La voce dei lettori
Quale prassi seguire per indicare in etichetta “monocultivar di....”?
Vi è una normativa specifica per questa indicazione facoltativa? Quale la prassi da seguire per non incorrere in errori e in sanzioni? Ci chiede Tino Navarra dell'azienda Terraliva. Le risposte sono in due regolamenti comunitari: 1169/2011 e 29/2012
15 settembre 2015 | T N
Spett. Redazione,
desideravo ricevere uno stralcio della normativa riguardante l’apposizione delle dicitura “Monocultivar di .............” in etichetta, e quale la prassi da seguire per non incorrere in errori e in sanzioni.
Grazie anticipatamente per la collaborazione e per le utili notizie che divulgate sul mondo oleario, siete sicuramente un riferimento per tutti i professionisti.
Con stima
Tino Cavarra
Azienda Agricola Terraliva
Egr. Sig. Tino Cavarra,
non possiamo fornirle lo stralcio richiesto semplicemente perchè non esiste una legge che disciplini, in maniera specifica, l'indicazione “monocultivar di...” al pari di “raccolta a mano” o altre descrizioni sul prodotto o il processo di produzione, non specificatamente previste dal regolamento di esecuzione 29/2012.
E' però certamente possibile indicare “monocultivar di...”, essendo un'informazione volontaria sugli alimenti non espressamente vietata.
Il riferimento normativo è l'articolo 36 del regolamento comunitario 1169/2011 “relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori”.
Cosa troviamo al secondo comma del predetto articolo? Viene indicato che:
“Le informazioni sugli alimenti fornite su base volontaria soddisfano i seguenti requisiti:
a) non inducono in errore il consumatore, come descritto all’articolo 7
b) non sono ambigue né confuse per il consumatore; e
c) sono, se del caso, basate sui dati scientifici pertinenti”
Esaminiamo dunque l'articolo 7:
“Le informazioni sugli alimenti non inducono in errore, in particolare:
a) per quanto riguarda le caratteristiche dell’alimento e, in particolare, la natura, l’identità, le proprietà, la composizione, la quantità, la durata di conservazione, il paese d’origine o il luogo di provenienza, il metodo di fabbricazione o di produzione;
b) attribuendo al prodotto alimentare effetti o proprietà che non possiede;
c) suggerendo che l’alimento possiede caratteristiche particolari, quando in realtà tutti gli alimenti analoghi possiedono le stesse caratteristiche, in particolare evidenziando in modo esplicito la presenza o l’assenza di determinati ingredienti e/o sostanze nutritive;
d) suggerendo, tramite l’aspetto, la descrizione o le illustrazioni, la presenza di un particolare alimento o di un ingrediente, mentre di fatto un componente naturalmente presente o un ingrediente normalmente utilizzato in tale alimento è stato sostituito con un diverso componente o un diverso ingrediente.”
Nulla osta, quindi all'indicazione di “monocultivar di...” purchè l'informazione sia corretta e la correttezza viene “autocertificata” dall''operatore alimentare che se ne assume la piena responsabilità, come evidenziato nell'articolo 8, comma 2: “L'operatore del settore alimentare responsabile delle informazioni sugli alimenti assicura la presenza e l’esattezza delle informazioni sugli alimenti, conformemente alla normativa applicabile in materia di informazioni sugli alimenti e ai requisiti delle pertinenti disposizioni nazionali.”
L'onere della prova, quindi, ricade sempre sull'operatore. Come fare dunque a provare, di fronte a un terzo, anche un semplice consumatore, l'”esattezza” dell'informazione “monocultivar di...” in etichetta?
Per analogia, come si usa spesso in giurisprudenza, si può applicare quanto specificato dall'articolo 7 del regolamento 29/2012 sulla commercializzazione degli oli di oliva. Tale articolo disciplina proprio la “giustificazione” necessaria per chi vuole indicare in etichetta alcune delle menzioni aggiuntive, tipo "estratto a freddo", previste dal regolamento. Il genere di prove ammesse, come si legge, è:
“a) dati di fatto o dati scientificamente provati;
b) risultati di analisi o registrazioni automatiche su campioni rappresentativi;
c) informazioni amministrative o contabili tenute conformemente alle normative dell’Unione e/o nazionali.”
Due le vie percorribili. Peraltro una non esclude l'altra.
Nella prima soluzione il tanto vituperato registro di carico e scarico Sian è di aiuto. Si tratta infatti di informazioni amministrative tenute conformemente a normative Ue. Occorrerà solo garantire una corretta tracciabilità in tutte le fasi del processo.
Occorre una relazione agronomica che divida l'azienda in appezzamenti uniformi, indicando la presenza e la percentuale di ciascuna cultivar. In fase di raccolta dal campo al frantoio le olive dovranno essere accompagnate da un documento di trasporto indicante la varietà e l'appezzamento. Tale indicazione dovrà poi essere riportata sul registro Sian, tra le note, per ogni partita.
In un'unica cisterna, quindi, andranno a confluire le partite tutte indicanti la nota “monocultivar di...”
Dalla cisterna potrà quindi essere prelevato un campione rappresentativo che potrà essere mandato a un laboratorio (es. CNR Perugia) per analisi del DNA. Tale analisi non è ufficiale ma vi è bibliografia scientifica attestante la validità del medoto e pertanto soddisfa il requisito di essere una prova con “dati di fatto o dati scientificamente provati”.
La seconda via prevede la sola analisi del DNA di un campione rappresentativo, senza la tracciabilità a monte. E' una via più delicata e parziale, che difficilmente soddisferà completamente gli eventuali controllori.
I passi compiuti dimostrano, di fronte a un controllo, l'esattezza dell'indicazione in etichetta che non potrà essere contestata se non in presenza di prova contraria (es analisi del DNA su campione prelevato da scaffale o azienda che confuti quella dell'operatore).
Ci sentiamo di raccomandare l'utilizzo sia della tracciabilità sia dell'analisi, mezzi attraverso cui è palese la buonafede e l'onestà dell'operatore.
Buon lavoro e buona raccolta
Redazione tecnica Teatro Naturale
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