Economia
L’effetto dei prezzi dell’olio di oliva sui mercati internazionali

L’impatto degli alti prezzi dell’olio di oliva viene assorbito dai principali mercati internazionali, con la sola eccezione di Cina e Giappone. I dati ufficiali dell’Unione europea sull’export da ottobre a marzo
06 giugno 2024 | T N
L’Unione europea ha diramato il nuovo rapporto sulla situazione di mercato dell'olio di oliva, con aggiornamento al 30 maggio 2024.
I dati della produzione e sugli stock previsti a fine settembre non sono variati molto, segnalando solo l’aumento produttivo della Spagna e quindi una crescita delle giacenze presunte nell’UE a fine campagna a 360 mila tonnellate.
Un dato molto ottimistico se il trend dei consumi e delle vendite oltrefrontiera procederà con i ritmi che la stessa Commissione dichiara nel report.
Andiamo dunque ad esaminare nel dettaglio il trend.
Secondo il precedente report da ottobre a gennaio l’export di olio di oliva dall’Europa verso i Paesi terzi è ammontato a 188 mila tonnellate.
Secondo il più recente report da ottobre a marzo l’export dall’UE verso i Paesi terzi è stato di 292 mila tonnellate.
L’export medio mensile nei primi quattro mesi della campagna olearia è stato dunque di 47 mila tonnellate, salito a 52 mila tonnellate a febbraio e marzo.
Nonostante il grande rincaro dei prezzi, che ha appunto toccato il suo picco a gennaio, l’export di olio di oliva non è sceso, anzi è aumentato di un 10% rispetto ai mesi precedenti.
E’ chiaro ed evidente, dunque, che il mercato ha ben assorbito i rincari, senza contraccolpi particolarmente significativi sull’export che è sì in calo del 12,8% a ottobre-marzo rispetto agli stessi mesi della campagna precedente ma più per mancanza di prodotto piuttosto che per ripercussioni commerciali.
Se esaminiamo infatti la dinamica in alcuni grandi Paesi importatori di olio europeo, si nota che il mercato statunitense non ha risentito dell’aumento dei prezzi (-2,1% ottobre marzo mentre era -1,2% ottobre-gennaio), mentre in altre Nazioni, l’effetto shock degli aumenti è stato riassorbito. Vale per esempio per il Brasile (-22% ottobre-gennaio mentre è -14% ottobre-marzo) e per il Canada (-19% ottobre-gennaio mentre è -7,8% ottobre-marzo).
Le uniche note stonate appaiono quelle del far east, ovvero Cina e Giappone, che invece non sembrano aver assorbito l’impatto psicologico dell’aumento dei prezzi. In Cina la diminuzione dell’export di olio di oliva rimane stabile al -60% mentre in Giappone passa dal -49% di ottobre-gennaio al -34% di ottobre-marzo.
Lo scenario complessivo della commercializzazione di olio di oliva è quindi decisamente meno drammatica di quanto viene normalmente raccontata. Resta il dato della diminuzione complessiva dei consumi, dovuta alla mancanza di prodotto e l’incognita sul comportamento del consumatore “disaffezionatosi” all’olio di oliva non appena i volumi produttivi ritorneranno importanti.
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