Fuori dal coro 30/10/2004

FABRIZIA CUSANI, IL FASCINO DI UNA FAVOLA CHE DIVENTA REALTA'

E’ una intellettuale che ama scendere in campo. Ha grandi progetti e ritiene l’agricoltura una fondamentale scelta di vita. La visione bucolica va però superata con una mentalità imprenditoriale saggia e competitiva, aperta ai mercati internazionali. Molto lavoro e tanta passione, nel nome della qualità


Fabrizia Cusani, laureata a Napoli in Architettura, è stata per molti anni docente di Urbanistica alla Facoltà di Architettura dell’Università La Sapienza di Roma.
Ha diretto la Nuova Edizioni del Gallo, casa Editrice di narrativa e saggistica. Si occupa di cinema e fiction come story editor e autrice di soggetti.
Ha scritto libri e pubblicato saggi sulle più importanti riviste di Urbanistica.
Come imprenditore agricolo si occupa della propria azienda, L’Olivaia, e del Frantoio della Tuscia, azienda di famiglia.



Da quanto tempo si occupa di agricoltura e con quali risultati?
Ho cominciato dodici anni fa con un giardino di olivi. Oggi ho un’azienda ad agricoltura biologica certificata da IMC con 7.000 piante che conosco una ad una, le seguo nella crescita e nello sviluppo con l’aiuto di un intelligente agronomo. Il mio obiettivo è una azienda moderna che unisca tradizione e innovazione per un prodotto di alta qualità. Il lavoro parte dalla cura delle piante e del frutto e si conclude con il processo di produzione dell’olio extra vergine e il lavoro di marketing e commercializzazione. Insomma tutta la filiera.

E’ soddisfatta, perplessa o preoccupata?
Sono soddisfatta perché è stata una scelta di vita insieme al desiderio di costruire un’azienda che potesse vivere oltre me. L’obiettivo è stato raggiunto e sono soddisfatta dei miei oli; sono perplessa perché un’azienda deve crescere e svilupparsi ma in Italia vi è una insufficiente attenzione nei confronti di questo nostro prodotto. E delle aziende che lo fanno; sono preoccupata perché norme e leggi ci costringono a produrre carta! Oltre che olio.

Perché il mondo rurale ha perso in centralità e importanza negli ultimi decenni?
Perché è un settore da sempre sostenuto da contributi statali ed europei e non ha ancora una vera valenza imprenditoriale. Con la fine dell’integrazione sull’olio, per esempio, si potrebbe avere un tracollo dei piccoli produttori. E comunque assisteremo ad una riorganizzazione della produzione e forse, allora, si affermerà il principio imprenditoriale per una agricoltura che non può mantenere un ruolo “bucolico” ma deve attrezzarsi per essere competitiva.

Crede che il comparto agricolo possa restare ancora un settore primario in Italia?
Nell’attuale situazione credo sia difficile ma non avendo noi un secondario che tira ed avendo un terziario-quaternario non “moderno” dovremo capire che la nostra agricoltura può svilupparsi ma solo alla condizione di puntare sulla qualità, su una nuova mentalità imprenditoriale e soltanto lavorando per i mercati internazionali.

E lei perché ha scelto di operare in agricoltura?
Perché a volte la vita porta a scelte di cui spesso non si hanno ragioni per definirle. Ed è meglio così.

Un aggettivo per definire il mondo agricolo?
Difficile ma affascinante.

Un aggettivo per definire invece le associazioni di categoria?
No comment.

Una parola d’ordine per l’agricoltura di domani?
Più tradizione, più innovazione, più imprenditorialità.

Se dovesse consigliare a un amico di investire in agricoltura, quale comparto produttivo suggerirebbe?
Quello che piace perché senza passione non si va lontano! L’agricoltura non è un settore di facili e rapidi guadagni ma può cambiarti la vita. Il mio consiglio è…l’olio!

Un imprenditore agricolo che ritiene possa essere un modello a cui ispirarsi?
Non ne conosco molti perché sono nuova del settore ma penso che il modello debba essere molto lavoro e molta passione. E una competenza onesta.

Un ministro agricolo al quale sente di esprimere pieno apprezzamento?
Non so. Nel settore olivicolo hanno operato molto poco. Adesso mi pare che il ministro attuale e il sottosegretario Delfino si stiano dando da fare: aspettiamo a vedere cosa cambia e come: ma per esprimere un apprezzamento bisogna attendere i risultati.

Le certificazioni di prodotto sono davvero utili al consumatore o lo confondono?
Sono utili quando contribuiscono a garantire la qualità.

Un libro relativo al mondo rurale che consiglierebbe di leggere?
Vino, patate e mele rosse di Joanne Harris: il fascino di una favola.

Un libro di narrativa, poesia o saggio che non si può non aver letto?
Del mio settore leggo solo libri specialistici per imparare e per migliorare la mia azienda, per il resto potrei fare l’elenco se ne avessi lo spazio. Io leggo molto, sia narrativa che saggi, e penso che non è solo uno il libro che non si può non aver letto. Non credo alla biblioteca universale, penso che il rapporto con il libro sia una delle poche cose rimaste veramente private per la confidenza che si stabilisce tra il lettore e la pagina. E poi un libro è spesso legato a momenti della vita, allo stato d’animo che provoca, ai pensieri che sollecita. Insomma ognuno scelga liberamente i propri ispiratori, le proprie storie, le proprie emozioni.

Perché gli italiani, e gli agricoltori in particolare, non leggono?
Perchè leggere è un’abitudine, è un bisogno, forse un lusso. Gli italiani leggono poco e i motivi sono tanti, primo fra tutti l’educazione al fascino della lettura che si impara da piccoli. Nelle case degli italiani ci sono pochi libri e questo è uno dei motivi per cui i bambini non se ne innamorano. Il mondo agricolo è innanzi tutto un mondo contadino in cui la cultura si tramanda ancora oggi per via orale.

di T N