Fuori dal coro 07/01/2012

Il mondo dell’olio ha ancora molto da imparare

Il mondo dell’olio ha ancora molto da imparare

In Toscana Paolo di Gaetano con la sua Oliveto Fonte di Foiano punta sull’alta qualità a prezzi accessibili. “I risultati in agricoltura sono direttamente proporzionali all’impegno messo e molte volte non percebili nel breve termine, bisogna perseverare – dice – e crederci”


Nato a Milano nel 1973, Paolo di Gaetano si è trasferito in Toscana nel 1979, per una scelta di vita dei genitori. Nel frattempo sono stati ripristinati i vecchi olivi secolari, mettendo in essere, in un secondo momento, il primo frantoio aziendale. Dopo aver frequentato la scuola alberghiera, ha alternato fino a 26 anni la stagione estiva in cucina alla stagione invernale in frantoio. Un’autentica passione, tanto che a 27 anni ha iniziato a condurre a tempo pieno insieme con il fratello l’azienda Oliveto Fonte di Foiano, a Castagneto Carducci

Assaggiatore professionale, fa parte del Panel di Assaggio della Camera di Commercio di Livorno. “Negli ultimi dieci anni – dice – abbiamo fatto molte scelte radicali, nelle fasi di produzione e gestione dell’azienda, scelte che ora stanno dando buoni frutti”.

Attualmente la sua azienda è a filiera produttiva completa ed esporta in circa quattordici Paesi, oltre a essere presente in molti punti vendita importanti in Italia.

La politica aziendale cui si ispira è quella della massima qualità possibile dell’olio, puntando nel contempo alla vendita a prezzi accessibili ai consumatori.

Paolo di Gaetano ha passione, e lo si scorge sia nella bontà dei suoi oli, sia nelle sue affermazioni, chiare ed esplicite. “La massima qualità – tiene a precisare – è da intendere come un obbiettivo mai raggiungibile, ma solo perseguibile di anno in anno, influenzata com’è da una serie complessa di variabili climatiche e non. Con l’esperienza e la pratica – aggiunge – si cerca di fare sempre meglio, soprattutto mettendosi a confronto con gli altri, cerco di crescere e capire là dove è possibile migliorare”. E il mondo dell’olio? “Siamo solo all’inizio, abbiamo ancora moltissimo da imparare”.

 


Da quanto tempo si occupa di agricoltura e con quali risultati?

Sono nell’azienda agricola di famiglia da sempre, ma ho iniziato a occuparmi a tempo pieno da circa quindici anni, mentre prima ero presente solo nel momento della frangitura e della potatura. I risultati in agricoltura sono direttamente proporzionali all’impegno messo e molte volte non percebili nel breve termine, bisogna perseverare e crederci, poi il resto viene da sè.

 

E’ soddisfatto, perplesso o preoccupato?

Preoccupato, perché il consumatore italiano non riesce a capire che quando fa la spesa il 90% che compra è prodotto in Paesi esteri. Dovrebbe guardare di più al prodotto italiano ed essere disposto a pagare qualcosa di più, magari rinunciando a qualcosa di futile, perché sull’alimentazione non si piò transigere. La salute di una persona è lo specchio di ciò che si mangia. Inoltre, le istituzioni non sono mai presenti, e non capiscono il valore della tutela ambientale dell’agricoltura.

 

Perché il mondo rurale ha perso in centralità e importanza negli ultimi decenni?

Perché è faticoso e necessita di tempi lunghi per il ritorno dei capitali investiti, e a volte – va detto – la natura non perdona, anche se ripaga con una qualità di vita superiore e con soddisfazioni enormi, quando arrivano.

 

Crede che il comparto agricolo possa restare ancora un settore primario in Italia?

Dovrà per forza rimanere un settore primario, anzi deve rafforzarsi. L’Italia non ha materie prime come il petrolio, l’oro o i diamanti. E’ un paese manifatturiero, e l’agricoltura occupa gran parte del territorio. Abbiamo una potenzialità agricola unica al mondo, e possiamo produrre praticamente di tutto. Credo che l’agricoltura sia tra le poche realtà capaci di tenere alto il valore dell’Italia. Per cosa siamo famosi nel mondo? Per il vino, l’olio, la pasta, il pomodoro, la pizza…

 

E lei perché ha scelto di operare in agricoltura?

Credo che sia più una vocazione che una scelta. Ti innamori di qualcosa e lo porti avanti fino in fondo. Fare agricoltura è uno stile di vita e bisogna essere pronti a sacrifici enormi.

 

Un aggettivo per definire il mondo agricolo?

Abbandonato.

 

Un aggettivo per definire invece le associazioni di categoria?

Preferisco non rispondere.

 

Una parola d’ordine per l’agricoltura di domani?

Ci vogliono più giovani in agricoltura.

 

Se dovesse consigliare a un amico di investire in agricoltura, quale comparto produttivo suggerirebbe?

Olivicoltura, naturalmente! Ma sono un po’ di parte…

 

Un imprenditore agricolo che ritiene possa essere un modello a cui ispirarsi?

Al momento non conosco nessuno, spero in futuro di trovare un modello da seguire.

 

Un ministro agricolo al quale sente di esprimere pieno apprezzamento?

Passiamo alla prossima domanda.

 

Le certificazioni di prodotto sono davvero utili al consumatore o lo confondono?

Possono essere utili ma dovrebbero essere meno burocratiche e cavillose. Certificare non deve essere un ostacolo, ma un aiuto. Ci vuole celerità, e disponibilità.

 

Un libro relativo al mondo rurale che consiglierebbe di leggere?

Le regole della casa del sidro. Descrive bene le condizioni di vita di un tempo dei lavoratori stagionali in agricoltura, condizioni che in molti Paesi non sono certo cambiate.

 

Un libro di narrativa, poesia o saggio che non si può non aver letto?

La Divina commedia.

 

Il libro che in questo momento sta invece leggendo?

Al momento nulla.

 

Perché gli italiani, e gli agricoltori in particolare, non leggono?

Perché non ci viene insegnato a scuola. Purtroppo bisogna invogliare la gente alla lettura, non farla scappare. Ci vorrebbe molto poco.

 

di T N

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