Italia

L’agricoltura italiana si salverà o no?

E’ una guerra di cifre, di numeri e di progetti, con documenti segreti e continue polemiche. Imprenditoria e sindacato si fondono e si socntrano, i dubbi sull’attendibilità dei dati aumentano e la fotografia della realtà appare sempre più incerta

17 gennaio 2009 | Alberto Grimelli

Difficile scattare oggi un’istantanea del comparto agricolo del nostro Paese.
Ve ne sarebbe davvero bisogno ma, purtroppo, è impresa ardua non perché manchino i dati ma perché purtroppo i numeri presentati sono molto diversi gli uni dagli altri, talvolta in contrasto, anche se provenienti da fonti autorevoli.
Questo imbarazzo lo abbiamo già segnalato da tempo. Ogni giorno che passa la problematica si fa più acuta, anche, e forse soprattutto, perché non sono chiari i ruoli degli attori in campo.
Nel settore primario del nostro Paese non vi è quella trasparenza che sarebbe necessaria per garantire politiche adeguate alle necessità, il caos regna sovrano e i provvedimenti legislativi assomigliano sempre più a spot elettorali più che strategie di ampio respiro.

La Coldiretti si lancia nella commercializzazione dei prodotti agricoli dei propri associati, avvia un progetto di partnership che porterà, a detta del suo Presidente Marini, le bandiere Coldiretti e Campagna Amica nei supermercati. Dopo la campagna mediatica per i farmer market, la nuova frontiera è la GDO.
A rispondergli è stato il direttore di Federalimentare, per nulla intimorito, che ha sottolineato come, alla fine, a scegliere sarà sempre il consumatore, sulla base del rapporto qualità/prezzo.
Si profila così uno scontro tutto interno al settore agroalimentare, secondo per Pil in Italia (248 miliardi di euro), che vede coinvolti l’agricoltura (48 miliardi), l’industria alimentare (100 miliardi), la distribuzione (100 miliardi).
Chi si avvantaggerà di questa guerra interna probabilmente sarà proprio la distribuzione, mentre è probabile, come verrebbe sottolineato in un documento segreto diramato dai vertici della Coldiretti, che si acuiscano i motivi di contrasto con le altre sigle sindacali agricole, riluttanti ad accettare l’egemonia di Sergio Marini.

Nel frattempo le voci si rincorrono e, ad oggi, l’analisi economica più completa, ci pare quella presentata da Politi (Cia).

La produzione agricola nel 2008 dovrebbe registrare una situazione di stabilità (+0,6% rispetto al 2007); il valore aggiunto una lieve crescita dell'1,2%; i prezzi all'origine, su base tendenziale, una diminuzione del 6,9%; gli investimenti un calo tra il 2 e il 2,5% mentre i costi di produzione dovrebbero avere un'impennata, sempre tendenziale, pari al 6,9%. In ristagno anche consumi agroalimentari. Il numero degli occupati agricoli dovrebbe ulteriormente ridursi del 2,1%.

Un quadro non certo positivo che viene offuscato ulteriormente dall'andamento dei redditi che, nonostante la crescita del 2,1% registrata nel 2008, continua a mostrare grandi difficoltà. E questo si riscontra analizzando i dati di Eurostat, che, nel medio periodo (2000-2008), evidenziano che il reddito per addetto in Italia perde 18,5 punti, contro un incremento di 17,2 punti nella media Ue17 e 3,8 punti nella media Ue15.

Per quanto riguarda l’export, da sempre fiore all’occhiello della nostra agricoltura, le buone performance registrate sono più dovute all’aumento del valore medio unitario (+11,2%) piuttosto che delle quantità (+2,1%).

Secondo la Cia, il previsto recupero su base annua del valore aggiunto agricolo, +1,2%, dopo due annate negative, il 2005 ed il 2006, e la sostanziale stabilità del 2007, non deve trarre in inganno indurre a facili ottimisti. Siamo in una fase di assestamento al ribasso dei prezzi dei prodotti agricoli e di stabilità in alto dei prezzi dei mezzi correnti di produzione. Ci attende, dunque, un 2009 che, se risulteranno confermate queste tendenze, segnerà un nuovo segno negativo della ricchezza prodotta dagli agricoltori.

Ogni previsione, per un 2009 appena iniziato, con una congiuntura economica di difficile interpretazione, è una scommessa.
Siamo però fortemente preoccupati dai trend macroeconomici e soprattutto dalle politiche, strategie e comportamenti dei singoli attori del comparto agroalimentare. E’ noto che, nei momenti di crisi, sarebbe utile e opportuno trovare unitarietà d’intenti, mentre ci pare che, oggi, in Italia, si vada nella direzione opposta.

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