Fuori dal coro

GRAZIELLA PEZZI, UNA "FIGLIA D'ARTE" CRESCIUTA TRA LE VIGNE

Mantengo fisso il concetto della ricerca continua della qualità, puntualizza. L'eccellenza nasce in campo. Occorre però una dedizione totale

11 ottobre 2003 | T N



Graziella Pezzi ha compiuto studi umanistici, ma dopo un breve periodo dedicato all’insegnamento ha preferito affiancare i genitori nella gestione dell'azienda “Fattoria Paradiso” a Bertinoro, in Romagna. La struttura, risalente al 1400, ha dato tra l’altro i natali a Marco Palmezzano, pittore rinascimentale discepolo del Melozzo da Forlì.
La Pezzi ha ristrutturato e ampliato i musei aziendali del Vino, della Civiltà Contadina, dell’Auto e Moto d’epoca, della Bottiglia, del Cavatappi, ma anche la raccolta di stampe antiche sul vino e la Quadreria.Da sempre convinta promotrice della formula "cantine aperte", è attiva promotrice del turismo del vino divenuto oggi ricorrente filosofia dell'imprenditoria del settore. Molti gli impegni e gli incarichi ricoperti. Ne citiamo solo alcuni. E’ presidente della delegazione Romagna dell'associazione "Donne del Vino” e ideatrice del Premio “Paradiso International Award”, un concorso internazionale di musica cameristica contemporanea rivolto ai giovani compositori. L’Università di Oradea, in Romania, le ha invece conferito la laurea Honoris Causa in Economia commercio e Scienze manageriali; e per lo stesso ateneo è stata peraltro nominata professore ordinario.


- Da quanto tempo si occupa di agricoltura e con quali risultati?
- “Da sempre. Sono una figlia d’arte cresciuta fra le vigne di cui porto sempre con me i caldi colori autunnali il sensuale e dolce sapore dei grappoli, l’inebriante sapore del mosto. La mia azienda vitivinicola e agrituristica negli ultimi quindici anni si è trasformata e ampliata: sono ottantacinque ettari di vigneto, cinque di uliveto, con cascine per l’agriturismo, musei, impianti sportivi e ristorazione. Mantengo fisso il concetto della ricerca continua della qualità e dell’eccellenza. Il vino buono si fa nel vigneto, progettandolo dalla scelta del terreno, dei ceppi, dei porta innesti, dalla configurazione dei filari e… sempre con cura amorevole e dedizione totale”.

- E’ soddisfatta, perplessa o preoccupata?
- “Sono molto soddisfatta. Produco 650 mila bottiglie l’anno, di cui la metà è destinata al mercato estero. La mia azienda funziona e mi gratifica soprattutto svolgere un’attività che mi piace”.

- Perché il mondo rurale ha perso di centralità e importanza negli ultimi decenni?
- “Credo che negli ultimi tempi ci sia stata invece un’inversione di tendenza. Noto grande interesse verso il mondo agricolo, sia da parte dei politici e dei media, sia da parte dei consumatori più preparati e consapevoli”.

- Crede che il comparto agricolo possa restare ancora un settore primario in Italia?
- “Sicuramente si. Avrà sempre maggiore importanza per la tipicità, la diversificazione delle produzioni offerte, la specializzazione e la peculiarità dei prodotti, ma anche per gli aspetti salutistici della dieta mediterranea, oramai universalmente conosciuti. I nostri vini, i formaggi, gli ortaggi non temono confronti,salvaguardiamoli e saremo vincenti anche economicamente contro l’omologazione del villaggio globale”.

- E lei perché ha scelto di operare in agricoltura?
- “Perché amo la mia terra, le sue tradizioni, la civiltà contadina; e mi piace veder crescere le mie vigne e raccoglierne i frutti, copiosi. Perché il mondo del vino mi affascina. Credo nel binomio donna e vino. Il vino è piacere e l’edonismo e il piacere sono qualità prettamente femminili, naturalmente supportate da impegno totale nel lavoro, da caparbietà, grande senso di sacrificio, fantasia e creatività”.

