L'arca olearia 17/11/2012

L'olio d'oliva italiano continua a piacere in Cina

L'olio d'oliva italiano continua a piacere in Cina

Non si sono avverate le peggiori previsioni su un crollo dell'export oliandolo del nostro paese nel Regno di Mezzo a seguito del clamore suscitato dall'articolo di Berizzi e dallo scandalo che ne seguì. Il Made in Italy tira


Non sono più gli incrementi che sfioravano le tre cifre di due o tre anni fa ma l'olio d'oliva italiano in Cina continua a piacere.

Non si sono quindi avverate le peggiori previsioni di un crollo dell'export italiano nel Regno di Mezzo a causa dell'articolo di Paolo Berizzi lo scorso dicembre e di tutto il clamore mediatico internazionale che ne seguì.

I danni, per le aziende italiane, sono dunque stati assai limitati, almeno stando alle prime indicazioni che giungono dal Coi in merito alle esportazioni di olio italiano in Cina. A farla da padrone gli oli vergini d'oliva, con l'84% del mercato, segue l'olio di sansa di oliva, con l'11%, e quindi l'olio d'oliva con il 5%.

Nel periodo ottobre 2011-settembre 2012, stando a recenti dati Coi, le esportazioni di oli d'oliva dal nostro paese verso la Cina sono state pari a 10.729 tonnellate, di cui, se teniamo conto della distribuzione del mercato citata, circa 9000 dovrebbero essere di olio vergine ed extra vergine d'oliva.

Sebbene non si tratti di dati confrontabili tout court, perchè invece riferiti all'anno solare, per capire il trend possiamo rapportarci ai dati dell'export italiano in Cina di oli d'oliva vergini negli anni 2011, 2010 e 2009, secondo elaborazioni Ice/Area Agro-alimentare su dati Istat.

Nel 2011 l'Italia ha esportato in Cina 6902 tonnellate di olio d'oliva vergine, nel 2010 6588 tonnellate e nel 2009 3111.

Da questi dati emerge che vi sia stato un vero e proprio boom di vendite tra il 2009 e il 2010 con una crescita a doppia cifra, per poi subire una brusca frenata (+4,8%) nel 2011.

Considerando il trend emerso dai dati Coi ne risulta che il 2012, in rapporto all'anno precedente, potrebbe presentare una performance commerciale molto positiva, con una crescita a due cifre. Dopo la battuta d'arresto del 2011, il 2012 dovrebbe insomma essere all'insegna di una vivace ripartenza del nostro export verso la Cina.

 

A dominare la scena degli oli d'oliva in Cina è comunque sempre la Spagna (26885 tonnellate) con il 60% del mercato, seguita dall'Italia e poi da Grecia (2720 tonnellate), Tunisia (115 tonnellate), Australia (953 tonnellate), Turchia (832 tonnellate) e Siria (733 tonnellate).

 

di Alberto Grimelli

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Commenti 10

Paolo Caglieri
Paolo Caglieri
21 novembre 2012 ore 19:46

Gentile dottor Caricato,

anche rileggendo i miei commenti io non ci trovo niente di offensivo, ribadisco il mio dissenso sull'atteggiamento delle Istituzioni riguardo il citato articolo e se mi capitera' in futuro di essere ospitato sulla Vs. testata cerchero' di essere piu' moderato nella espressione del mio pensiero onde non urtare la sensibilita' di nessuno.


