Articoli 19/01/2013

La focara di Sant’Antonio Abate. Per riflettere

La focara di Sant’Antonio Abate. Per riflettere

Le braci dei piccoli fuochi scandiscono le brevi pause tra i vigneti durante la prima potatura secca. Per i Salentini sono istanti di fuoco indimenticabile. Gli scarti della vite, definiti rifiuti dell’agricoltura dal Dlgs 152/2006, potrebbero forse essere riconsiderati


Le tonalità cenerine della luna quando essa manifesta il passaggio dopo il suo novilunio e si avvia al nuovo quarto introducono e anticipano di poco quelli che potrebbero definirsi i giorni del fuoco di gennaio. Sono i giorni in cui ruminano le braci dei piccoli fuochi che scandiscono le brevi pause tra i vigneti durante la prima potatura secca. Per i Salentini, queste accensioni, sono istanti di fuoco indimenticabile, immagini di poderose fascine di tralci di vite, radunate lungo i filari degli alberelli di negro amaro pronte per essere condotte a casa per essere riutilizzate poi come raggiante dose di calore, quindi, più che un semplice passaggio di stato della materia.

Il 16° giorno di gennaio, in particolare, è un giorno speciale per la tradizione dalla città di Novoli in provincia di Lecce, che per onorare S. Antonio Abate suo protettore si eleva la tradizionale “Focara”: una ciclopica pira di fascine di legna concentrato di folklore e rappresentazioni che per descriverlo non basterebbe la sua stessa storia.

L’immenso covone, totem di circa 90.000 fascine, alto 25 metri, è la testimonianza del lavoro di una civiltà contadina ancora presente, miriadi di braccianti, popolo d’Arneo, regione famosa non solo per le antiche lotte di occupazione contadine ma anche per la sua attitudine a produrre del buon vino. Il vino, da queste parti trabocca, come se fosse sangue vivo da un robusto torace di terra, cuore pulsante di smisurata generosità che annuncia l’accesso nel Parco del Negroamaro, attraverso un ipotetico varco messapico.

Nei giorni del fuoco, oltre alla focara saranno accesi anche dibattiti sull’agricoltura, quella ecosostenibile, quella coscienziosa, razionale e della semplice condivisione. La valorizzazione di un territorio riparte anche dalla simbologia del fuoco materia di rinnovamento, anelito di discussione intorno a decadenze e identità culturali che oggi purtroppo, non riscattano la civiltà e l’etica del suo dinamismo rurale. In questi momenti sarebbe utile anche mettere a fuoco i punti sull’abbandono agricolo, le richieste latenti dei viticoltori, la potenzialità di un territorio che non è solo espressione di gonfaloni, dirette televisive, numeri e ringraziamenti ma anche perdita di spazi produttivi, forze, debolezze e trasformazioni.

Il gesto obbligato della potatura, pratica sempre più rara, che sopprime i tralci sfruttati e predispone le nuove gemme come speranze produttive e nuovi propositi potrebbe essere una metafora che invita a riflettere sulla viticoltura salentina.

Con tali analisi, in ogni caso si potrebbe addirittura rendere e definire il potere calorifico della Focara di S. Antonio se il suo peso fosse ad esempio di circa 600 tonnellate.

Un ettaro di vigneto potrebbe produrre circa 15-30 qli di sottoprodotti della potatura invernale, pari a 10-15 qli di sostanza secca. Produzioni che invitano a moltiplicare paragoni quando si considera che un solo kg di sostanza secca corrisponda a 3500 kcal mentre un kg di petrolio a circa 9000 cal. Il potere calorifico di un litro di gasolio, di circa 10kw, si potrebbe conseguire quindi con circa 3kg di legno con il 30 % di umidità. Alla luce di tali considerazioni, gli scarti della vite, definiti da un articolo del Dlgs 152/2006, rifiuti dell’agricoltura, potrebbero, forse essere riconsiderati e riproposti durante la cerimonia del dibattito.

Verrà gente da ogni luogo per saggiare ciò che per noi salentini è puro costume, gli umili e modesti fuochi quotidiani saranno eletti a prestigio e opera d’arte.

Allora basta perdersi con l’entusiasmante festa, godere di fumi, odori e sapori, attendere trepidanti il rito dell’accensione, lo scrosciare degli applausi, le sfolgorio delle fiammate e poi sfumare i pensieri al crepitare del fuoco o allo sfondo lunare di gennaio.

di Mimmo Ciccarese

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