La voce dei lettori 03/03/2016

La viticoltura di qualità ha bisogno di operatori preparati e qualificati

A Bolgheri non si produce soltanto ma si insegna anche. Un master per approfondire in campo e in cantina le nuove linee guida per l'eccellenza nella territorialità. "Il programma del corso prevede anche di far capire ai ragazzi perché si fa viticoltura" ci scrive Alessandro Petri, agronomo del Sassicaia


Carissimo Alberto,

ti scrivo in forma conviviale per illustrarti le linee guida di un progetto di vitivinicoltura di qualità che celebra con successo la sua seconda edizione. Lo scopo del corso è quello di preparare 15 allievi al mondo del lavoro come operatori nel settore della viticoltura di qualità, mediante lezioni teorico pratiche che si articolano in 7 moduli didattici. Al termine del corso, è previsto un tirocinio trimestrale nelle aziende che aderiscono al progetto. Sono tutte aziende importanti presenti in Bolgheri: Sassicaia, Ornellaia, Tenuta di Biserno, Casa di Terra, Tecnovite (la grande azienda toscana di servizi in viticoltura); ci si spinge fino a San Lorenzo di Suvereto per incontrare la piccola ma importante realtà di Valdamone.

L’idea è nata da Fabio Serini, dottore commercialista e docente universitario in materie economiche presso l’Università degli studi di Napoli che ha visto il potenziale per la crescita occupazionale che offre il territorio con aziende vitivinicole di pregio coniugandolo con la necessità di formare personale idoneo ad operare nell’ambito della viticoltura di qualità.
L’iniziativa non sarebbe nata senza il supporto della Banca di Credito Cooperativo di Castagneto Carducci e della Fondazione Livorno, che si accolla tutti gli oneri finanziari della scuola e retribuisce gli allievi durante i 3 mesi di tirocinio, sgravando le aziende ospitanti da ogni impegno remunerativo ed assicurativo.

Nel progetto iniziale, sperimentato nel corso del 2015, la proposta era rivolta a studenti in possesso di diploma dell’istituto tecnico agrario. In questa seconda edizione, dopo un comunicato stampa apparso sui quotidiani locali, un po’ perché l’articolo ha destato curiosità e interesse, un po’perché il lavoro non si trova, si è presentato un nutrito gruppo di aspiranti allievi di diversa estrazione e provenienza: oltre ai diplomati degli istituti tecnici si sono presentate alcune persone laureate, in geologia, scienze della comunicazione, farmacia ed in discipline che, apparentemente, possono aver poco a che fare con la vite e col vino.

L’iniziativa è stata esternata al marchese Nicolò Incisa della Rocchetta che ha colto l’importanza formativa e filantropica del progetto ed il valore di questo investimento ed il sicuro ritorno delle energie devolute, in termine di risorse umane qualificate. Per tale motivo, il Marchese ha deciso di affidare a me in qualità di agronomo operante nei vigneti del Sassicaia da oltre 25 anni, la responsabilità della docenza del master, confidando sul taglio tecnico ed esperienziale derivante dall’esperienza maturata all’interno dei vigneti della Tenuta, unita alla mia formazione come educatore scout che vanta 10 anni di esperienza in più di quella di agronomo. Coadiutori nella docenza, in questo progetto, sono mia figlia Sofia, Agronomo, che ha conseguito la laurea magistrale in Scienze Agrarie facendo la tesi sperimentale in viticoltura e colture di pregio presso l’Ornellaia. Il suo compito è quello di fornirmi un supporto tecnico scientifico con gli ultimi aggiornamenti in materia ma soprattutto un valido aiuto in campo nel seguire gli allievi nelle varie fasi lavorative quali la potatura, l’impianto del vigneto e tutte le altre fasi tecnico-pratiche. Inoltre, a Laura Zuddas, agronomo ed enologo di comprovata fama, è affidata la parte di vinificazione e di tecniche enologiche e di cantina. Ruolo fondamentale è svolto dai tecnici delle aziende aderenti al progetto che ci aprono i cancelli, ci dedicano del tempo, traducendo in esperienza tutto ciò che di teorico e di tecnico viene insegnato in ciascun modulo didattico.

