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SORPRESA! GLI ITALIANI SI FIDANO DI CIO’ CHE MANGIANO E BEVONO
Le turbolenze e gli scandali alimentari che si rincorrono negli ultimi anni non hanno una grande influenza sui consumi dei nostri connazionali. Solo il 4% ha cambiato radicalmente le proprie abitudini alimentari, però il 67% ha modificato i propri comportamenti anche se solo per pochissimo tempo
13 maggio 2006 | Mena Aloia
La fiducia nella sicurezza di quel che mangiamo e beviamo è media o alta per il 74% della popolazione adulta che, pur auspicandone lâintensificazione, si fida degli autocontrolli e dei controlli in materia. Tale fiducia è massima nei confronti degli alimenti prodotti in Italia (per lâ80%), anche da imprese internazionali, ma espressione delle tradizioni nostrane, della sapienza del âmade in Italyâ.
Solo il 4% degli italiani ha reagito alle recenti turbolenze cambiando radicalmente i propri comportamenti alimentari, il 39% non ha fatto assolutamente nulla, il 67% ha avuto reazioni debolissime e specialmente durate per pochissimo tempo.
Questo è ciò che emerge da unâindagine demoscopica realizzata nel mese di marzo di questâanno da Astra Ricerche su incarico di Federalimentare e presentata al Cibus che si è appena concluso a Parma nellâambito del convegno âIndustria alimentare italiana: sicurezza, tradizione, innovazioneâ.
Uno studio realizzato tramite 1.019 interviste âface to faceâ, cioè non telefoniche, ad un campione rappresentativo della popolazione italiana da 15 anni in su pari ad un universo di 49.7 milioni di persone.
Approfondiamo ciò che è stato anticipato.
Nelle interviste è stato chiesto quanto è certo che cibi e bevande siano sicuri, non rischiosi per la salute (usando una scala da 1/minimo a 10/massimo). Ebbene, solo il 26% (12.8 milioni di ultra14enni) non ha fiducia nella sicurezza degli alimenti e delle bevande, dando voti da 1 a 5 (il 7% voti 1-3, il 7% voto 4, lâ11% un meno drammatico voto 5): al di sopra della media troviamo i soggetti più ignoranti, quelli dai 65 anni in su, i residenti al sud e anche nelle metropoli, i pensionati con lâaggiunta del ceto medio impiegatizio, le donne (di poco). Il 46% dice di essere tra sufficientemente e abbastanza sicuro, attribuendo voti tra 6 e 7: si tratta di 23 milioni di adulti, imprenditori/dirigenti/professionisti e casalinghe, residenti nei comuni dai 30mila abitanti in su specie del nord-ovest e del centro, 55-64enni. Infine, il 28% dorme tra due guanciali, sentendosi totalmente fiducioso, tramite voti da 8 a 10: sono 13.9 milioni, in particolare uomini, giovani e 45-54enni, di classe media, lavoratori autonomi e salariati oltre che studenti, residenti nel Triveneto e nei comuni medio-piccoli, membri di famiglie numerose. Un residuo 2% muta atteggiamento a seconda dei momenti, delle circostanze, dellâumore.
Ma concentriamoci su coloro assai preoccupati di questo tema. Di chi si fidano?
In testa (80%) troviamo i prodotti in Italia, anche da aziende di proprietà straniera ma con produzione realizzata nel nostro Paese secondo processi produttivi tipici delle tradizioni della penisola. Ciò deriva anche dal fatto che il 39% sâè convinto che anche per la sicurezza alimentare è meglio acquistare solo cibi e bevande prodotti in Italia, il 35% che quasi tutti i problemi in materia sono venuti dallâestero, il 19% che molti problemi non hanno riguardato e non riguardano la nostra industria alimentare, che la stessa vicenda dellâaviaria ha mostrato lâeccellenza planetaria dei nostri sistemi dâallarme e controllo (per il 29%).
Al secondo posto di questa classifica troviamo il âpubblicoâ, indicato dal 72% dei nostri connazionali molto preoccupati della sicurezza alimentare: il che vuol dire in primo luogo gli organi di controllo (i NAS dei carabinieri, lâIspettorato repressione frodi, le Asl, i veterinari, ecc.) per il 68% e poi â a scendere â lo Stato in generale per il 23%, le Regioni per il 15% e i Comuni per il 13%. 11
In seguito vengono i produttori, in realtà già largamente inclusi nella prima area, quella dei prodotti italiani (e infatti amati specie in quanto siano percepiti come radicati nel nostro territorio, magari stranieri ma profondamente italianizzati): qui parliamo del 60%, con prevalere delle imprese industriali â specie di marca â col 51% su quelle artigiane (39%) e su quelle agricole o dâallevamento (35%).
Al quarto posto incontriamo i distributori (57%), con insolita prevalenza del dettaglio tradizionale di fiducia (49%) sul super/ipermercato abituale (34%).
Al quinto posto ecco le associazioni dei consumatori (52%), seguite dagli scienziati/esperti (35%) e infine â staccatissimi â dai mass-media (8%).
Ciò non significa che i recenti, reiterati perturbamenti nei mercati non abbiamo comportati delle conseguenze. Sempre concentrandosi su quegli adulti che si dicono assai preoccupati circa la sicurezza alimentare notiamo che il 5% afferma di non fidarsi più di niente e di nessuno, il 9% non mangia e beve più con la serenità e lâallegria che aveva prima, il 7% ha cambiato davvero le proprie abitudini alimentari. Ma il 12% sâè preoccupato moltissimo e però ora è tornato sereno, il 25% ha mutato qualche abitudine per un poâ ma poi â passato il pericolo â è tornato a mangiare e a bere come prima, il 46% non ha mai modificato alcunché.
Dunque, contrariamente a quel che spesso sâè detto e scritto in questi anni, la preoccupazione degli italiani circa la sicurezza alimentare non è affatto cupa, sono stati promossi sia i prodotti alimentari italiani che i controlli da parte degli enti pubblici, ma deve far molto riflettere la pochissima fiducia degli italiani nei mass-media.
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