L'arca olearia
Affondare l'Alta Qualità dell'olio extra vergine italiano grazie a un burocratese incomprensibile
Alla fine la montagna ha partorito un topolino, piccolo, piccolo. Assolutamente inutile e insignificante. Qualcuno ha voluto affondare un progetto su cui la filiera olivicola nazionale aveva riposto tante speranze. Un lavoro lungo un anno e più. Il risultato finale? Un compromesso al peggior ribasso in sede di Conferenza Stato-Regioni. Nasce già morto il “sistema italia di qualità”
29 novembre 2013 | Giampaolo Sodano
Sistema italia di qualità, chi sarà quel genio che ha partorito questa definizione. Certamente deve essere iscritto nell’albo d’oro degli uomini di marketing o forse sarà un figlio naturale del defunto Armando Testa oppure… per ora dobbiamo accontentarci di quanto si afferma in un verbale: è stato il tavolo (si legge tavolo del coordinamento interregionale). Ma, ci assicurano, dopo un lungo scambio di idee e opinioni fra i rappresentanti di 10 regioni. È talmente straordinaria, fantastica che si rimane basiti, increduli di fronte a tanta creatività. Non riesco a immaginare l’espressione di stupore, di meraviglia di quella massaia che, davanti allo scaffale degli oli del supermercato dove fa la spesa tutte le mattine, sarà attratta da quell’etichetta su cui leggerà, sillabando sottovoce: “sistema italia di qualità”. E poi, afferrata la bottiglia, di corsa alla cassa felice di aver acquistato non un olio di semi vari con esano o un olio di sansa con trielina e neppure un olio d’oliva raffinato, evitando perfino di comprare il solito extravergine da 2 euro con deodorato. Ha comprato un “SISTEMA”. E non un sistema qualsiasi, ma uno di quei sistemi con nazionalità sicura e soprattutto di qualità. Ma, dato l’alto costo, non lo sprecherà per una banale frittura di pesce, ma, come fece Totò, lo chiuderà in cassaforte e lo userà con il contagoccie (vedi “47 morto che parla”).
Spero mi vorranno perdonare gli autori – che, seduti intorno a quel tavolo in una bella mattina d’autunno mentre noi producevamo l’olio estratto dalle olive, hanno raggiunto questo significativo compromesso - per queste poche righe ironiche, ma non ho trovato un altro modo per commentare una soluzione al problema del valore dell’olio dalle olive prodotto nel nostro paese che noi dell’AIFO giudichiamo sbagliata. Tale per cui la nostra associazione, che sarà bene ricordarlo organizza gli unici imprenditori che producono l’olio dalle olive e cioè i frantoiani, ha voluto dichiarare in modo chiaro e inequivoco il proprio dissenso affermando “non aderiremo a questa certificazione volontaria poiché significherebbe solo ulteriori adempimenti e costi non giustificati”. E Piero Gonnelli, presidente di AIFO, aggiunge, in una lettera al Ministero delle politiche agricole: “l’adozione del termine “sistema italia di qualità” al posto di “alta qualità” riteniamo possa essere contrastato, innanzitutto, in sede europea inquanto elogiativo del paese Italia a dispetto degli altri paesi aderenti ma, soprattutto, riteniamo che per i consumatori possa diventare un marchio di difficile interpretazione”.
Rimane la domanda di come possa accadere che difronte ad un problema serissimo come quello di dare valore alla qualità del nostro olio dalle olive, e di farlo riconoscere dal consumatore con una etichetta chiara, si arrivi, dopo lunghe e numerose riunioni, ha un simile compromesso. Come tanti misteri di casa nostra anche questa domanda rimarrà senza risposta. L’unica certezza è che si continuerà a penalizzare questo eccellente prodotto dell’artigianato italiano favorendo l’olio spagnolo e tunisino importato e imbottigliato dai cosiddetti grandi marchi dell’industria nazionale, e non solo.
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30 novembre 2013 ore 17:46Egregi Signori,
immagino che sia vero e giusto quello che dite, ma posso chiedervi di spiegarlo anche a me quello che è successo e di cui state parlando? Se il fattaccio del burocratese incomprensibile dovuto al marchio "sistema italia di qualità" è di difficile interpretazione per il consumatore, allora a me consumatore risulta doppiamente incomprensibile, in quanto non capisco neanche quello di cui state parlando.
