Emozioni di gusto 01/02/2024

Oltre alla Nocellara del Belice c'è di più, alla scoperta delle varietà minori di olivo siciliane

Oltre alla Nocellara del Belice c'è di più, alla scoperta delle varietà minori di olivo siciliane

Tonda Iblea e Nocellara del Belice rappresentano probabilmente le varietà più conosciute ma Moresca, Rizza, Crastu sono la nuova frontiera degli oli extra vergini di oliva siciliani


Degustazioni guidate da chef, tavoli di consulenza e masterclass a partecipazione gratuita e, naturalmente, i produttori con i loro oli: questa la formula dell’ultima edizione, la sesta, di “Evoluzione, percorsi per l’extravergine di qualità”, organizzata da La Pecora Nera Editore e Oleonauta e svoltasi il 29 gennaio scorso a Roma al MAXXI, Museo delle arti del XXI secolo.

Solitamente riservata al settore b2b, quest’anno ai consumatori interessati all’olio extra vergine è stata data la possibilità di entrare gratuitamente: hanno trovato numerosi oli di gran qualità potendone peraltro conoscere storia e caratteristiche dalle parole dei produttori che, escludendo per ovvi motivi il Lazio favorito in quanto regione ospitante, sono stati per la maggior parte siciliani. Diversi oli della Trinacria sono stati quindi protagonisti delle masterclass di approfondimento che hanno evidenziato la biodiversità della nostra più grande isola.

Il primo ad essere proposto in assaggio non poteva che essere il monocultivar Tonda iblea del Primo dop dei Frantoi Cutrera (Ragusa): deve il nome al fatto che è il primo olio certificato dop Monti Iblei nonché il primo a vincere l’Ercole Olivario nel 2001. Una cultivar che già dal nome evoca la duplice attitudine, poiché consumata anche come oliva da mensa, così come i diversi tipi di Nocellara: etnea, messinese o del Belice a seconda della provincia in cui si sviluppa. In comune queste ultime varietà hanno solo il nome, derivante dalle dimensioni (un’oliva grossa quanto una noce) poiché sono sotto tutti gli aspetti cultivar differenti ma sicuramente dominanti nel panorama olivicolo siciliano che nella sua complessità si esprime con sentori erbacei, di pomodoro, di erbe aromatiche. Sensazioni non solo gustative, miste ad elementi storico-culturali tradizionali che fanno parte della narrazione del prodotto, come ad esempio per l’olio a edizione limitata “Primo bacio” della Tenuta Vasadonna, da piante di Nocellara messinese che si trovano là dove c’era un torrente a cui le donne si recavano per lavare i panni; gli uomini in cerca di moglie lì speravano in un primo bacio. In questo caso all’assaggio presenta una nota minerale non propria della cultivar ma per la presenza dell’Etna.

Solo per la produzione di olio si coltiva invece la Cerasuola, con la quale Antonella Titone produce un’ottima Dop, la Valli Trapanesi. Oltre alle qualità organolettiche, quest’olio si distingue infatti per essere il frutto di olivi che si possono senza tema definire biologici ancora prima che esistesse la certificazione: l’azienda infatti ha scelto di abolire qualunque prodotto chimico già quarant’anni fa. Nell’olio Tesoro di Feudo Disisa, un blend prevalentemente di Cerasuola, insieme alla Nocellara del Belice e alla Biancolilla – altra cv molto diffusa in Sicilia – la sensazione organolettica principale è amaricante: l’oliva è piccola quindi il rapporto polpa-nocciolo favorisce l’amaro.

Dalle cultivar maggiori alle minori, come la delicata e precoce Moresca che ultimamente vive un “restyling” poiché valorizzata egregiamente da diversi produttori tra cui il Frantoio Galioto di Ferla, e la Crastu dell’olio Ari di Mocciaro Li Destri che a Casalgiordano nelle alte Madonie, a circa 600 metri poiché solo a questa altitudine fruttifica, offre da alberi secolari un olio dalle percezioni intense. Della stessa azienda altre cultivar autoctone e minori sono la Rizza, altrimenti nota come Nerva, e la Passulunara (Ogliarola messinese, da non confondere con le aulivi passuluna cioè olive nere infornate che, insieme a olio, sale, origano e peperoncino, anciovi - acciughe -, caciocavallo e capuliatu ossia ciappa di pomodori secchi tritati, costituiscono la ricetta del pane cunsatu così come riportata nel volume “I segreti della tavola di Montalbano”).

di Giosetta Ciuffa