Economia

Area di libero scambio e olio di oliva. Chi ci guadagnerà?

L’apertura dei mercati ai Paesi della riva sud del Mediterraneo può cambiare sensibilmente i già fragili equilibri di un comparto in sofferenza. Si chiedono regole certe, ma le perplessità restano

14 marzo 2009 | Maria Carla Squeo

Alcuni partecipanti al talk show, da sin. Juan Penamil, Luigi Caricato ed Enrico Lupi

Ci vuole coraggio, per affrontare il 2010. E non solo perché la grande crisi che sta attraversando le economie mondiali sta mettendo in ginocchio ogni buona intenzione, frenando inevitabilmente i nuovi impulsi per risalire la china. Ci vuole coraggio, va detto, perché in fondo, nonostante qualcuno forse se ne dimentichi, facendo finta di nulla, con il prossimo anno si giungerà alla tanto attesa apertura dell'area di libero scambio nel Mediterraneo.

Dal talk show che si è svolto a Trieste lo scorso 6 marzo, durante la quattro giorni di “Olio Capitale”, è emerso con evidenza che la questione interessa poco e poco d’altra parte si sa sull’argomento. E ciò nonostante si sia sprecati fiumi di inchiostro, e addirittura libri, come quello che mi ritrovo davanti, mentre scrivo - Sistemi di qualità, rapporti commerciali e cooperazione euromediterranea. Con sottotitolo: Possibili scenari per le imprese agroalimentari del Mediterraneo.

Il volume che mi sono procurato per informarmi in modo più chiaro, rispetto alle tante ombre che circolano sul tema, getta un po’ di luce, ma nel medesimo tempo lascia a bocca aperta. Sì, perché il volume, redatto a cura dell’Osservatorio permanente sul sistema agroalimentare dei Paesi del Mediterraneo, e pubblicato da Imsea-Iamb, fa capire che... siamo ancora in alto mare. E questo nonostante siano passati più di tredici anni da quando è stata celebrata l’arcinota Conferenza di Barcellona: del 1995, appunto.

E il comparto olio di oliva? Che ruolo avrà? Ci guadagneranno qualcosa i produttori europei, o ci perderanno soltanto?

Regole certe, è questo che si chiede alla vigilia dell’apertura nel 2010 dell’area di libero scambio nel Mediterraneo. E’ quanto emerso dall’importante vetrina di “Olio Capitale”, il Salone degli oli extra vergini tipici e di qualità nel corso dei lavori del talk show moderato da Luigi Caricato e che ha visto a confronto diversi esperti del settore, dallo spagnolo Juan Penamil, direttore della rivista specializzata “Mercacei” a Noureddine Ouazzani, direttore dell'Agro Pole Olivier di Meknes, in Marocco, da Roberto De Petro, conduttore e autore della trasmissione televisiva “Agrisette”a Enrico Lupi, presidente delle Città dell’olio. Insieme con loro c’erano anche Perica Bulic, sottosegretario del Mnistero agricolo cantonale di Bosnia Erzegovina, nonché, in chiusura, le testimonianze di Enisa Bukvic e Boris Pangerc.

Dal dibattito è emersa una generale situazione di incertezza. Ed è stato evidenziato come, a partire dal congresso di Barcellona in poi, da quando cioè si sono poste le premesse per il libero mercato nel Mediterraneo, tutto quanto è avvenuto nel frattempo sembra non aver lasciato segni tangibili. E, in effetti, a ben guardare non ci sono stati interventi sostanziali che si ricordino.

Gli olivicoltori dell’Unione europea, semmai, sono seriamente preoccupati di doversi confrontare con Paesi non soggetti a regole altrettanto rigide quanto quelle comunitarie – e non è un problema di poco conto. E proprio per questo motivo si chiedono regole certe per tutti, onde evitare che alcuni possano avvantaggiarsi a discapito di altri.
Il grande nemico con cui i produttori di olio di oliva dovranno confrontarsi è stato riscontrato nella grande distribuzione organizzata, la quale già condiziona i prezzi di mercato riducendo sensibilmente i margini di guadagno sia per le aziende di marca, sia per le aziende coltivatrici. E’ un problema che riguarda due grandi Paesi produttori come la Spagna e l’Italia. Una dinamica, quella scatenata dal mercato, che in realtà non avvantaggerebbe nemmeno i Paesi della riva sud del mediterraneo.

E così, per tutti i relatori del talk show, l’unica soluzione per tentare una qualche possibile azione di difesa risulta essere la strada della cultura e della sensibilizzazione del consumatore. Far conoscere l’olio extra vergine di oliva quale indispensabile e necessario strumento per far accrescere la cultura generale, unico e possibile approccio per difendersi dalle molte insidie che pongono in seria difficoltà i produttori di tutto il Mediterraneo.

