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La pesca italiana sta morendo: L'UE uccide il settore
Pescatori a Tavola sta denunciando una proposta dell’Unione Europea che, se approvata, equivale a “la morte della pesca italiana”. La Commissione propone per il 2026 una riduzione dello sforzo di pesca del 64%
09 dicembre 2025 | 11:30 | C. S.
La voce che arriva dai porti italiani è una sola, ed è la voce di Angelo Natarelli, fondatore di Pescatori a Tavola: una comunità che oggi è diventata la più grande piattaforma di informazione, denuncia e valorizzazione del pescato italiano. Una rete nata dal basso, con pescatori, pescherie e ristoratori che ogni giorno mostrano cosa significa davvero vivere di mare.
Pescatori a Tavola ha un linguaggio diretto, popolare, senza filtri. Parla a chi il mare lo conosce, a chi lo lavora, a chi lo mangia. Racconta il pescato italiano, quello vero, quello che ormai rappresenta meno del 20% del pesce che si trova in commercio e nei ristoranti, sommerso dall’invasione di prodotto estero.
Ma valorizzare il pescato, oggi, non può significare far finta di niente: non puoi promuovere un settore che stanno scientificamente distruggendo. Per questo la denuncia è diventata parte stessa della missione: dare voce a un comparto che nessuno ascolta più.
Da giorni Natarelli sta denunciando una proposta dell’Unione Europea che, se approvata, equivale — parole sue — a “la morte della pesca italiana”.
La Commissione propone per il 2026 una riduzione dello sforzo di pesca del 64%. Natarelli lo traduce così:
"Le barche già oggi vanno a mare 100 giorni l’anno, pagando le tasse per 365. Se ci tagliano un altro 64%, andiamo a mare 30 giorni l’anno. Trenta. Pagando sempre tutto per 365. A che punto volete portare la marineria?"
Il video di denuncia è esploso perché fotografa la realtà senza edulcorarla: barche ferme, motopescherecci smontati pezzo per pezzo, marinerie dimezzate, armatori che hanno già dichiarato fallimento, e migliaia di pescatori pronti a cambiare mestiere, mentre il fermo pesca — che per legge dovrebbe compensare i giorni obbligatori di attività sospesa — non viene pagato da quasi quattro anni.
"Sono quattro anni che non pagate neanche il fermo pesca. Adesso, dopo quattro anni, state dando qualche spicciolo. Nel frattempo un motopeschereccio qui lo stanno demolendo. Ci sono migliaia di pescatori in attesa di demolizione."
Natarelli denuncia un paradosso che ha mandato su tutte le furie il settore: miliardi stanziati per la pesca, ma che in buona parte vengono spostati altrove o destinati a realtà che nulla hanno a che fare con i pescatori.
"Dei miliardi per la pesca, cinque li avete tolti per metterli nei fondi per le bombe in Ucraina. E quelli rimasti li volete usare per gli allevamenti in mare. Ma agli allevamenti i pescatori non andranno a lavorare: sono di altri. Non sono pesca."
Il risultato è devastante. Un sistema che chiede sacrifici impossibili a chi è già al limite, mentre alimenta la sensazione che le scelte europee e nazionali stiano costruendo una transizione senza pescatori.
Il sacrificio chiesto all’Italia, infatti, non è sostenibile: lavorare un mese l’anno mentre si pagano costi per dodici significa solo una cosa.
Chiusura. Fine. Scomparsa delle marinerie.
E questo, denuncia Natarelli, arriva mentre la politica continua a parlare di Made in Italy, di valorizzazione, di investimenti che però difficilmente raggiungono le barche.
"Accendiamo la tv e sentiamo che va tutto bene, che il Made in Italy cresce. Intanto nei porti le barche le stanno smontando."
C’è poi un’altra accusa durissima, che da anni divide e indebolisce il settore:
"Continuate a mantenere i pescatori divisi. Perché uniti diventano un problema per la politica. Questo è il gioco. La disunione è lo scandalo più atroce."
È anche per questo che Pescatori a Tavola è diventata una piattaforma così forte: unisce quello che la politica tiene diviso. Tiene insieme pescatori, filiera, ristoratori e consumatori. Rende visibile ciò che molti preferirebbero non si vedesse. Racconta la verità del mare, del lavoro, dei costi, dei limiti imposti da regole che sembrano scritte apposta per far chiudere il settore.
E, soprattutto, pone una domanda che nessuno in alto ha il coraggio di pronunciare:
Ditecelo chiaramente: volete che i pescatori cambino mestiere?
Il video si chiude con una scusa che è tutto fuorché una resa: Natarelli evita di parlare di pesca perché si arrabbia troppo. Ma continua a farlo, perché è l’unico modo per non far morire una storia che appartiene all’Italia intera.
"Mi sono battuto per molti anni e continuerò a farlo. Seguiteci, restiamo uniti."
La pesca italiana sta morendo. Non per colpa del mare, ma per scelte politiche e tecniche che nessuno ha spiegato davvero ai pescatori. E oggi, grazie alla forza comunicativa di Pescatori a Tavola, questa verità non può più essere nascosta.
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