Grazie

Paolo Caglieri

Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
19 novembre 2012 ore 08:38

Gentile Sig. Manca,
non si preoccupi. Certamente non la iscrivo alla pletora di polemisti che affollano la nostra testata.
Il suo contributo è molto utile ed interessante, pertanto meritevole di un approfondimento. Quando Teatro Naturale si aprì ai commenti lo fece proprio con questo spirito: cercare di approfondire, con il contributo di tutti, le questioni che via via sono affrontate sulle nostre pagine.
Veniamo al dunque.
Un'inchiesta giornalistica deve contenere dati, numeri e, possibilmente, nomi. L'articolo di Berizzi non aveva nessuno di questi connotati. Quando erano presenti dati questi erano spesso sbagliati e le indiscrezioni, che probabilmente si riferivano all'inchiesta giudiziaria Arbequino in corso, erano eccessivamente vaghe. Una cosa è però giudicare la qualità del lavoro di Berizzi, altro è valutare i possibili danni che l'articolo ha causato. E' su questo secondo punto che è concentrato il mio articolo.
Anch'io sono rimasto stupito dai dati Coi pubblicati l'8 novembre scorso, tanto da chiedere riscontri, ricevendo una sostanziale conferma dei numeri forniti dal Consiglio oleicolo internazionale. E' chiaro che il quadro offerto dai dati Coi e da quelli Ice è molto divergente. Occorrerà attendere quindi l'uscita dei dati definitivi di fine anno, sperando siano concordi, per avere lo scenario più preciso.
A beneficio di tutti i lettori, anche di coloro che legittimamente sono meno esperti di economia, ho indicato la differenza tra import e quote di mercato. Si tratta di dati che andrebbero sempre letti insieme perchè forniscono un quadro più completo. Il nostro export può infatti aumentare in un paese estero in numeri assoluti ma la quota di mercato diminuire se, come presumibilmente sta avvenendo in Cina, la percentuale di crescita del nostro export è inferiore rispetto alla percentuale di crescita assoluta delle importazioni in quel paese. Come giustamente ha rilevato “le ragioni sono molte e andrebbero analizzate con cura”. Le sue posizioni sono assolutamente ragionevoli e moderate, quindi le apprezzo, ma ho visto e noto una tendenza a trovare facili alibi, vedi articolo di Berizzi, per non affrontare le ragioni della crisi sistemica del nostro comparto oliandolo.
Mi è noto che la Spagna sta facendo una campagna comunicazionale molto aggressiva soprattutto nei paesi emergenti, affermando che i marchi italiani sono “pieni” di olio spagnolo e che, quindi, è meglio acquistare l'originale a minor prezzo.
In chiusura una nota positiva e di ottimismo, letta recentemente in un legal update di Gianni Orrigoni Grippo Cappelli Partners a proposito del mercato cinese dell'olio d'oliva: “le imprese agroalimentari italiane, che hanno nella qualità il loro punto di forza, non devono avere nulla da temere.”
Cordiali saluti
Alberto Grimelli

Pasquale  Manca
Pasquale Manca
19 novembre 2012 ore 04:56

Gent.le Sig. Grimelli,
non faccio parte della pletora di polemisti che troppo spesso affollano il blog di Teatro Naturale per cui non si preoccupi, non è mia intenzione dare la stura a nessun batti e ribatti infinito, ma voglio far rilevare alcune cose:
1. Ho fatto riferimento all’incauto giornalista perché da lei citato e che sembrava, dalle sue parole, “quasi” completamente deresponsabilizzato per l’attuale situazione delle vendite in Cina degli oli italiani. Ovviamente non era mia intenzione dargli tutte le colpe della situazione negativa in cui versa l’olio italiano in Cina anche se, non si può negare, gli si può ascrivere almeno un po’ di responsabilità per via dell’articolo del Dicembre scorso. Infatti, se ricorda, finisco il mio modesto commento precedente scrivendo: “Certamente di questo bisogna ringraziare almeno un poco il Sig. Berizzi e i suoi molto poco attendibili suggeritori/informatori”. Come vede non crocifiggo Berizzi ma lo reputo comunque parzialmente responsabile. A proposito poi dello scandalo che ne sarebbe seguito, almeno per quanto mi riguarda, lo scandalo sta nel fatto che ci siano certi personaggi che hanno la licenza di scrivere su giornali di grande tiratura quanto di più approssimativo e lontano ci sia dalla realtà. Lei stesso ha giustamente rilevato nella sua risposta che l’articolo conteneva: “toni scandalistici censurabili ed era zeppo di errori”.
2. Le performance 2012 degli oli italiani o di provenienza italiana in Cina sono sicuramente le peggiori tra tutti i paesi extra UE, quindi l’olio italiano piacerà pure in Cina ma piace un po’ meno che altrove. Le ragioni di questo sono molte ed andrebbero analizzate con cura.
3. Ho ben chiara la distinzione tra import e quote di mercato e la perdita del 19,3% si riferisce al totale dell’import. Nell’ambiente in cui lavoro io una performance del – 19,3% nelle vendite, se fosse confermata, sarebbe un dato catastrofico e rappresenterebbe, se riportato a livello aziendale, l’anticamera del sicuro licenziamento di un responsabile commerciale.
4. Infine se escludiamo una lodevole ma solitaria reazione di Federolio, istituzionalmente non è stato fatto nulla per contrastare e delimitare il problema di immagine negativa che ancora caratterizza i nostri oli.

La saluto cordialmente,
Pasquale Manca

Paolo Caglieri
Paolo Caglieri
18 novembre 2012 ore 19:27

La verita' (Manca mi dica se sbaglio) e' che le aziende spagnole si affermano sui mercati internazionali CON il loro Ministero e CON la loro stampa mentre gli italiani lo fanno NONOSTANTE il loro Ministero e la loro stampa.....ROTTAMIAMOLI

Paolo Caglieri
Paolo Caglieri
18 novembre 2012 ore 18:52

Strano che ne' il Ministero ne' il Ministro abbiano espresso nessuna condanna riguardo un "servizio giornalistico" cosi' fortemente lesivo degli interessi del settore (produzione,commercio,confezionatori non si salvava nessuno...)da mettere in allarme le ambasciate sia in Cina che in altri paesi. Chissa' perche? Lassismo? Assenso?

Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
18 novembre 2012 ore 15:10

Gent. Sig. Manca,
la ringrazio per gli ulteriori dati che ci ha fornito che divergono sensibilmente da quelli Coi riportati nel mio articolo. Mi limito a sottolineare che entrambe sono fonti molto autorevoli.
Sottolineo come anche altre fonti ufficiose, sia istituzionali sia associative, mi hanno confermato il quadro descritto dal Coi, segnalando qualche difficoltà nel breve periodo a seguito dell'articolo di Berizzi, difficoltà che sono rientrate nel volgere di pochissime settimane.
Ciò che emerge però chiaramente dai dati che lei ha presentato è che, ben prima dell'articolo di Berizzi del 22 dicembre 2011, l'Italia ha perso clamorosamente quote di mercato a scapito della Spagna. Nel 2010 avevamo il 35% del mercato e nel 2011, quindi prima che l'articolo di Berizzi potesse esercitare i suoi presunti negativi effetti, il 23,4%. Un calo dell'11,6%, non ascrivibile a campagne stampa negative. Dopo l'articolo di Berizzi il calo provvisorio delle quote di mercato, in base ai dati Ice, sarebbe del 3,3%.
Tengo a sottolineare che si tratta di un calo delle quote di mercato, non quindi dei numeri assoluti del nostro export in Cina. I due dati, quote di mercato e numeri assoluti, devono essere tenuti distinti e separati onde evitare confusione. Può infatti crescere l'export in termini assoluti ma ugualmente si possono perdere quote di mercato.
Le quote di mercato forniscono un indice della competitività del sistema paese e che l'Italia sia debole è un fatto noto da tempo, ben documentato e denunciato su Teatro Naturale.
Sarebbe, semmai, da porsi una domanda. Perchè nel 2010 abbiamo accresciuto la nostra quota del 3,8% rispetto al 2009 e abbiamo poi subito un tracollo dell'11,6% nel 2011 rispetto all'anno precedente?
Fermo restando che Berizzi, in questo caso, non è responsabile di tale dato negativo, sarebbe comunque riduttivo e semplistico ascrivere questi risultati unicamemente a un articolo giornalistico che pur ha utilizzato toni scandalistici censurabili ed era zeppo di errori. Nessuno vuole difendere Berizzi ma non vorrei che il suddetto articolo funzionasse come un comodo alibi utile a nascondere le vere criticità del sistema oleario italiano.
Cordiali saluti
Alberto Grimelli

Pasquale  Manca
Pasquale Manca
18 novembre 2012 ore 14:08

Ecco i dati appena diffusi dall'ICE durante l'ultima edizione del FHC di Shanghai conclusai Venerdì scorso,(quindi non allarmismo fine a se stesso ma dati oggettivi), sulle importazioni di olio di oliva in Cina dei primi nove mesi del 2012 e il raffronto con gli anni precedenti con la Spagna:

Importazioni di olio di oliva Anno 2012 Gennaio/Settemnbre:
Spagna + 21,5%
Italia - 1,9%
Quote di mercato:
Anno 2012 - Gennaio/Settembre: Spagna 59,2%; Italia 20,1%
2011: Spagna 57,8%; Italia 23,4%
2010:Spagna 45,2%; Italia 35%
2009: Spagna 44,6%, Italia 31,2%
Nel corso dei primi mesi del 2012 il mercato dell'olio di oliva, almeno stando alle importazioni, è crescituo in Cina del 17,4%, significa quindi che l'Italia ha perso il 19,3%.

Se questa non è una debacle mi si spieghi in quali altre forme questa si debba manifestare per poterla definire tale. Inviterei quindi Teatro Naturale a stare un pò più attento prima di sminuire una situazione che invece rimane grave grazie al purtroppo famoso, quanto incredibilmente impreciso e denso di notizie non corrispondenti alla realtà, articolo di Repubblica del Dicembre scorso. Gli operatori che si confrontano con il mercato cinese sanno bene che la situazione rimane critica e per niente in miglioramento. Certamente di questo bisogna ringraziare almeno un poco il Sig. Berizzi e i suoi molto poco attendibili suggeritori/informatori.
Pasquale Manca

Paolo Caglieri
Paolo Caglieri
17 novembre 2012 ore 12:54

Mi sono sempre chiesto: come mai, non abbiamo mai visto o sentito o letto qualcosa da parte del Mipaaf o del Ministro riguardo l'articolo di Berizzi? Qualcuno me lo siega?