La voce dell'agronomo

Per gli agronomi italiani pensioni da fame ma nuovi balzelli in arrivo

In base all'ultima comunicazione del presidente dell'Epap è lecito attendersi una pensione ancor più magra del previsto per una rivalutazione che non arriva allo 0,2%. Nel frattempo POS per tutti, a beneficio degli istituti di credito

04 aprile 2014 | Roberto Accossu

Come ogni anno, con l’approssimarsi della compilazione della dichiarazione dei redditi, il mio commercialista mi chiede di verificare la situazione contributiva ed eventualmente di regolarizzare gli oneri contributivi non ancora versati alla mia cassa previdenziale.

Questa verifica mi induce a riflettere sull’EPAP, in particolare sulle modalità con cui, negli anni scorsi, sono stati gestiti i miei sudati contributi e sui risultati ottenuti.

Leggere il comunicato n° 3/2014 del Presidente Arcangelo Pirrello, mi induce a pensare che la mia futura pensione sarà ancora più magra del previsto.

Ormai tutti gli iscritti all’EPAP sanno che la rivalutazione dei montanti è pari alla media della variazione quinquennale del PIL nominale e che l’aliquota della rivalutazione è comunicata annualmente dal Ministero competente, così come sanno che la nostra economia è stata caratterizzata, anche nel 2013, da una variazione del PIL negativa.

Partendo da questa considerazione apprendo, dal comunicato n° 3/2014, che “Per il 2013, la rivalutazione è 0,001643 x 100 = 0,1643%”.

Faccio una simulazione applicando il coefficiente di rivalutazione ed ottengo una cifra irrisoria, sull’ordine delle decine di euro.

La sensazione di sconforto è totale, non posso far altro che pensare che il mio futuro da pensionato dipenderà solo dai miei versamenti, visto che le rivalutazioni dei montanti, previste per legge, sono ormai sempre più vicine allo zero.

L’unica notizia positiva che leggo è che, finalmente, il CdA ed il CIG hanno deciso di deliberare che “nel caso in cui i rendimenti effettivamente conseguiti siano maggiori dell’aliquota di rivalutazione il 50% della differenza andrà a riserva e il restante 50%, dovrà essere usato per rivalutare ulteriormente i montanti”.

Ora, non voglio neanche immaginare che i rendimenti effettivamente conseguiti dall’EPAP - a seguito della gestione di oltre 700.000.000 milioni di euro nel 2013 - siano inferiori al coefficiente di rivalutazione dei montanti, considerando che il tasso medio dei BTP nel 2013 era superiore al 4%.

Perciò questa ipotesi la escludo a priori.

Quindi tutto bene?

Qualche dubbio sulla reale fattibilità della delibera proposta mi sorge dalla frase ”Naturalmente questo provvedimento dovrà essere approvato dai Ministeri Vigilanti”.

Perché questa frase ?

Vado a consultare l’articolo 12 del Regolamento attualmente in vigore sul sito dell’EPAP ed al comma 8 leggo che: “ Dopo il primo quinquennio di attività dell’Ente, sentiti i Ministeri vigilanti e nel rispetto del quadro normativo di riferimento, i parametri per la determinazione del montante e per il calcolo delle pensioni possono essere variati ed adeguati in sintonia al reale andamento della gestione finanziaria e al complessivo assetto previdenziale dell’Ente”.

Esiste forse la possibilità che i ministeri competenti possano non dare il benestare a questa operazione?

Purtroppo sì.

Nel 2012 la Cassa di previdenza degli Agrotecnici aveva deliberato un aumento delle rivalutazioni dei montanti oltre i valori previsti per legge - pari alla media della variazione quinquennale del PIL nominale - e richiesto al Ministero del Lavoro la necessaria autorizzazione per attuare la propria delibera.
Autorizzazione che non venne concessa.
Pertanto, la Cassa di Previdenza fece ricorso al TAR, il quale con la decisione n. 6954 del 11 luglio 2013 dichiarava infondato il ricorso.
Perciò la Cassa di Previdenza degli Agrotecnici non poté aumentare il coefficiente di rivalutazione dei montanti secondo quanto deliberato.
Contro la decisione del TAR n° 6954/2013 la Cassa di Previdenza degli Agrotecnici ha fatto appello al Consiglio di Stato e si è ora in attesa della sentenza.