- Un aggettivo per definire il mondo agricolo?
- “Vitale, per l’importanza sociale che ricopre; ma anche perché vivo, vivace, effervescente, ricco di idee, in costante evoluzione”.

- Un aggettivo per definire invece le associazioni di categoria?
- “Necessarie”.

- Una parola d’ordine per l’agricoltura di domani?
- “Qualità. Qualità estrema e, in particolare, nel mondo della viticoltura, zonazione”.

- Se dovesse consigliare a un amico di investire in agricoltura, quale comparto produttivo suggerirebbe?
- “Quello che lo appassiona maggiormente e per il quale si ritiene più preparato”.

- Un imprenditore agricolo che ritiene possa essere un modello a cui ispirarsi?
- “Nella mia regione, i miei genitori che, negli ultimi 50 anni, hanno scritto le più belle pagine della storia della Romagna dei vini. Mio padre, un ricercatore lungimirante e acuto, ma anche un poeta, che salvò dall’estinzione antichi vitigni che per suo merito ebbero la Doc Cagnina e Pagadebit; creò la prima riserva di Sangiovese in purezza il 'Vigna delle Lepri' e scoprì quell’uva superba che chiamò 'Barbarossa' che offre un grandissimo rosso, di grande stoffa e struttura, dai profumi intensi e di longevità unica. Mia madre, un’antesignana delle donne del vino, mi ha insegnato lo spirito di dedizione al lavoro, l’orgoglio e l’amore per la mia terra. Angelo Gaia, amico di mio padre, è sempre stato per me un maestro, un esempio e un modello cui ispirarmi. Un imprenditore che ha saputo leggere e interpretare il proprio terroir sfruttandone al meglio le potenzialità, unendo alla ricerca della qualità, la cultura e una grande capacità di intraprendere”.

- Un ministro agricolo al quale sente di esprimere pieno apprezzamento?
- “Per il passato il ministro Marcora: un imprenditore agricolo che conosceva perfettamente le problematiche del settore e rispondeva prontamente alle aspettative degli agricoltori italiani. Oggi apprezzo moltissimo il lavoro dell’attuale ministro Alemanno, tecnico preparato e persona squisita”.

- Le certificazioni di prodotto sono davvero utili al consumatore o lo confondono?
- “Sono utili comunque”.

- Un libro relativo al mondo rurale che consiglierebbe di leggere?
- “Origini della vite e della viticoltura di Mario Fregoni”.

- Un libro di narrativa, poesia o saggio che non si può non aver letto?
- “Gliene elenco tre. La Bibbia, il Trattato sulla Tolleranza di Voltaire e la Divina Commedia”.

- Il libro che in questo momento sta invece leggendo?
- “Durante le vacanze riesco a leggere anche qualcosa di diverso da trattati o riviste di viticoltura ed enologia. Ho letto ultimamente il primo libro scritto da Agata Cristy, che mi mancava; Undici minuti di Paulo Choelo; e ho riletto La mia Africa. In questi giorni sto rileggendo l’Artusi, il libro di ricette del medico-gastronomo nato a Forlimpopoli a fine ‘800. Sto cercando di selezionare alcune delle sue ricette, rielaborandole e alleggerendole, per adattarle al gusto e alla vita di oggi, per offrirle in degustazione agli ospiti della 'Locanda Gradisca', il mio ristorante aziendale”.

- Perché gli italiani, e gli agricoltori in particolare, non leggono?
- “Non è del tutto vero, forse un tempo. Oggi le donne imprenditrici agricole, per esempio, sono molto preparate e motivate, con una buona base culturale e notevoli conoscenze imprenditoriali. Sono curiose e, comunque, desiderose d’informazione, di ricerca, d’innovazione; nelle loro aziende organizzano convegni e vari eventi culturali. Non dimentichiamo poi i giovani agricoltori, che sono solitamente ragazzi colti, nella grande maggioranza laureati che, soprattutto nel mondo del vino, partecipano a master, corsi d’aggiornamento, facendo periodi di esperienza in varie aziende del mondo prima di iniziare la loro attività; credono nell’associazionismo, sanno parlare in pubblico, presentare i loro prodotti alla stampa, ai convegni e alle tavole rotonde, sono curiosi e divorano libri e riviste del settore”.

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