Emozioni di gusto 21/03/2014

Dai tempi di Catullo ai giorni nostri: extra vergine da secoli

Quando il territorio, la storia, le cultivar autoctone, le conoscenze agronomiche e la passione si incontrano per produrre una Dop da manuale


“Paene insularum, Sirmio, insularumque ocelle, quascumque in liquentibus stagnis marique vasto fert uterque Neptunus, …”

Devo dire la verità: quando mi son trovato davanti alla bottiglia dell’olio di Catullo con gli amici dell’ A.i.p.o.l. (Associazione Interprovinciale Produttori Olivicoli Lombardi) questa è la prima cosa che mi è venuta in mente, come immagino potrebbe succedere alla maggior parte degli studenti (o ex) del Liceo, che avranno combattuto come me con il latino, con Catullo e la sua misteriosa amata Lesbia.

Ma lasciamo i sempre piacevoli (anche se a volte tormentanti) ricordi di gioventù e parliamo di…Catullo, iniziando dall’oliveto, che si trova sull’estremità della penisola di Sirmione, a 75 m.s.l.m., appena al di sopra della quota del lago di Garda, all’interno delle “Grotte di Catullo”, una villa romana considerata l’esempio più importante e significativo di tutto il nord Italia, costruita intorno al I secolo a.C., la cui proprietà è stata attribuita alla famiglia del veronese Gaio Valerio Catullo, gestita attualmente dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia.

L’oliveto però non è solo un contorno alle rovine, ma rappresenta un elemento fondamentale di valore ambientale e paesaggistico di tutta l’area: infatti di resti di età romana ne esistono anche di più imponenti e meglio conservati in Italia, ma ciò che rende unico questo sito è l’ambiente circostante e cioè il lago più esteso d’Italia e l’oliveto, composto da circa 1500 piante, alcune di 300-400 anni, altre di 40/50 anni.

Le varietà presenti sono ben riconoscibili per gli esemplari più recenti e sono riconducibili alle cultivar diffuse sul lago: Casaliva, Frantoio e Leccino. Le più antiche invece appartengono per la maggior parte a varietà autoctone, tra le quali è riconoscibile il Gargnà, cultivar dal portamento assurgente, dalla media vigoria e dalla chioma particolarmente espansa e folta, poco produttiva e nota per il carattere alternante, difficile da potare, che troviamo ben radicata nell’antico giardino della villa romana, denominato “il Grande Oliveto”. Le altre cultivar presenti sono di difficile identificazione perché presentano caratteristiche molto diverse rispetto a quelle autoctone censite.

L’oliveto era abbandonato da tempo: le piante erano eccessivamente alte, senza una razionale forma di allevamento, invase da infestanti, da anni improduttive; lo stato nutrizionale era insufficiente, con una carenza diffusa di boro che rischiava di compromettere la sopravvivenza delle piante stesse. Grazie ad un coraggioso progetto di recupero dell’ A.i.p.o.l., che ha coinvolto la Cooperativa Sociale la Cascina di Desenzano, l’oliveto è stato pian piano risanato, razionalizzato, potato, nutrito, cercando di mantenere intatto (ove possibile) il tronco in quanto testimonianza storica delle singole piante. Tanto amore per il proprio territorio, ottime conoscenze agronomiche, tanta pazienza con… i turisti (parte dell’oliveto si trova sul percorso aperto al pubblico e questo ha condizionato molto il modus operandi) alla fine hanno dato un risultato: Catullo, extravergine D.o.p. Garda Bresciano. Un olio il cui colore ricorda i caldi tramonti estivi sul lago di Garda, che ci accoglie al naso come fosse un mazzo di erbe aromatiche tra cui spicca un netto profumo di rosmarino (dovuto all’alta percentuale di Gargnà presente). In bocca un corpo ben strutturato e deciso, con note equilibrate e piacevoli di amaro e piccante, nel quale si ritrovano le erbe aromatiche sentite al naso che si evolvono in sentori speziati che ricordano lo zafferano, lasciando alla fine dell’assaggio la bocca gradevolmente pulita.

Ottimo lavoro quello della Cooperativa Sociale la Cascina di Desenzano, che dal 1990 opera per favorire l’inserimento lavorativo di persone con disabilità o in stato di svantaggio sociale, che ha saputo mettere sul mercato un prodotto unico nel suo genere (l’olio di Catullo), realizzato con cultivar autoctone (Gargnà, Casaliva,…) e storicamente presenti sul territorio (“il Grande Oliveto” della villa), grazie all’impegno di persone che spesso il mondo del lavoro considera inadeguate ed alla consulenza dell’ A.i.p.o.l.: un insieme di energie, di passioni, di amore per il territorio e rispetto per le cultivar, di conoscenze agronomiche e di manualità che possono essere prese come esempio.


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