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La produzione di mais in Italia e i cambiamenti climatici

La produzione di mais in Italia e i cambiamenti climatici

La produzione si è ridotta fino al 30%, in conseguenza del calo delle superfici, di poco superiore a 591 mila ettari ma anche della flessione dei rendimenti unitari, di poco superiore alle 10 tonnellate ad ettaro

03 febbraio 2022 | C. S.

“Ogni anno la giornata del mais è un’occasione di aggiornamento tecnico-scientifico sulle tematiche di interesse per le sue filiere, ma anche di confronto tra gli operatori sulle necessità emergenti e sulle scelte strategiche da porre in atto per la crescita del settore”- così Nicola Pecchioni, Direttore del CREA-Centro di Ricerca di Cerealicoltura e Colture Industriali al termine della Giornata del Mais, organizzata annualmente dal CREA Cerealicoltura e Colture Industriali e svoltasi oggi. Durante l’incontro, che ha visto protagonisti i ricercatori e tutti i principali attori della filiera maidicola, è stata presentata la seconda edizione delle “Linee guida per il controllo delle micotossine nella granella di mais e di frumento”, nuove strategie e indicazioni tecniche per migliorare la qualità sanitaria dei cereali, mais e frumento in particolare.

Il cambiamento climatico. Il progressivo aumento delle temperature, la riduzione della quantità e l’alterazione della distribuzione delle piogge rischiano di penalizzare la maiscoltura, come altre attività agricole. L’analisi dei dati dal 1951 a oggi, registrata negli areali italiani, infatti, mentre da un lato conferma una sostanziale stabilità a livello pluviometrico, dall’altro però rileva un aumento sensibile delle temperature medie annue, che si innalzano da una media di 15.1°C (13.3 al Nord) per il periodo 1951-1980 a una di 16.3°C (14.7 al Nord) per il periodo 2001-2020. Il cambiamento climatico influisce, anche, sul contenuto in micotossine che dal monitoraggio della rete Qualità Mais del CREA di Bergamo, per il 2021, ha evidenziato una situazione eterogenea tra i diversi areali di coltivazione.

La campagna maidicola 2021. Si registra una battuta d’arresto in termini di produzione e qualità, soprattutto in relazione ai dati del 2020, un’annata particolarmente positiva. Le rese, infatti, si riducono, in base ai diversi areali, del -5% del -10 e del -15% (addirittura del -30% in alcuni casi), in conseguenza del calo delle superfici, di poco superiore a 591 mila ettari (-2% sul 2020, il valore più basso dal 2018), della flessione dei rendimenti unitari (-6% a 10,7 t/ha) e delle  temperature (eccessivamente rigide in inverno, che insieme alle gelate tardive hanno ritardato la fioritura nel periodo primaverile, troppo elevate tra giugno e agosto). Performance negativa anche per la bilancia commerciale con un import netto al massimo storico: oltre 6,1 milioni di tonnellate e almeno 1,2 miliardi di euro. In forte crescita i già elevati prezzi internazionali, mentre quelli nazionali, nel mese di gennaio, hanno raggiunto il massimo livello per questo secolo. All’aggravio della bilancia commerciale si associa un aumento del costo mangimi, con pesanti ripercussioni sulla filiera zootecnica, mentre il beneficio per i maiscoltori italiani può essere pregiudicato dal costo dei fertilizzanti azotati, il cui prezzo è arrivato a livelli mai osservati in passato. (Fonte dati: ISTAT)

La ricerca. Studiare e comprendere il germoplasma del mais e i meccanismi alla base è fondamentale per migliorare la sostenibilità dei sistemi colturali e ottenere la tolleranza agli stress biotici e abiotici, attraverso il miglioramento genetico e la scelta di varietà che meglio si possano adattare a queste difficili condizioni. Ciò è reso possibile anche grazie al lavoro delle Reti Nazionali di confronto varietale, che annualmente forniscono informazioni utili sulla base dei dati ottenuti puntualmente e in maniera accurata per supportare questa scelta.

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