Economia

Clima, energia, economia. La nuova rivoluzione condivisa di Jeremy Rifkin

E’ uno degli uomini più influenti del mondo e ha le idee chiare su come passare indenni dalla seconda alla terza rivoluzione industriale. Tornare indietro è sbagliato. L’unica soluzione possibile poggia su due punti cardine: il cambio dell’energia e il cambio della comunicazione

11 luglio 2009 | Duccio Morozzo della Rocca

Jeremy Rifkin

Le energie rinnovabili non sono solo una possibilità ma una vera e propria esigenza.
Per rivoluzionare il sistema energetico, salvaguardare l’ecosistema e passare indenni dalla seconda alla terza rivoluzione industriale, ognuno potrà svolgere la sua piccola parte comodamente dal salotto di casa sua, connesso con il resto del mondo da una rete comune di energia condivisa.

Jeremy Rifkin, uno degli uomini più influenti e più corteggiati dai grandi governi mondiali perciò che riguarda il futuro del nostro pianeta, ha tenuto il mese scorso a Roma una lectio magistralis durante la prima conferenza SIF (Sustainability International Forum) dedicata alla sostenibilità.

In una stanza afosa e senza climatizzazione Rifkin ha esposto quindi, con la chiarezza che gli è propria, la sua lettura degli scenari mondiali presenti e futuri parlando di clima, energie ed economia, tirando infine in ballo l’Italia come uno dei paesi con le giuste risorse per aprire la strada a ciò che chiama nuovo capitalismo condiviso.

“Prima di tutto –apre la sua relazione Rifkin- vi invito a togliervi la giacca come sto facendo io perché quest’ambiente si sta davvero riscaldando”.

Tutte quelle energie che per 200 anni hanno segnato la storia della nostra epoca, dice Rifkin, sono oggi al tramonto: carbone, petrolio e uranio si stanno infatti velocemente esaurendo.

Contemporaneamente, le previsioni di un folto gruppo di scienziati internazionali sui cambiamenti climatici nel 2001 si sono già dimostrate troppo ottimiste e tutto sta accadendo con cento anni di anticipo. Basta guardare i ghiacci delle vette delle Alpi o il moltiplicarsi degli uragani nei Caraibi.

“Questi sono alcuni dei cambiamenti climatici che si verificano in tempo reale. Se la temperatura salirà solo di 3° tutto cambierà, l’intero ecosistema non sarà in grado di porre rimedio e collasserà. E se andiamo avanti così, la temperatura alla fine di questo secolo aumenterà non di 3 ma di 6 gradi!”

L’unica soluzione possibile per Rifkin è una rivoluzione basata su due punti cardine: il cambio dell’energia e il cambio della comunicazione.

Lancia dunque l’invito alla creazione di una NUOVA RIVOLUZIONE CONDIVISA.

“Quando la comunicazione condivisa (per esempio quella che passa da face book, you tube…ecc) si unirà all’energia condivisa saremo finalmente lanciati nella nuova epoca”.


Le energie condivise
Il petrolio, il carbone e i gas non sono energie condivise perché si trovano in poche parti del mondo, in regimi centralizzati e con disponibilità di materie prime che si vanno man mano riducendo.

Al contrario, spiega Rifkin, oggi l’energia è proprio nel cortile di casa: sole, vento, terreno caldo, pattume, residui agricoli e maree. Questa è l’energia condivisa che è in piccola quantità ovunque. E se l’energia è ovunque, perché raccoglierla solo in punti centralizzati?

Quello che è stato fatto con internet potrà essere ripetuto con chi produrrà energia: il di più verrà messo in una rete comune. Un software unirà centinaia di computer attraverso il collegamento tra la rete di comunicazione e la rete energetica.

Solo quando finalmente comunicazione ed energia convergeranno, ci sarà la nuova rivoluzione.
Questo è ciò che Rifkin chiama il capitalismo distribuito.

Avremo solo in questo modo il passaggio da una visione geopolitica ad una biopolitica.

Ma questo si potrà ottenere solo con forti accordi internazionali, rapidità e costanza: solo in questo modo, conclude Rifkin, ci sarà forse una nuova era nel post CO2.

Nucleare
Alla luce dell’orientamento dell’attuale Governo, una voce chiede a Rifkin cosa ne pensa del nucleare:

“Davvero non lo capisco. Abbiamo centrali nucleari vecchie che producono il 5% dell’energia mondiale. Per arrivare al 20% dovremmo costruire 3 centrali nucleari al mese per i prossimi 60 anni.
Non sappiamo poi come sbarazzarci delle scorie e l’uranio scarseggerà a partire del 2025.

Oltretutto non abbiamo acqua: in Francia l’80% dell’energia è prodotta dal nucleare e il 40% dell’acqua potabile è impiegata per raffreddare gli impianti. Un’acqua che uscendo calda da questo processo contribuisce a danneggiare l’ambiente.

La mia risposta dunque è che tornare indietro al XX secolo è sbagliato, sbagliato, sbagliato”.

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