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CON IL 2004 LE "CITTA' DELL'OLIO" FESTEGGIANO IL DECENNALE

Secondo il presidente Enrico Lupi l'associazione svolge un duplice servizio, a vantaggio del consumatore e degli stessi operatori

06 dicembre 2003 | T N

Enrico Lupi è il presidente dell’associazione nazionale delle “Città dell’olio”. Lo abbiamo incontrato in occasione di un evento di grande impatto qual è stato “Pane & Olio in Frantoio”.
L’associazione comprende tutti quegli enti pubblici - tra Comuni, Province, Camere di Commercio e Comunità Montane - che vantano una ricca tradizione olivicola o comunque una produzione di extra vergine particolarmente pregiata.
Con Lupi abbiamo voluto comprendere i propositi e gli obiettivi che muovono l’associazione, anche in vista del decennale dalla fondazione che si celebrerà nel 2004.


Il Presidente Lupi a fianco del Ministro Alemanno

Il trenta novembre scorso si è celebrata in tutta Italia la manifestazione “Pane & Olio in Frantoio”, l’ennesimo evento tra i tanti organizzati negli anni dalla associazione che lei presiede.
Si, con questa manifestazione peraltro noi mettiamo in luce due prodotti che caratterizzano in maniera egregia il nostro ricco e quanto mai variegato paniere di tipicità. Si tratta, il pane e l’olio di oliva, di due prodotti alla base della nostra alimentazione, che noi delle Città dell’olio, di concerto con altri enti, abbiamo inteso trasformare da semplici prodotti che la storia ci ha consegnato a due elementi cardine del mangiar sano e bene dei nostri consumatori, oggi più consapevoli di un tempo nel credere e sostenere queste bontà. Per certi versi si è trattato di due prodotti in qualche modo “trascurati”, che hanno oggi necessità di essere “rivitalizzati”, proprio per le specifiche caratteristiche nutritive che li contraddistinguono. Sia il pane, sia l’olio di oliva stanno oggi compiendo un passaggio, nel tentativo di essere percepiti non più e soltanto come semplice alimenti, ma come alimenti speciali, sempre più qualificati, da non concepire più, pertanto, come prodotti di base per la preparazione o l’utilizzo di altri alimenti, ma come alimenti che apportano un valore aggiunto in tavola. E’ questa la finalità dell’iniziativa.

Il tutto, dunque, nel nome della vasta gamma degli oli di oliva extra vergini e dei pani tipici
Sì, proprio così. E’ il prodotto nella sua tipicità che viene rilanciato. Da una parte gli oli tipici, possibilmente Dop, o comunque sicuramente legati al territorio di produzione; dall’altra parte i pani tipici, sicuramente riferiti a uno stretto ambito localistico, legato alle tradizioni dei molti comuni d’Italia che aderiscono all’iniziativa.

E il vostro compito?
E’ quello di tutelare e promozionare coloro che stanno dietro a tutto ciò, ovvero dietro al prodotto, ai produttori, ai panificatori. Noi siamo dunque al fianco di coloro che “certificano” con il proprio lavoro le fatiche quotidiane che conducono a prodotti così pregiati ch’è giusto valorizzare. Nelle piazze italiane, sono oltre 120 quest’anno, si è celebrato con tale spirito di fondo un matrimonio antico, quello tra pane e olio. Noi abbiamo voluto insistere sul valore della tipicità e la nostra iniziativa è proprio una garanzia che noi possiamo dare al consumatore e per la quale noi esponiamo la nostra stessa credibilità come associazione a cui fanno seguito oltre 250 soci. Credo perciò che svolgiamo un servizio duplice, a vantaggio del consumatore, ma anche degli stessi operatori.

