L'arca olearia 27/06/2014

Dall'olio extra vergine d'oliva non si guadagna? Ecco strade alternative per ricavar reddito dall'oliveto

Contro il disaccoppiamento degli aiuti può tornar utile la consociazione agraria, magari unita all'allevamento di polli od oche, considerandole un “mezzo” agronomico. Avete poi mai pensato all'aspargo selvatico?


In passato l'olivo era prevalentemente una coltura consociata ad altre colture e/o allevamenti. Successivamente si è passati alla coltura specializzata che consentiva l’uso delle macchine e l’economia di scala. L’agricoltura specializzata e monocolturale, però, oggi è in forte difficoltà, non riuscendo più a fare reddito, oltre che essersi dimostrata insostenibile da un punto di vista ambientale. Così oggi siamo tornati all’inerbimento per ristorare la fertilità, prevenire l’erosione, risparmiare nelle spese (evitando le lavorazioni) o per concimare in modo naturale l’oliveto biologico. Nel frattempo la redditività netta dell'oliveto è scesa notevolmente, tanto da essere troppo spesso negativa e, con il disaccoppiamento dei contributi, la stragrande maggioranza degli oltre un milione di ettari di olivicoltura in Italia sono a rischio di abbandono, con enormi conseguenze ambientali e paesaggistiche. Una soluzione, allora, potrebbe essere quella di (ri)fare della vegetazione che inerbisce l'oliveto, che ora viene considerata solo come un costo (va falciata o diserbata), una produzione vendibile.
La coltura da consociare va scelta in funzione del mercato e in base alla propria struttura aziendale. Negli oliveti lavorati annualmente si possono consociare colture annuali, magari leguminose azoto-fissatrici, naturalmente a ciclo autunno-primaverile (come fave, ceci, piselli, vecce, ecc.), in modo da minimizzare la competizione con l’olivo. Molte sono le pubblicazioni e le esperienze su queste consociazioni.

Meno noto e sfruttato, invece, è il tema delle piante spontanee eduli che crescono nell’oliveto, molte delle quali erano usate per scopo alimentare nella nostra tradizione e potrebbero oggi essere sfruttate con interesse. In particolare questi prodotti possono essere sfruttati in mercati di nicchia (sempre più gli unici remunerativi), in agriturismo (20 mila in Italia) per riproporre piatti tradizionali e salutari, e per autoconsumo (l’olivicoltura italiana si caratterizza per la piccola proprietà e, quindi, un largo autoconsumo di olio). Le proprietà salutistiche di queste erbe spontanee, così come per l’olio, sono utili a promuovere il prodotto: le verdure spontanee di campagna non sono meno benefiche dell’olio. Le verdure spontanee erano una costante nella vera dieta mediterranea, oggi riconosciuta come benefica e persino divenuta patrimonio dell’umanità. Una lista delle specie eduli che possono crescere nell'oliveto viene riportata in un precedente articolo (Rosati, 2011).

Ma oltre alle erbe spontanee, altre colture innovative possono essere coltivate sotto l'olivo. Una di queste è l’asparago selvatico (Asparagus acutifolius). Conosciuto e probabilmente coltivato già in antichità (Aliotta et al., 2004), non è attualmente coltivato, se pure la sua possibile coltivazione comincia a riscuotere un certo interesse (Rosati, 2001). Questo asparago è da sempre impiegato in cucina (Venezia et al., 1993; Rosati, 2001; Fiori et al., 2001; Aliotta et al., 2004; Adam, 2004; Pieroni et al, 2005; Della et al., 2006). I turioni (o asparagi) sono raccolti da piante spontanee e venduti nei mercati locali o ai ristoranti. I prezzi piuttosto alti (da 10 a 30 € per kg) hanno stimolato molti agricoltori a tentarne la coltivazione (Rosati, 2001; Adam, 2004). La coltivazione di questa specie potrebbe consentire di estenderne il mercato, attualmente limitato dalla scarsità del prodotto spontaneo, creando un’occasione di reddito, così come accaduto per la fragolina di bosco e per il tartufo. Per dettagli sulla coltivazione dell’asparago selvatico si rimanda a lavori recentemente pubblicati (Aliotta et al., 2004; Rosati et al., 2005; Benincasa et al., 2007).

