Legislazione 13/10/2012

Tutti i trucchi della GDO e dell'industria per evitare i termini di pagamento certo per gli agricoltori

Tutti i trucchi della GDO e dell'industria per evitare i termini di pagamento certo per gli agricoltori

Si avvicina la data in cui diventerà operativo l'articolo 62 del decreto legge 1/2012 e il mondo del commercio e dell'agroindustria si stanno attrezzando per evitare dure ripercussioni di liquidità. Ecco come difendersi


Le transazioni commerciali per i prodotti agricoli e agroalimentari consegnati in Italia, quindi anche l'importato e quanto venduto franco magazzino, sono soggetti all'articolo 62 del del decreto legge 24 gennaio 2012 n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012 n. 27.

Nella norma, nel successivo decreto attuativo interministeriale su cui il Consiglio di Stato ha espresso parere favorevole l'8 ottobre, sono stabiliti alcuni precisi paletti, e relative sanzioni, in merito a contrattualistica, termini di pagamento e concorrenza sleale.

Teatro Naturale ha già esaminato dettagliatamente la legge nell'articolo del 21 luglio scorso (In vigore dal 24 ottobre il termine di pagamento certo per gli agricoltori).

Oggi vogliamo entrare invece in profondità nelle pieghe della legge così da capire quali potenziali e reali escamotage possono adottare GDO e industria per allungare i termini di pagamento previsti in 30 giorni per i prodotti deperibili e 60 giorni per quelli non deperibili.

 

Far cassa e liquidità

Le imprese della Grande Distribuzione, già da alcune settimane, stanno già arbitrariamente allungando i tempi di pagamento previsti dai precedenti contratti. Secondo GDO News le ragioni di tale comportamento potrebbero essere due: “da un lato i Retailer potrebbero essere convinti che all’ultimo momento otterranno una qualche sorta di proroga, magari facendo leva sulla crisi dei consumi, sul possibile contemporaneo aumento dell’iva, minacciando licenziamenti, eccetera. In questo caso beneficerebbero anche dell’allungamento dei pagamenti ottenuto nel frattempo con la scusa della norma.

Oppure, come comincia ad affacciarsi alla mente di molti account e dirigenti di impresa, questo atteggiamento potrebbe essere rivolto ad accumulare liquidità per poi, all’entrata in vigore della norma, proporre dilazioni o rinegoziazioni dello scaduto, con magari un pagamento a stralcio, accompagnato da prospettive di delisting in caso di mancata collaborazione. Insomma si potrebbe pensare che esisterebbe chi sta lavorando per crearsi la liquidità necessaria a spese proprio di quell’industria che dovrebbe beneficiare del nuovo regime di pagamenti.”

 

PEC o non PEC?

Le legge stabilisce che, per dare data certa alla ricezione della fattura, la stessa debba essere inviata tramite “raccomandata A/R, posta elettronica certificata (PEC), sistema EDI o altro mezzo equivalente, come previsto dalla vigente normativa fiscale”.

La Grande Distribuzione sta già attuando pressioni affinchè le aziende spediscano le fatture obbligatoriamente per PEC, un obbligo non previsto dalla norma che lascia invece al fornitore la scelta su quale mezzo di invio preferire.

Si ricorda, tuttavia, che per tutte le imprese, tranne che per le ditte individuali, è previsto l'obbligo di dotarsi di PEC.

 

Deteriorabile o non deteriorabile?

La legge stabilisce che sono deteriorabili tutti i prodotti confezionati con data di scadenza inferiore ai 60 giorni, prodotti ittici, agricoli e alimentari non sottoposti a processi che allungano la durabilità, alcuni prodotti a base di carne e tutti i tipi di latte.

E' chiaro, quindi, che per molti prodotti assume grande valore la dichiarazione del produttore in merito alla durata del prodotto. La stessa, se il prodotto è confezionato, è indicata in etichetta ma se sfuso dovrà essere oggetto di apposita clausola contrattuale, da verificare. Infatti vi può essere la tentazione, da parte della GDO, di fornire contratti standard che prevedano la durata del prodotto a 60 giorni, col duplice vantaggio di garantirsi una dichiarazione vincolante da parte del produttore, da utilizzarsi anche in sedi di contenziosi, e di allungare i termini di pagamento.