Non voglio peccare di presunzione, ma le mie intuizioni pedagogiche, maturate nel corso degli anni in questa mia duplice veste di agronomo e di educatore, mi hanno portato a concludere e a sostenere fermamente che per fare viticoltura di qualità si devono formare persone di qualità, responsabili e felici del proprio lavoro. Quindi il mio scopo è quello di fare ingolosire gli allievi, proponendo loro una “seria giocosità”, mostrando loro quello che realmente li attenderà con tutte le difficoltà, comprese quelle di chi opera sotto il cielo, con tutte le stagioni, ma senza escludere le gioie e le meraviglie che dischiude la vita all’aria aperta, operando con del materiale vivente che richiede cure, attenzioni ma, soprattutto, sensibilità. Sai che sono un poeta e voglio loro trasmettere anche la poetica che c’è nel lavoro agreste. Sai anche che la poesia Haiku, ambito poetico in cui mi cimento, nasce proprio in un contesto pastorale e idilliaco quando i ritmi del lavoro non erano industriali ma lasciavano il tempo di accordarsi al proprio respiro e permettevano di sentirsi parte integrante dell’Universo. Un maestro Zen così celebrò la propria illuminazione.<< Oh, meraviglioso: Taglio la legna! Attingo acqua dal pozzo!>> Se ci pensi bene la parola “gioco” ha un etimo antico che indica un forte legame, da cui si originano vocaboli come giogo e yoga e Zeus. Quindi, in ultima battuta, dobbiamo far trasformare il lavoro degli studenti in un “gioco divino”, eseguito con attenzione, spontaneità, entusiasmo (che vuol dire avere Dio dentro) profondamente catturati, impegnando interamente noi stessi, così come farebbe un bambino quando gioca. Solo così si realizza il viticoltore di qualità: tutto il Creato godrà del nostro lavoro e dovranno pagarci per divertirci!

Il programma del corso prevede anche di far capire ai ragazzi perché si fa viticoltura. Non si può liquidare la vite come pianta da reddito e la viticoltura di qualità come un nuovo business: la coltura della vite ha radici che si perdono nella notte dei tempi, che affondano nel mito. E’ una pianta archetipica, così pregnante di significati simbolici da identificarsi con la vita stessa. Fare viticoltura significa recuperare un patrimonio storico, culturale e colturale che si identifica con la culla della civiltà mediterranea e la sua coltivazione attinge da una gestualità sacra, un rituale cristallizzato in una ritmica di movimenti che attinge da un’esperienza iniziata almeno 8.000 anni fa.

La cornice di Bolgheri, con il suo comprensorio, le aziende che aderiscono al progetto, mostrano, con i loro vigneti che la viticoltura di qualità non si esplica esclusivamente mediante tecnica e tecnologie d’avanguardia. A parlare, oltre ai vigneti, sono le ampie cornici boscose, i monti che si aprono ad anfiteatro su un mare che come un grande specchio emana luce e calore, che mitiga i rigori invernali e la canicola estiva; il gioco dei venti marini che portano freschezza e sapidità con quelli di terra che portano il profumo e gli aromi della macchia mediterranea; il tutto ospitato da un suolo ricco di particolarità geologiche e pedologiche: trasgressioni e regressioni marine, accumuli di sabbie ferrose portate fin qui dalla Corsica per opera dei venti; fiumi e torrenti che accumulano o asportano detriti. Tutto questo ha un sapore ancestrale che si condensa in quella parola dal francese charmante che è il Terroir, ma che noi, popoli autoctoni, quando eravamo meno scientifici e più animici e vedevamo il sacro in ogni aspetto della Natura e in ogni sua manifestazione, chiamavamo Genius Loci, attribuendo un significato spirituale ad ogni luogo in cui la vita si manifestava con tutta la sua forza e la danza delle ninfe rendeva magico ogni aspetto dell’esistenza.

Alessandro Petri

di T N