Perché coltivare l'asparago selvatico proprio sotto l'olivo? L’asparago selvatico cresce spontaneamente nell’area mediterranea ed ha esigenze ecologico-ambientali del tutto simili a quelle dell’olivo, tranne che cresce bene in ombra parziale, a differenza dell’olivo che esige il pieno sole. Quindi la coltivazione dell’asparago sotto l’oliveto non toglie luce alla specie dominante, mentre l’asparago non soffre ed anzi si avvantaggia dell’ombra non densa dell’olivo. Consociare olivo ed asparago consente le massime produzioni di entrambe le specie sullo stesso terreno.

Un problema evidente della consociazione olivo-asparago è quello dell’intralcio alla raccolta delle olive dovuto alla vegetazione spinosa dell’asparago, che si può impigliare nelle reti. Esistono però reti fatte con materiali plastici forati molto scorrevoli e create appositamente per non impigliarsi. Piantando l’asparago solo lungo la fila di olivi il problema si riduce notevolmente, così come si riduce impiegando scuotitori con ombrello rovescio al posto delle reti. Il problema non si pone nel caso di oliveti superintensivi, che stanno occupando una superficie crescente: con asparagi piantati solo lungo la fila non vi sono problemi con la raccoglitrice-scavallatrice, mentre la distanza ravvicinata delle file di olivo consente comunque un discreto investimento di piante di asparago per ha, pur piantando solo lungo la fila. L’eventuale irrigazione a goccia dell’oliveto, poi, può essere egregiamente sfruttata per le due colture, incrementando le rese di entrambe e creando ulteriori economie di scala.

L’asparago è perenne e quindi non richiede lavorazioni del terreno una volta trapiantato, consentendo l’inerbimento permanente dell'oliveto, richiedendo solo lo sfalcio della vegetazione spontanea, proprio come l’olivo.

Ma andiamo oltre con il concetto di integrare più colture e/o allevamenti. Lo sfalcio delle infestanti rappresenta un costo economico ed ecologico (consumo di carburanti, mezzi e manodopera). Nell’oliveto, le infestanti possono essere controllate introducendo animali al pascolo, quali ovini ed equini. I primi possono cibarsi di olivo, ma, in oliveti tradizionali, non raggiungono la chioma impostata alta. I cavalli in genere non appetiscono l’olivo se non affamati o annoiati (lasciati troppo a lungo nell'oliveto). Anche nel caso di consociazione olivo-asparago selvatico, gli animali possono controllare la flora infestante visto che la vegetazione spinosa dell’asparago non è appetita dalla maggior parte degli animali. L’allevamento di pollame sotto l’oliveto-asparagiaia è molto indicato, vista la piccola taglia degli animali e la loro elevata capacità “diserbante”. Le oche vengono comunemente impiegate negli USA per il diserbo di fragole, cotone, frutteti, vigneti, vivai ed altro (Geiger e Biellier, 2006). Le oche sono ottime pascolatrici, ma non “lavorano” il terreno, essendo palmipedi. Per una azione più energica si possono impiegare i polli, capaci non solo di distruggere qualsiasi vegetazione, ma anche di spandere eventuali mucchi di letame o altro materiale organico apportato. Il pollame, inoltre, si ciba della criocera degli asparagi (negli USA viene raccomandato anche per l’asparago coltivato) e non è da escludere che possa anche avere una certa azione di disinfestazione contro la mosca dell’olivo, appetendo le pupe che cadono a terra (anche se questo controllo a posteriori del danno non può essere risolutivo).

Quale che sia la specie animale introdotta, tra gli altri vantaggi c’è quello dell’apporto di letame che, se gli animali sono allevati con il giusto carico per ettaro, assolve completamente alle esigenze di concimazione dell'oliveto, in modo naturale, risolvendo contemporaneamente i problemi di smaltimento a carico dell'allevamento.

Va detto, però, che l’introduzione di animali va attentamente studiata e calibrata per ogni situazione e non si può semplicemente recintare l’oliveto e lasciarvi gli animali ininterrottamente, in quanto a lungo andare, si finisce per danneggiare la coltivazione e/o compattare il terreno. L’animale va gestito con intelligenza come qualunque altro “mezzo” agronomico.

