Fuori dal coro

Formazione, innovazione, qualità. Non ci sono altre vie

Angelo Valluzzi e la sua passione per l’olio hanno permesso all’olivicoltura lucana di emergere, la cultivar Majatica quale punto di riferimento. E’ soddisfatto per i risultati conseguiti, ma ugualmente preoccupato perché la gente vuole spendere sempre meno

21 aprile 2012 | T N

Angelo Valluzzi, lucano, di San Mauro Forte, in provincia di Matera, è conosciuto per il suo olio extra vergine di oliva monocultiva Majatica. Si occupa di olio da sempre. Dal 1956 il Frantoio Oleario Valluzzi opera nell’ambito di un territorio vocato alla qualità, in un piccolo paese che si staglia su una collina posta a circa 565 metri sul livello del mare.


Da quanto tempo si occupa di agricoltura e con quali risultati?

Da dodici anni, anche se si può dire che sono nato in frantoio. Infatti sin da piccolo mi recavo in frantoio a trovare mio padre e ci rimanevo per molto tempo. Ero affascinato dai profumi di olio che si percepivano nell’aria. Per quantpo riguarda i risultati? Con ottimismo, direi buoni in generale.

 

E’ soddisfatto, perplesso o preoccupato?

Soddisfatto. Perché quello che faccio per me è una passione. Sono tuttavia preoccupato perché di questi tempi la gente vuole spendere sempre di meno, e noi che produciamo olio di altissima qualità abbiamo difficoltà nel proporre i nostri prodotti a prezzi più alti.

 

Perché il mondo rurale ha perso in centralità e importanza negli ultimi decenni?

Lo spopolamento, l’abbandono della campagne, il ricambio generazionale che non c’è, le politiche volte all’industria e non all’agricoltura hanno contribuito a far perdere l’importanza dell’agricoltura soprattutto al sud.

 

Crede che il comparto agricolo possa restare ancora un settore primario in Italia?

Deve restare un settore primario per storia, cultura e tradizione.

 

E lei perché ha scelto di operare in agricoltura?

Per me è pura passione, e poi cerco di valorizzare tutto il patrimonio storico-culturale che abbiamo ereditato.

 

Un aggettivo per definire il mondo agricolo?

Confuso. Faticoso.

 

Un aggettivo per definire invece le associazioni di categoria?

Non vorrei definirle.

 

Una parola d’ordine per l’agricoltura di domani?

Tre: formazione, innovazione, qualità.

 

Se dovesse consigliare a un amico di investire in agricoltura, quale comparto produttivo suggerirebbe?

Quella che più si avvicina alle caratteristiche pedoclimatiche del proprio territorio.

 

Un imprenditore agricolo che ritiene possa essere un modello a cui ispirarsi?

Non ne ho.

 

Un ministro agricolo al quale sente di esprimere pieno apprezzamento?

Le problematiche del settore sono evidenti, ma fino ad ora nessuno mi ha soddisfatto.

 

Le certificazioni di prodotto sono davvero utili al consumatore o lo confondono?

Sì, ma devono essere chiare e ben specificate. Però bisogna anche educare il consumatore.

 

Un libro relativo al mondo rurale che consiglierebbe di leggere?

Cristo si è fermato a Eboli, di Carlo Levi.

 

Un libro di narrativa, poesia o saggio che non si può non aver letto?

I promessi sposi.

 

Il libro che in questo momento sta invece leggendo?

Sogno di una notte di mezza estate.

 

Perché gli italiani, e gli agricoltori in particolare, non leggono?

Gli agricoltori del passato erano troppo stanchi per leggere. Quelli del presente pensano di sapere tutto e passano il tempo alla tivvu.

 

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