Ora, se il pregresso orientamento del Ministero in materia di aumento del coefficiente di rivalutazione dei montanti oltre la media quinquennale del PIL non cambia, la delibera che il CdA ed il CIG si propongono di adottare non potrà essere attuata e noi iscritti all’EPAP avremo, per il 2013, un coefficiente di rivalutazione pari allo 0,1643% ed il prossimo anno un valore percentuale ancora più basso.

Sarebbe auspicabile che tra le Casse di Previdenza costituite a seguito del D.Lgs. n. 103/96, venissero messe da parte le reciproche diffidenze ed i comportamenti di parte per creare un unico gruppo di “pressione” nei confronti dei ministeri competenti e del governo, affinché le Casse previdenziali nate con il D.Lgs. n. 103/96, ove dispongano delle risorse finanziarie derivanti dalla gestione annuale, possano destinare parte di queste alla rivalutazione monetaria dei montanti.

Ricordo che le Casse previdenziali nate con il D.Lgs. n. 103/96 sono:
- Cassa di previdenza degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati/ENPAIA;
- EPAB - Ente Nazionale di previdenza ed Assistenza dei Biologi:
- EPPI - Ente Previdenziale dei Periti Industriali;
- EPAP - Ente di Previdenza ed Assistenza Pluricategoriale
- ENPAPI - Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza Professionale Infermieristica;
- ENPAP - Ente Nazionale di Previdenza dei Psicologi;
- Cassa di previdenza dei Periti Agrari/ENPAIA;

In caso contrario, nei prossimi anni, non solo la nostra pensione sarà sempre più povera, ma la rivalutazione dei montanti non coprirà neanche il tasso di inflazione annuo.

E mentre il futuro pensionistico si preannuncia sempre più nero, il presente impone ai liberi professionisti un nuovo balzello: il POS.

Il D.L. 179/2012, all’art. 15 comma 4, prevede anche per i professionisti l’obbligo di accettare i pagamenti elettronici. Ne scaturisce quindi l’obbligo di dotarsi del POS.

Tale obbligo era stato inizialmente imposto a far data dal 1 gennaio 2014 e, con il Decreto Ministeriale 24 gennaio 2014 (art. 2, comma 2), emanato in attuazione del comma 5 dell’art.15 del citato D.L. 179/2012 (che prevedeva l’adozione di regolamenti interministeriali per disciplinare gli eventuali importi minimi, le modalità e i termini di attuazione dell’obbligo), era stato previsto un periodo transitorio - che andava dal 1 gennaio 2014 al 30 giugno 2014 - in cui l’obbligo si sarebbe applicato solo ai pagamenti effettuati per prestazioni di servizi il cui fatturato dell’anno precedente a quello del pagamento fosse stato superiore a 200.000 euro.

Ora però, il termine inizialmente previsto del 1 gennaio 2014 è stato prorogato, per effetto del D.L. 150/2013 (art. 9, comma 15 bis) al 30 giugno 2014.

Pertanto, al momento, non vi è più un periodo transitorio nel quale l’obbligo è limitato solo ai fatturati superiori ad un certo importo, e non è detto che tale previsione venga ripristinata. Una sola cosa è certa: che venga o meno indicato un periodo transitorio in cui la portata dell’obbligo potrebbe essere limitata, in capo a breve tempo l’obbligo incomberà su tutti i professionisti.

Pertanto, se non vengono introdotte variazioni, derivanti dal ricorso proposto al TAR Lazio da parte del Consiglio Nazionale degli Architetti ovvero da altri interventi legislativi, i liberi professionisti italiani dovranno dotarsi del POS, uno strumento costoso ed inutile, che non determina nessun contributo per la lotta all’evasione fiscale e che reca dei vantaggi solo agli istituti di credito.

Mi auguro che anche le altre categorie professionali seguano l’esempio degli Architetti, e che l’introduzione del POS possa essere evitata, perché in un contesto economico sempre più difficile per chi esercita la libera professione ogni euro risparmiato è un euro guadagnato.

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