Fuori dal coro 26/03/2005

E' CRESCIUTO RESPIRANDO L'ODORE DELLA TERRA E HA NOME GIUSEPPE SANSONI

I suoi avi si occupavano di agricoltura gestendo una vasta tenuta a Nepi, nel Viterbese. Lui ha trasformato l'azienda di famiglia in una realtà dinamica e decisamente imprenditoriale. Dopo aver acquistato dodici anni fa una mandria di undici charolaise e un toro, ora ha un allevamento di circa duecento capi. Il suo credo è l'innovazione e in cantiere ha molti progetti


E' quarantenne. E' sposato con Olivia e ha una figlia di nome Carolina. Lui si chiama Giuseppe ed è figlio d’arte. E' cresciuto respirando l’odore della terra. Sin da tempi remoti i suoi avi si occupavano di agricoltura gestendo la vasta tenuta di famiglia nel territorio di Nepi, in provincia di Viterbo. Giovanissimo ha iniziato ad occuparsi personalmente di agricoltura trasformando l’azienda di famiglia in una realtà dinamica e imprenditoriale. Dodici anni fa ha acquistato in Francia una prima mandria di undici charolaise e un toro. Oggi l’allevamento è composto da circa 200 capi e rappresenta un punto di riferimento per tutto il territorio viterbese.
Crede molto nella diversificazione dell’attività agricola come vera opportunità dell’agricoltura moderna. Con la moglie è stato un pioniere delle fattorie didattiche in Italia. Oggi, insieme, stanno implementando con successo forme innovative di commercializzazione dei prodotti aziendali. In cantiere molti progetti per il futuro non ultimo anche quello di sviluppare un’attività agrituristica.




Da quanto tempo si occupa di agricoltura e con quali risultati?
La mia famiglia è da generazioni impegnata nell’agricoltura. Proprietari terrieri di vecchio stampo, a casa Sansoni si diceva “terra finché vedi, tetto finché copri”. Mio padre Enzo mi ha trasmesso l’amore per la terra e lo spirito imprenditoriale. Per la mia formazione è stato comunque fondamentale aver conosciuto da ragazzo realtà agricole del nord Italia molto avanzate rispetto alle nostre. Appena è stato possibile ho reso la mia azienda una realtà imprenditoriale in cui il rispetto per il territorio e l’ambiente sono dei valori portanti.

E’ soddisfatto, perplesso o preoccupato?
Preoccupato perché vedo che far quadrare i conti è sempre più difficile. Per usare una frase che ormai ricorre spesso, i fornitori li pago in Euro mentre i miei prodotti sono ancora pagati in lire!

Perché il mondo rurale ha perso in centralità e importanza negli ultimi decenni?
E’ un problema politico attribuibile in buona parte alla scelta fatta agli albori dell’unione europea in cui fu deciso di essere una nazione industriale e di puntare quindi sul terziario. Il punto è che oggi, siamo in posizione di fanalino di coda in Europa e abbiamo ormai disinvestito sul comparto agricolo.

Crede che il comparto agricolo possa restare ancora un settore primario in Italia?
Penso che di fatto non sia già così primario, per diventarlo bisognerebbe investire in formazione e in parte accettare un cambiamento culturale.

E lei perché ha scelto di operare in agricoltura?
E’ stato sempre un grande amore, una sorta di scommessa, nel momento in cui tutti abbandonavano. Una sfida anche culturale nel voler reimpostare con una mentalità innovativa l’attività di famiglia.

Un aggettivo per definire il mondo agricolo?
Fermo, scoraggiato!

Un aggettivo (equilibrato, non offensivo e neppure esaltatorio) per definire invece le associazioni di categoria?
Utili, l’unione da sempre fa la forza!

Una parola d’ordine per l’agricoltura di domani?
Imprenditorialità, coraggio e determinazione!

Se dovesse consigliare a un amico di investire in agricoltura, quale comparto produttivo suggerirebbe?
Consiglierei di investire in nocciole, oggi vanno benissimo ed è un prodotto che può puntare anche su aspetti di qualità.

Un imprenditore agricolo che ritiene possa essere un modello a cui ispirarsi?
Serafino Feruzzi, il patriarca, figlio di agricoltori ha creato con l’ausilio della sua tenacia e della sua capacità uno dei più grossi gruppi agroalimentari del paese.

Un ministro agricolo al quale sente di esprimere pieno apprezzamento?
Paolo De Castro, ritengo sia un ottimo tecnico con un notevole patrimonio di competenze specifiche che per tale incarico non guastano.

Le certificazioni di prodotto sono davvero utili al consumatore o lo confondono?
La strada delle certificazioni assolve l’importante compito di garantire la tipicità e la qualità dei nostri prodotti tradizionali, l’unica strada percorribile per il futuro dell’agricoltura italiana anche e soprattutto nella prospettiva di dover rinunciare ai contributi comunitari. La razionalizzazione delle varie sigle aiuterebbe invece il consumatore a percepire meglio il valore aggiunto dei prodotti certificati.

Un libro relativo al mondo rurale che consiglierebbe di leggere?
Fontamara, di Ignazio Silone, l’ho letto molti anni fa, quando ero alle superiori e mi colpì lo spaccato realistico della realtà rurale dei primi del ‘900.

Un libro di narrativa, poesia o saggio che non si può non aver letto?
Il gattopardo, di Tommasi di Lampedusa

Il libro che in questo momento sta invece leggendo?
La zia Marchesa, di Simonetta Agnello Hornby.

Perché gli italiani, e gli agricoltori in particolare, non leggono?
La lettura è il risultato di una esperienza educativa che inizia nella primissima infanzia. Chi ha mosso i primi passi tenendosi alle biblioteche di famiglia o girando in una libreria con i genitori, nella vita difficilmente farà a meno di una buona lettura. Se però non si ha avuto questa fortuna, la scuola in primo luogo e in seguito le istituzioni, dovrebbero essere gli iniziatori di quello che io definisco un vero e proprio stile di vita. La scuola oggi non è ancora in grado di assolvere a questo compito e, nelle località rurali, dove anche l’uso corretto della nostra lingua italiana spesso non è così scontato, questo fenomeno risulta amplificato.

di T N