 

Fattura a fine mese

La legge impedirebbe che le clausole contrattuali prevedano l'obbligo per il produttore di emettere la fattura solo dopo un certo lasso di tempo “salvo il caso di consegna dei prodotti in più quote nello stesso mese, nel qual caso la fattura potrà essere emessa solo successivamente all’ultima consegna del mese.”

E' quindi possibile che vengano richieste consegne scaglionate di cui una molto vicina al termine del mese, tale da rendere praticamente impossibile il ricevimento della fattura entro l'ultimo giorno del mese, guadagnando così 30 giorni di liquidità. Ricordiamo infatti che i termini di pagamento scattano dall'ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura.

Il legislatore ha cercato di porre anche altre serie di vincoli e paletti affinchè non si verifichino le condizioni per ritardati pagamenti ma lo stesso Consiglio di Stato nutre perplessità tanto da affermare che “al comma 4, si stabilisce che, “in mancanza di certezza circa la data di ricevimento della fattura”, questa “si assume ricevuta nella stessa data di consegna dei prodotti”. È opportuno chiarire l’esatto significato della previsione. La formula “si assume”, infatti, non possiede una valenza univoca. Si suggerisce, allora, di prescrivere che, in mancanza della prova documentale della data di ricevimento della fattura, secondo le modalità analiticamente indicate dalla disposizione regolamentare, si presume che la data di ricevimento della fattura coincida con quella di consegna delle merci. Si dovrebbe trattare, però, di una presunzione semplice, che potrebbe essere superata mediante la prova contraria.”

 

Valore da definire

Una questione che sta sollevando ulteriori problematiche riguarda la possibilità che l'importo della fornitura non sia determinato in contratto, preferendo invece basarsi su una metodologia di valutazione che valorizzi il prodotto in base a metodi e fattori indeterminabili al momento della sottoscrizione del contratto.

Un escamotage possibile visto che il legislatore ha previsto che “le modalità di emissione della fattura sono regolamentate dalla vigente normativa fiscale”. Quindi anche dal DM 15 novembre 1975 che stabilisce appunto questa possibilità.

E' possibile, dunque, una clausola contrattuale che preveda che il il bene sia pagato in rapporto, relazione o percentuale al valore del prodotto stesso in base alle rilevazioni (settimanali, mensili, trimestrali) Ismea o di una Camera di Commercio. In questo modo il produttore dovrà attendere di conoscere questi dati prima di poter emettere fattura. Si otterrebbe così una dilazione di pagamento sostanziale da parte della GDO e/o dell'industria.

di R. T.

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Commenti 2

Dario Dongo
Dario Dongo
05 novembre 2012 ore 00:11

Complimenti anzitutto per il prezioso approfondimento su una norma che è già stata oggetto di interpretazioni a dir poco fantasiose!
Rispetto alla Vs. lettura, mi permetto solo di evidenziare che la determinazione del termine di durabilità del prodotto (sia che si tratti di TMC che di data di scadenza) rimane nelle competenze e responsabilità esclusive del produttore, anche in caso di vendita di alimenti sfusi. Basterà quindi indicare in nota di consegna o DDT o fattura che i prodotti ceduti sono deteriorabili oppure no.
Nell'occasione Vi segnalo che il 5.11.12 sarà pubblicato il primo ebook sull'argomento, disponibile su www.ilfattoalimentare.it
Un caro saluto e buon lavoro
Dario

angiolino berti
angiolino berti
13 ottobre 2012 ore 08:18

Con questa nuova iniziativa del governo, si aprirà sicuramente una nuova ondata di licenziamenti,provocherà sicuramente la mancanza di acquisti importanti verso la grande industria mettendo a repentaglio tutto il comparto occupazionale, a mio avviso si sta facendo di tutto per far scomparire le piccole aziende mettendo sul lastrico intere famiglie, mentre invece per tutti quei politici disonesti che hanno rubato tutto o quasi non si fa nulla,anzi li premiamo facendoli ricandidare nuovamente per rubare di nuovo.