Economia

Il monopolio del vino, insidie e opportunità del sistema distributivo svedese

Salgono rossi e bollicine, giù i bianchi fermi. Le ultime tendenze del mercato scandinavo, un Paese dove si consumano ben 31 litri a testa

11 aprile 2009 | Graziano Alderighi

Con un reddito pro capite pari a circa il 132% della media Ue, la Svezia è un mercato di primaria importanza nello scacchiere internazionale del vino. A maggior ragione se si considera che è un Paese di 9 milioni di abitanti, non produttore ma capace di consumare 31 litri di vino a testa (dati Ice), con ampi margini di crescita per gli anni a venire. Basti pensare che solo nel 1995, anno di entrata della Svezia nell’Unione Europea, il consumo pro capite era di appena 7 litri.
Dati e prospettive offerte dal mercato scandinavo verranno analizzati durante il Focus di oggi 4 aprile “Svezia – il monopolio e le possibilità per la realtà Italiane”, organizzato da Veronafiere in collaborazione con Buonitalia. Con due speciali approfondimenti che riguardano le particolari dinamiche del mercato svedese, non sempre di facile lettura per le aziende italiane che si accingono ad affrontarlo, e il regime di monopolio che caratterizza il sistema distributivo, con le implicazioni che comporta nei confronti dei produttori di casa nostra.

Un mercato che oggi vale circa 40 milioni di euro, pari in volume a 130 mila tonnellate di vino, ma che mostra segnali positivi per il futuro che viene. Secondo i dati dell’Istituto nazionale per Commercio Estero-Ice, elaborati dal Centro Studi Vinitaly di Veronafiere, i trend relativi al consumo di vino in Svezia sono positivi sia per volumi trattati nel 2008 (+6,88% sull’anno precedente), sia in termini di valore (+22,98%). A crescere sono soprattutto vini rossi (+11,31%) e bollicine (+18,02%), mentre una leggera contrazione viene fatta registrare dai bianchi fermi (-3,70%).
Ad oggi, il 7% del vino consumato in Svezia passa attraverso i canali Ho.Re.Ca, mentre il 74% finisce nella catena di distribuzione (monopolio) Systembolaget. Di particolare interesse i dati relativi alla quota restante, per scoprire come il 14% del consumo totale provenga da vini acquistati a seguito di viaggi all’estero, mentre i vini importati di contrabbando e quelli prodotti illegalmente rappresentano ben il 5% del consumo.

In questo contesto generale, il nostro Paese si piazza saldamente al secondo posto tra i fornitori, dopo la Francia e prima di Sud Africa e Spagna, sia per quantità che per valore. Una posizione confermata anche nella categoria dei vermouth e altri vini aromatizzati, dove il nostro Paese si posiziona alle spalle della Danimarca.
E anche per il 2009, le prospettive sono incoraggianti: negli ultimi anni le importazioni italiane, pari oggi a circa 20 mila tonnellate, sono infatti cresciute a un ritmo di circa il 14% annuo.

Fonte: VeronaFiere

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