La voce dei lettori 07/02/2024

Gli agricoltori protestano per le ragioni sbagliate

Gli agricoltori protestano per le ragioni sbagliate

Un grande allevatore e un piccolo agricoltore sono diversi come la Ford e il mio meccanico, spiega il contadino Emanuele Moscini. Prezzo equo e disintermediazione dai CAA al centro dei pensieri di molti


Spett.le Redazione di Teatro Naturale,

in qualità  di piccolo agricoltore biologico, di seguito invio la mia analisi sulla protesta degli agricoltori.

Gli agricoltori protestano per le ragioni sbagliate.
Un po' di amici mi hanno chiesto cosa ne pensassi, da agricoltore, della protesta degli agricoltori, cerco quindi di fare chiarezza in modo schematico sulle ragioni della mia categoria e sulla gestione europea ed italiana del settore.

1) Premessa.
Gli agricoltori non sono tutti uguali e non hanno tutti gli stessi interessi.
Un grande allevatore e un piccolo agricoltore sono diversi come la Ford e il mio meccanico.
Un agricoltore biologico e un agricoltore convenzionale spesso hanno interessi contrapposti.

2) Il punto nodale: la PAC.
La PAC è un sostegno economico all'attività  agricola sulla base di diversi fattori, di cui il più importante è la quantità di terreno agricolo di un'azienda.
Viene finanziata dall'Unione Europea e degli stati membri.
Serve ad aiutare il comparto agricolo, strategico per l'Europa, storicamente non in grado di sostenere autonomamente i costi di produzione e carente sul fronte del ricambio generazionale per questioni culturali.
La Brexit ha determinato una riduzione dei fondi per la PAC, essendo la Gran Bretagna una degli stati che maggiormente contribuivano.
L'industria, i grossisti e la grande distribuzione tengono però conto degli aiuti percepiti dagli agricoltori, nella determinazione del prezzo all'ingrosso dei prodotti agricoli: se non esistesse la PAC i prezzi ora pagati al produttore non basterebbero alla sopravvivenza di molte aziende, il mercato si regolerebbe quindi su prezzi più alti.
Negli ultimi tempi l'inflazione ha determinato un innalzamento dei costi di produzione, difficilmente sostenibili da molte aziende, soprattutto perchè il prezzo dei prodotti agricoli al produttore non ha sempre subito lo stesso incremento.
L'Europa si è poi sempre più impegnata per la riduzione dell'inquinamento, delle emissioni di anidride carbonica, per la preservazione dell'ambiente e per il benessere animale, legando la PAC al raggiungimento di questi obiettivi.
Quindi chi meno inquina con la nuova PAC riceve maggiore sostegno economico.
Io sono un agricoltore biologico e la mia PAC, grazie al mio impegno in questa direzione, non è diminuita.
A causa del cambiamento climatico le produzioni agricole si sono sensibilmente ridotte e il trend è in aumento; l'allevamento (a causa soprattutto dell'allevamento intensivo) contribuisce per il 14,5% alle emissioni totali di gas serra; c'è quindi estremo bisogno di politiche che mirino ad invertire il riscaldamento globale.
La politica italiana in maniera bipartisan, come ho potuto constatare anche da delegato sindacale, si batte contro le direttive europee per diminuire i fondi destinati all'agricoltura biologica. Gli agricoltori biologici sono una minoranza rispetto a quelli convenzionali.
Gli agricoltori, in modo poco lungimirante, in questo momento protestano contro questo nuovo sistema di distribuzione della PAC che premia gli agricoltori che non inquinano.
Diverso sarebbe invece protestare perchè la PAC fosse rivalutata con l'inflazione.

3) Il gasolio.
Gli agricoltori chiedono una diminuzione delle accise sul gasolio, il cui prezzo, non solo per la nostra categoria, è molto aumentato.
Un motivo di protesta dovrebbe essere anche la politica europea anti trattori a gasolio, che sono quasi gli unici ad essere prodotti e ad avere costi accessibili per le piccole imprese agricole, tenendo anche conto del fatto che una piccola azienda biologica, con oliveti, frutteti, seminativi e boschi, come la mia, nonostante possieda un trattore a gasolio, consuma molta più CO2 di quanta ne produce, contribuendo a ridurre i gas serra prodotti da altri.
Nei bandi per l'acquisto di macchinari agricoli ora spesso possono essere inseriti solo veicoli elettrici, che, in molti casi, per ora, sono una chimera.

4) La carne coltivata.
Ognuno dovrebbe essere libero di acquistare ciò che vuole, secondo il proprio gusto, nel rispetto dell'ambiente e della salute.
Sicuramente in ottica di sostenibilità  dovremmo ridurre il consumo di carne.

5) Le tasse.
Il pagamento dell'IRPEF per l'attività agricola era stato sospeso negli ultimi anni, si tratta comunque di una piccola tassa, calcolata sulle rendite catastali dei terreni e non sui guadagni percepiti dagli agricoltori.
In ogni caso, credo che, in un momento di difficoltà per il comparto, non sia stata una grande idea del governo quella di ristabilirla.

6) Coldiretti e i sindacati di categoria.
Gestiscono una grande fetta dei fondi destinati all'agricoltura e i rapporti con la politica, sono l'intermediario obbligatorio tra gli agricoltori e la pubblica amministrazione che eroga la PAC.
Sembrano avere interessi non sempre coincidenti con quelli degli agricoltori.
Un agricoltore non può consultare tutte le sezioni, nè operare autonomamente sulla propria posizione nel sistema informatico nazionale SIAN (come avviene invece per INPS e Agenzia delle Entrate), perchè queste sono prerogative esclusive dei sindacati e dei CAA da questi controllati.
Quest'ultimo, a mio parere, dovrebbe essere un motivo di protesta.

