Economia
Il settore agroalimentare italiano vale quasi 300 miliardi di euro

Si riduce il consumo di cibi pronti e confezionati, come di alimenti biologici e Km0. Nei piani dei prossimi 3-5 anni più attenzione soprattutto alla sostenibilità
13 giugno 2023 | C. S.
Nel corso dei lavori del 7° forum “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage: quali evoluzioni e quali sfide per i prossimi anni” organizzato a Bormio da The European House -Ambrosetti, è emerso che l’intera filiera agroalimentare italiana sostiene circa 30 macro-settori, contribuendo alla realizzazione del 16,4% del PIL nazionale. Con 282 miliardi di euro di valore aggiunto, di cui 64,1 diretti, il contributo dell’agroalimentare al PIL italiano è pari a 2,5 volte il settore automotive di Francia e Spagna messe insieme. Nel 2022, la bilancia commerciale della filiera agroalimentare italiana è tornata, tuttavia, negativa con un saldo di -2 miliardi di Euro, dopo i primi 3 anni di solidità dal 2019 al 2021. L’esposizione internazionale della filiera agroalimentare è guidata da un deficit agricolo in continuo peggioramento, che ammonta a -13,2 miliardi di Euro nel 2022. Infatti, a causa della dipendenza agricola dall’estero, il Paese ha perso circa 100 miliardi di Euro di PIL nel periodo 2010-2022.
Le scelte di consumo degli italiani post pandemia
Nel post-pandemia gli italiani puntano sulla “qualità” della propria spesa alimentare e oggi comprano un 10,5% in più di alimenti sostenibili certificati, un +7,5% di alimenti biologici e a km zero mentre riducono cibi pronti e confezionati (-5,2%) e “junk food” (-4,4%).
Per il 73% dei consumatori un prodotto è sostenibile quando il suo processo di produzione è sostenibile (subito dopo conta la sostenibilità del packaging, 40,3%) e l’80% è disposto a spendere di più per acquistarlo, anche se non tanto di più: oltre un terzo spenderebbe meno del 5% in più, mentre poco meno del 5% è disposto a spendere oltre il 30% in più. Secondo la ricerca condotta da The European House – Ambrosetti anche per le imprese un prodotto diventa sostenibile soprattutto nella sua fase di produzione (risposta data dal 38,9% delle 500 aziende del settore Food&Beverage coinvolte), ma per molte (32,3%) è, invece, l’alta qualità delle materie prime il fattore principale di sostenibilità. Nei piani dei prossimi 3-5 anni le aziende dichiarano di voler dedicare maggiore attenzione soprattutto alla sostenibilità della produzione (12,7% del totale) e alla riduzione degli sprechi (13,7%).
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