantina, nell'azienda agraria e in tutte le altre attività del Gruppo. Effettivamente i Lungarotti hanno trasformato il territorio di Torgiano da un’economia agricola promiscua a un modello di filiera vitivinicola, olivicola e turistica a livelli internazionali.

Dalla madre Maria Grazia, fondatrice e direttrice del Musei del Vino, del Museo dell’Olivo e dell’Olio e della Fondazione Lungarotti, ha invece appreso il ruolo fondamentale che questi prodotti hanno avuto nello sviluppo dell’economia, della storia, della cultura e dell’arte italiana in generale e, in particolare, di quella umbra.

Infine, dalla sorella Teresa, ha imparato l’approccio “femminile” al mondo del vino, inteso come entusiasmo e cura del dettaglio in tutto il processo di filiera.

Chiara Lungarotti si è laureata in Agraria all’Università di Perugia, con specializzazione in “Viticoltura”, ma già prima, all’inizio degli anni ’90, era entrata in azienda con varie responsabilità.




Da quanto tempo si occupa di agricoltura e con quali risultati?
Sono entrata in azienda quando frequentavo il secondo anno della Facoltà di Agraria. L’impegno, sin da allora, è stato forte e i risultati in linea con l’impegno profuso. Nel nostro mondo non si può fissare un giorno e tirare le somme, l’evoluzione è continua.

E’ soddisfatta, perplessa o preoccupata?
Senza dubbio soddisfatta per l’attività dell’Azienda e per le risposte del mercato. Preoccupata per il quadro agricolo internazionale, al di fuori del comparto vitivinicolo, che ci si prospetta.

Perché il mondo rurale ha perso di centralità e importanza negli ultimi decenni?
Con l’abbandono delle campagne vissuto negli anni Cinquanta e Sessanta, motivato dal miraggio "città" e dal lavoro in fabbrica, abbiamo assistito a totali salti generazionali e la campagna ha perso valore. Oggi sta cambiando tutto e si percorre la strada inversa. Mio padre in quegli anni diversificò l’attività agricola, trasformando la nostra azienda da promiscua a vitivinicola specializzata. La nostra famiglia non ha mai perso di vista la centralità della campagna.

Crede che il comparto agricolo possa restare ancora un settore primario in Italia?
Tutto è legato alle produzioni di qualità, ma quante ce ne sono, e in quanti settori?

E lei perché ha scelto di operare in agricoltura?
Nella mia famiglia si è sempre parlato della "terra", mi piace; sono cresciuta con lei e oggi penso di essere un'imprenditrice agricola che sente e conosce il profumo e il sapore della terra.

Un aggettivo per definire il mondo agricolo?
Sottostimato. Dovremmo lavorare tutti di più per sviluppare maggiormente la consapevolezza delle straordinarie potenzialità che questo comparto ha.

Un aggettivo per definire invece le associazioni di categoria?
Utilissime.

Una parola d’ordine per l’agricoltura di domani?
Consapevolezza.

Se dovesse consigliare a un amico di investire in agricoltura, quale comparto produttivo suggerirebbe?
Lo inviterei a studiare bene il territorio dove ha intenzione di avviare l’attività, dedicandosi alla produzione di una tipicità reale, andando alla ricerca di caratteristiche di unicità di quel prodotto, che possano racchiudere in esso qualcosa di più della pura e semplice attività mercantile, contribuendo alla valorizzazione del territorio stesso.

Un imprenditore agricolo che ritiene possa essere un modello a cui ispirarsi?
Nel mio lavoro mi ispiro a mio padre Giorgio, mi ha trasferito tutto l’amore per la terra che era in lui e l’idea fissa di lavorare per la valorizzazione del territorio. Io continuo in questa direzione, sperando di avere le stesse capacità di vivere il presente e di guardare il futuro.

Un ministro agricolo al quale sente di esprimere pieno apprezzamento?
Ne cito due. Il Ministro Alemanno, per l’ottimo lavoro che sta facendo in prima persona e per i risultati che ha già ottenuto, andati a beneficio di tutto il comparto agricolo. Il suo predecessore, Paolo De Castro, che da grande tecnico del settore ha sempre agito con assoluta cognizione di causa.

Le certificazioni di prodotto sono davvero utili al consumatore o lo confondono?
Sono utili al consumatore e al produttore e per questo sento la necessità di una attenta e continua opera di comunicazione. Verso il produttore, che deve capire che produrre, ad esempio, un olio Dop, qualifica il suo lavoro; verso il consumatore, che deve comprendere le certezze agroalimentari che derivano dall’acquistare un prodotto certificato.

Un libro relativo al mondo rurale che consiglierebbe di leggere?
Il De re rustica di Columella, ancora oggi straordinariamente attuale.

Un libro di narrativa, poesia o saggio che non si può non aver letto?
La ricerca del tempo perduto di Marcel Proust.

Il libro che in questo momento sta invece leggendo?
Vista l’origine di mio marito, sto leggendo La Storia di Siena.

Perché gli italiani, e gli agricoltori in particolare, non leggono?
Non sono affatto convinta che gli agricoltori e gli italiani non leggano. Il problema sta forse nel "cosa" leggono. I ritmi sono tali che spesso ci troviamo a leggere riviste specializzate…

di T N