Ma a partire da quando è operativa l’associazione nazionale delle Città dell’olio?
L’associazione è nata nel dicembre del 1994 a Larino, per colmare quella che a nostro avviso era veramente una lacuna, anche se oggi non lo è più. Ovvero, in quegli anni mancava il proposito di valorizzare la cosiddetta “Italia minore”. Noi sappiamo che quando si parlava di questi prodotti del territorio, esistevano, ed esistono tuttora, le associazioni di categoria, ma non avevano ancora una tale missione. Da qui la nostra idea di promuovere il prodotto in simbiosi con il territorio. Ecco dunque l’associazione che presiedo, nata proprio con l’obiettivo di qualificare il territorio attraverso gli olivi e l’olio che da questi si ottiene. In questo modo sono nate le adesioni di realtà istituzionali come i comuni, le province e le camere di commercio. Abbiamo evitato la partecipazione al progetto di soci privati proprio per essere inattaccabili e dunque al di sopra di qualsiasi situazione mercantile, pur legittima quest’ultima, ma con una filosofia completamente diversa dalle intenzioni di un’associazione come quella delle Città dell’olio.
Dopo questo nostro percorso iniziale, abbiamo proceduto a svolgere le nostre attività istituzionali in Italia e all’estero. Ricordo che abbiamo compiuto delle utili mission in Cina, Giappone, Canada per portare e promuovere il nostro prodotto e il relativo territorio di produzione. Ecco, credo che oggi ci siamo da allora consolidati. Non solo come numero di soci aderenti, ma anche quanto a credibilità nel mondo dell’olio, a livello di Istituzioni pubbliche, ma anche di operatori privati e, soprattutto, di consumatori. Questa credibilità acquisita in campo ci permette di dire la nostra, di essere recepiti nelle nostre specifiche funzioni, e di lanciare messaggi talvolta anche forti quando occorrono.

Città dell’olio è nata da un’idea di qualcuno, oppure da un’esigenza forte, avvertita come tale dalle varie istituzioni locali che ne hanno promosso la costituzione?
E’ stata un’idea di pochi. Il nucleo originario era di 24 soci. Ed è stata proprio questa ispirazione di alcuni amici, di alcuni amministratori che oggi magari fanno altre attività, pur rimanendo fedeli all’ispirazione per motivi di affettività, che ne hanno dato il primo e fondamentale impulso, la spinta decisiva. Devo dire che l’associazione è cresciuta molto, anche per il lavoro di quanti via via se ne sono occupati a livello di amministratori. E’ stato uno sforzo corale, molto sentito in un momento storico, dal ’94 ad oggi, in cui si è registrato un crescendo di attenzionio da parte della stampa, specializzata e non, e quindi di riflesso da parte dei consumatori, sul fronte delle tematiche relative alla salute, alla nutrizione, alla qualità della vita e al prodotto considerato in se stesso.

Il grado di percezione da parte degli enti pubblici è propositivo o interlocutorio? L’adesione alle Città dell’olio la avvertono come un’occasione tra le tante o con una profonda convinzione?
Oggi devo dire che vi è un crescendo di attenzione, perché molte volte in passato i soci avevano aderito per simpatia, per coinvolgimento personale. Invece, negli ultimi due, tre anni ogni socio che aderisce lo fa convinto, anche perché è normale che sia così. Nei primi anni le attività erano poche, perché l’associazione si era costituita da poco. Ora invece è diverso. Nel 2004 peraltro festeggiamo il decennale e ci siamo consolidati. Sono moltissime le attività e siamo entrati pure nel campo dell’editoria, organizziamo eventi, manifestazioni. Orami è prova provata che l’associazione delle Città dell’olio non ha un compito di filosofia, ma ha un compito fattivo, che da’ dei risultati sia alle amministrazioni, sia, a cascata, sul territorio.
Oggi i soci sono convinti e partecipano direttamente a quelle che sono le linee guida.

Quindi con questo spirito è nata pure la Femo, la Federazione delle municipalità olivicole…
Si è trattato di un passo successivo. Concepito in Italia insieme con gli spagnoli, con una contemporaneità di intenti. Anche gli spagnoli erano giunti alle medesime conclusioni, partendo però da un altro percorso. C’è stata così una fusione d’intenti e ora la Femo opera in dieci Paesi, ha sede a Madrid presso il Coi, il Consiglio oleicolo internazionale, ed è una realtà in crescita. Ci stiamo avventurando nella partecipazione a progetti europei, stiamo realizzando delle strade dell’olio intraeuropee, Ci auguriamo vivamente che i governi nazionali sostengano questi progetti.

Concludiamo con i propositi per il futuro. Ora che si sta avvicinando il decennale delle Città dell’olio, cosa si prospetta?
Il futuro sarà stabilito dall’assemblea. Sicuramente saremo più pronti a cogliere i segnali di cambiamento della società italiana, dei consumatori, dei loro gusti, degli operatori della filiera, degli amministratori pubblici. Possiamo dire di aver ottenuto un grosso risultato. Ci impegniamo con coscienza e conoscenza, a beneficio delle comunità.

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