7) Il prezzo dei prodotti agricoli al produttore.
Gli agricoltori dovrebbero venir meno al controllo dell'industria, dei grossisti e della grande distribuzione.
L'unica possibilità  di scardinare questo sistema in un'economia di mercato è quella di trasformare e vendere autonomamente i propri prodotti.
Purtroppo gli agricoltori, con un'età media elevata, non sono molto propensi ai cambiamenti.
Inoltre l'Italia sia a livello nazionale che locale, contro le leggi italiane e le normative europee sulle liberalizzazioni, impedisce in molti casi agli agricoltori innovativi di vendere direttamente i propri prodotti trasformati nei propri locali o su suolo pubblico.
Il Comune di Roma, ad esempio, ha un regolamento illegittimo che vieta l'occupazione di suolo pubblico con tavoli e sedie agli agricoltori contro il decreto Bersani.
Il Comune di Viterbo lo vieta semplicemente non applicando la legge a livello amministrativo, con la complicità della politica, per difendere i privilegi di baristi e ristoratori.
La Regione Lazio premia le aziende agricole inserite in una filiera rispetto a chi fa vendita diretta assegnando maggior punteggio nei bandi per l'assegnazione di fondi europei.
Si dovrebbero poi mettere in atto controlli sul lavoro nero nelle aziende italiane, ad oggi molto rari, per impedire ad imprese agricole senza scrupoli di abbattere i costi sulla pelle dei lavoratori, facendo concorrenza sleale.
Infine sia l'Italia che l'Europa dovrebbero mettere in atto una politica che miri a formare i cittadini sul cibo e obblighi ad inserire in etichetta la provenienza precisa dei prodotti alimentari, con menzione particolare a quelli provenienti da nazioni che non rispettino le normative sulla sicurezza alimentare e sul lavoro europee.

Cordiali saluti,

Emanuele Moscini

di T N

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Commenti 5

Letizia SERENA
Letizia SERENA
11 febbraio 2024 ore 13:09

Sono molto d'accordo sull'analisi fatta in maniera dettagliata e specifica. Mi permetto di aggiungere che fondamentale sarebbe che gli agricoltori si riunissero nella trattativa della vendita dei loro prodotti per avere la forza di trattare con il compratore che oggi ha sicuramente il coltello dalla parte del manico e detta lui il prezzo. Purtroppo in Italia, non solo nell'agricoltura, la capacità di mettersi insieme è quasi impossibile. Poi bisognerebbe chiedere maggiori investimenti per studiare come far fronte alla siccità e alle tecniche per ridurre l'uso dei pesticidi.

Francesco di Sessa
Francesco di Sessa
10 febbraio 2024 ore 19:50

Caro Sig. Emanuele, ho apprezzato tantissimo il Tuo articolo. Hai toccato proprio il punto nevralgico. Anzi, almeno due.. L'enorme differenza tra piccolo produttore - magari anche biologico, come nel Tuo caso - e i grandi Gruppi Agricoli, nelle casse dei quali purtroppo finisce la stragrande maggioranza dei "poco oculati Aiuti Comunitari". L'altro Punto è senza dubbio quello della rappresentanza Sindacale di Categoria che come diplomaticamente rimarcavi "spesso sembrano avere interessi non sempre coincidenti con quelli degli agricoltori".. Ritengo che questo sia il punto focale su cui Tu ed i Tuoi Colleghi dovreste batterVi. Ma dovremmo batterci anche Noi "Consumatori", ultimo anello della catena, sulle cui tavole arrivano i prodotti della Terra, se veramente vogliamo che a vincere sia la qualità, la tradizione, la tipicità .. e non il pomodoro olandese arancio pallido inodore e insapore.. Forza e coraggio, mai arrendersi, sono sicuro che tante brave persone oneste la pensano come noi!! Un caro saluto

Danilo Scatizzi
Danilo Scatizzi
10 febbraio 2024 ore 16:51

Sig.Emanuele bgiorno e complimenti pe ril suo articolo. In modo particolare apprezzo la frase "Sembrano avere interessi non sempre coincidenti con quelli degli agticoltori" . Mi sembra sia tutto chiaro
Un saluto

ANGELO PELLICCIOTTI
ANGELO PELLICCIOTTI
10 febbraio 2024 ore 12:30

Grazie Emanuele, la semplicità e la chiarezza del tuo contributo sono davvero utili ad una onesta riflessione in questo particolare momento.

vincenzo Santangelo
vincenzo Santangelo
12 febbraio 2024 ore 14:15

Al punto 6) Coldiretti e i sindacati di categoria.......
Aggiungerei che questa protesta dovrebbe essere condivisa anche dalle professionalità agricole, Agronomi, Periti agrari ed agrotecnici .
Professionalità che condividono gli interessi con gli agricoltori (di solito sono remunerati solo se un progetto / domanda funziona e viene accolta) ed invece sono diventati succubi per non dire supini a allo strapotere dei CAA/sindacati.
Tutta gente che ha dovuto studiare una vita e dimostrare in varie sedi la preparazione nel campo agrario inoltre gli stessi per poter esercitare devono essere coperti da assicurazione professionale obbligatoria.
I centri CAA sono delle società che non debbono dimostrare la qualità dei propri impiegati che si scocciano delle esigenze degli agricoltori inoltre va aggiunto che i guai fatti da quest'ultimi sono facilmente nascosti grazie alla complicità del sistema SIAN poco trasparente.