Conclusioni
In un'agricoltura sempre più incerta, con prezzi imprevedibili e cambiamenti climatici, fare reddito con una sola coltura è una scommessa. Un agro-ecosistema complesso con più possibilità di reddito, oltre ad essere più produttivo, mette al riparo l’agricoltore/imprenditore da perdite di reddito totali. Inoltre, dal momento che per arginare la perdita di reddito gli agricoltori stanno cercando di accorciare la filiera, rivolgendosi in molti casi alla vendita diretta, la consociazione di altre colture e/o allevamenti all’oliveto può rifornire il punto di vendita aziendale di ulteriori prodotti che, venduti al consumatore finale e quindi a prezzi interessanti, possono contribuire notevolmente al reddito dell’impresa agricola.
Con il disaccoppiamento oggi e la possibile cessazione dei contributi domani, si potrebbe arrivare all’abbandono di migliaia, se non di milioni, di ettari di olivo e di paesaggio in Italia ed in Europa. D’altro canto, almeno in Italia, spiantare l’oliveto è illegale. Le consociazioni di colture e/o allevamenti nell'oliveto, possono servire ad aumentarne il reddito, oltre che a rendere l’agricoltura al contempo più sostenibile e più produttiva.

 

Per ulteriori approfondimenti si rimanda ad altri articoli (Rosati et al. 2011, 2014) e ai seguenti link:

Filmato sulla coltivazione di asparago e l'allevamento del pollo nell'oliveto:
http://www.youtube.com/watch?v=ALw73WwUr2o

Altri articoli:
http://www.aiol.it/contenuti/territorio/sviluppo-rurale/olivo-asparago-selvatico-pollo-rustico
http://www.agricoltura24.com/agri24/pdf/Bozza-OO-2011-08-020.pdf

Per scaricare il “Manuale per la coltivazione consociata Olivo Asparago selvatico Pollo rustico”:
http://sito.entecra.it/portale/public/documenti/manuale_olivo_asparago_pollo.pdf?lingua=IT

Bibliografia

ADAM D., 2004. L'asperge sauvage: de la recolte spontanee a une production commerciale. Infos-Ctifl, 207 (4): 43-45.
ALIOTTA G., ACETO S., FARINA A., GAUDIO L., ROSATI A., SICA M., PARENTE A., 2004. Natural history, cultivation and biodiversity assessment of asparagus. In: Global Research-Network (Ed.): Research Advances in Agriculture and Food Chemistry, 5: 1-12.
BENINCASA P., TEI F., ROSATI A., 2007. Plant density and genotype effects on wild asparagus (Asparagus acutifolius L.) spear yield and quality. HortScience, 42(5):1163–1166.
DELLA A., PARASKEVA-HADJICHAMBI D., HADJICHAMBIS A.C., 2006. An ethnobotanical survey of wild edible plants of Paphos and Larnaca countryside of Cyprus. Journal of Ethnobiology and Ethnomedicine, 2: 34.
FIORI P.P., GIOLA M., LEDDA M., TEDDE M., 2001. Valorizzazione dell’asparago selvatico (A. acutifolius L.). L’Informatore agrario, 57 (50): 47.
GEIGER G., BIELLIER H., 2006. “Weeding with geese”- Extension, Department of Animal Sciences, University of Missouri (sito internet).
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ROSATI A., 2001. Un possibile futuro per l’asparago selvatico. L’Informatore Agrario, 57 (7): 89-92.
ROSATI A., PEPE R., SENATORE A., PERRONE D., FALAVIGNA A., 2005. Produttività dell’asparago selvatico. L’informatore agrario, 61 (8): 75-77.
ROSATI A., 2011. Asparagi nell’oliveto e la produzione raddoppia. Olivo e Olio, 7/8: 20-24.
ROSATI A., PIOTTOLI L., CARTONI A., DAL BOSCO A., CASTELLINI C.. 2014. Polli al pascolo nell'oliveto Risparmio a tutto campo. Olivo e Olio, 6: 4-7.
VENEZIA A., SORESSI G.P., FALAVIGNA A., 1993. Aspetti relativi alla valorizzazione di specie di asparago spontanee in Italia. Agricoltura e Ricerca, 141: 41-48.


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