In quanto poi al pensiero di Breccolenti, vorrei approfondire la questione, intervenendo in due fasi.
In questa prima fase, provo a sintetizzarlo in questo modo:
- il consumatore, quando compra, ha diritto di conoscere la "vera qualità dell'olio"
- quindi, qualcuno lo deve aiutare in modo che ci riesca a conoscere la vera qualità dell'olio; chi? Noi, che siamo produttori, organizzati in associazioni serie!
- in che modo? Istruendolo, con corsi, manifestazioni, nelle quali apprenderà a riconoscere i sapori e i profumi dell'olio "fatto come si deve".
Sono nel giusto, fin qui? Se sì, allora con un cenno di conferma da parte Vostra mi sentirò autorizzato a continuare inviando la seconda parte.
Angelo Minguzzi
Gigi Mozzi
30 novembre 2013 ore 16:31Caro Sodano,
non si può non sottoscrivere tutto quello che scrivi.
Mi chiedo se possiamo passare dalle parole agli atti (non ai fatti, agli atti):
nel senso che dovremmo, non solo restare allibiti e sorpresi, ma fare un passo in avanti e chiedere la ragione di questa splendida operazione di marketing politico (senza offesa per il marketing).
Dovremmo chiedere e chiederci:
è stata fatta apposta o è stata fatta per davvero, ci sono o ci fanno ?
I casi sono due, non di più:
o chi ha deciso di barattare la denominazione "alta qualità" con la denominazione "sistema Italia di qualità" non sa che differenza c'è
oppure, chi ha deciso lo sa, e lo ha fatto sapendo in questo modo di affossare il progetto "alta qualità".
In entrambe i casi, il risultato è uno:
qualcuno ci sta sghignazzando mentre altri pagheranno il conto.
(ps. la stessa domanda "ci sono o ci fanno" vale anche per l'articolo "l'Italia olivicola non ha bisogno di promuovere i suoi extra":
anche in quel caso sarebbe bello capire se è stata fatta apposta o per davvero).
giovanni breccolenti
30 novembre 2013 ore 09:50Oramai non possiamo aspettarci nulla di positivo dal famoso sistema anzi "non sistema Italia", in totale balia di creditori esterni e di un Europa che non è l'Europa che in molti, ingenuamente,avevamo sognato.
Nel nostro comparto e parlo di quello dell'olio buono, se vogliamo far conoscere la vera qualità dell'olio non ci rimane altro che scendere in campo direttamente. L'aifo, le altre associazioni di produttori seri, devono incominciare, a prescindere da cio' che è scritto in etichetta, ad agire direttamente sul consumatore con molta piu' energia di quanto si è fatto fino adesso (molto poco). Il consumatore deve essere in grado di riconoscere con i suoi sensi l'olio buono.
Fare corsi nelle scuole, negli enti pubblici nelle manifestazioni legate al cibo e ovunque ci sia la possibilità, insomma insegnare a tutti i veri profumi dell'olio fatto come si deve e l'importanza del piccante e dell'amaro (quello giusto, ovviamente).
Redazione Teatro Naturale
30 novembre 2013 ore 18:27Per approfondire il tema del marchio, e relativo disciplinare, Alta Qualità consigliamo la lettura dei seguenti precedenti articoli:
- http://www.teatronaturale.it/strettamente-tecnico/l-arca-olearia/15086-tutti-per-uno-e-uno-per-tutti-l-olio-extra-vergine-d-oliva-italiano-e-d-alta-qualita-ha-trovato-casa.htm
- http://www.teatronaturale.it/strettamente-tecnico/l-arca-olearia/17710-l-alta-qualita-per-l-olio-d-oliva-torna-in-alto-mare.htm
Per approfondire ulteriormente il tema consigliamo di utilizzare la funzione "cerca" con keyword "alta qualità olio". Si potranno trovare molti altri spunti e presi di posizione da parte dell'intera filiera olivicolo-olearia.