“I prezzi sono in picchiata anche in Spagna” avverte Juan Penamil. “Un chilo d’olio extra vergine di oliva è stato quotato addirittura a un euro e 85 centesimi. Sette mesi prima, invece, era più caro del 40%. I produttori – ha aggiunto Penamil – non hanno un margine adeguato di guadagno, quello necessario per sopravvivere. Sono in tuto tre-quattro le imprese che acquistano l’olio, e purtroppo a farla da padrone sono le aziende della distribuzione organizzata. La marca bianca (da noi: private label, ndr) pesa in Spagna il 70% del mercato”.

Alla luce di quanto ha riferito Juan Penamil, si comprende bene, dunque, quanto sia potente e determinante la Gdo nel delinearsi del prezzo dell’olio. In Italia non è tanto diversa la situazione, sono bassi i margini di guadagno perché sul mercato avviene di tutto, e nonostante in Italia vi sia una legge sul sottocosto, nessuno di fatto la fa rispettare. A grave danno per il comparto olio di oliva tutto. I meccanismi sono molto strani e perversi. Con l’apertura dell’area di libero scambio non ci guadagnano nemmeno i Paesi del Nord Africa.

Noureddine Ouazzani però apre uno spiraglio. Grazie agli accordi di libero scambio, già in essere tra Marocco e Usa, per loro qualcosa torna comunque utile. per ciò che concerne l’Unione europea, i loro contatti commerciali con la Spagna sono a buon punto. Hanno però un grosso limite in Marocco, quello di avere un consumo pro-capite annuo di olio di oliva bassissimo: meno di un litro a testa. E ciò condiziona inevitabilmente il mercato.

Diverso è quanto emerge dai Paesi dell’area balcanica: “noi vi osserviamo con attenzione, e abbiamo molto da imparare; da noi – spiega Bulic – l’olivicoltura era quasi scomparsa, ora sta riprendendo una sua identità. Si iniziano a raccogliere i primi risultati. Occorre però lavorare affinché il consumatore ci segua, perché per ora i consumi restano piuttosto bassi”.

Naviga nell’ottimismo, invece, Enrico Lupi, il presidente di Città dell’olio, che parte dall’esperienza avuta, già sette anni fa, del progetto Femo, la la Federazione Euromediterranea delle Municipalità Olivicole, un organismo che anticipava i legami tra Europa e Africa. Un’esperienza che tuttavia, va detto, non ha poi avuto più la forza di proseguire con le medesime energie dei primi anni.
“C’è una forte necessità di grandi investimenti – sostiene Lupi – per conquistare il consumatore. La strada da percorre per ora è una sola: la cultura”. Già, la cultura.

Intanto sono trascorsi poco più di tredici anni dalla nota Conferenza di Barcellona del 1995, da quando è stata resa manifesta l’intenzione e il nobile proposito di creare uno spazio economico comune all’intera area euro-mediterranea. Da allora, dopo un lento e faticoso percorso, si è ormai giunti alla fatidica data del 2010, anno in cui l’area di libero scambio del bacino del Mediterraneo potrà di fatto diventare il più vasto spazio commerciale del mondo. Ma tutto sembra ancora da scrivere. Le opportunità sulla carta non mancherebbero, si tratta di capire quanto siano però reali. Con l’allargamento a Est dell’Unione europea, i Paesi coinvolti saranno circa quaranta; mentre sono tra i 600 e gli 800 milioni circa i consumatori che daranno vita al più importante soggetto commerciale mondiale.

Si tratta, come è ben evidente, di un progetto assai ambizioso, visto che metterà a diretto contatto i diversi Paesi tra loro. Il problema sta su cosa effettivamente cambierà sul fronte delle economie dei singoli Paesi. Su come concretamente reagiranno i mercati. Certo è che il mutamento di scenario per i protagonisti del comparto olivicolo e oleario dei Paesi produttori non semplificherà i già ardui problemi attuali.

Intanto, in attesa di capire cosa avverrà, chiudiamo citando il pensiero del noto autore del Breviario mediterraneo, Predrag Matvejevic, il quale tra l’altro, lo scorso sabato 28 febbraio, confessava in tutta sincerità, in un’intera pagina sul “Corriere della Sera”, la propria personale delusione, giacché – a suo parere – il sogno di un’Europa capace di riannodare i legami con il mondo arabo è fortemente in crisi, e, forse, tale sogno è addirittura fallito, ancor prima di essere attuato.

Ci può essere ancora spazio per l’ottimismo? Vedremo, ascolteremo i pareri degli economisti. In ogni caso, al di là di tutto, c’è da dire che in prospettiva di un partneriato euromediterraneo, si avverte l’urgente necessità di procedere a un’armonizzazione delle regole, sia in materia di sicurezza alimentare che di qualità e tutela ambientale; senza per questo trascurare il conseguimento di obiettivi sensibili come lo sono per esempio la concorrenza leale e la protezione in materia di denominazioni di origine.

Siamo sicuri di essere pronti ad affrontare l’apertura dell’area di libero scambio già con il 2010?

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