Economia

L’INDIA E' MERCATO EMERGENTE, OGGI IL CONSUMO E' MENO DI UN CUCCHIANO DA THE PRO CAPITE MA SI PREVEDE UN FUTURO ROSEO

I consumatori attualmente sono solo 150-200 mila. Imponenti anche i dati relativi ai tassi di crescita annui di questo mercato, siamo nell’ordine del 30% negli ultimi quattro anni. Si è passati da quasi quattro milioni di bottiglie nel 2000 alle dieci milioni nel 2006

07 aprile 2007 | Mena Aloia

India, un nuovo mercato da scoprire.
Nel corso dell’ultimo focus sui Paesi del Vinitaly World Tour è stato fatto il punto sul mercato del vino in India. Paese, fra quelli emergenti, certamente complesso, che necessita pertanto di un’attenta conoscenza, ma che può certamente dare molte soddisfazioni a quelle aziende che riusciranno, qui, a vendere il proprio prodotto.
Il mercato del vino –ha spiegato Magandeep Singh, giornalista indiano- è un fenomeno assolutamente agli inizi. Si pensi che il consumo procapite è meno di un cucchiaino da the all’anno (5ml), ma questo dato non deve trarre in inganno perché i reali consumatori di vino in India, attualmente, sono solo 150-200 mila. Imponenti sono invece i dati relativi ai tassi di crescita annui di questo mercato, siamo nell’ordine del 30% negli ultimi quattro anni. Si è passati da 320.000 casse (1 cassa equivale a 12 bottiglie) nel 2000 alle 865.000 nel 2006. Se si aggiunge, poi, che gli esperti considerano questi tassi di crescita sostenibili nel medio lungo termine, si può verosimilmente supporre che i consumatori potenziali di vino siano ben 10-20 milioni.
Attualmente, comunque, il consumo si concentra principalmente (per il 70%) in quattro fra le più grandi città: Mumbai, capitale della vita mondana; Delhi con la sua concentrazione di persone con alto reddito; Goa famosa stazione turistica e Bangalore capitale dell’informatica.
Un’alta concentrazione si registra anche per quanto riguarda i canali distributivi, come ha fatto notare Rajiv Malhotra – presidente Lotus Exhibitions & Marketing Service-, il 70% del vino viene venduto negli alberghi di lusso, il resto nelle Ambasciate, nella vendita al dettaglio e nei ristoranti.
Per quanto riguarda i ristoranti è bene aprire una piccola parentesi. Due sono i problemi più gravi che spostano il consumo verso altre bevande quali birra o whisky: prima di tutto gli elevati costi del vino rispetto ad un pranzo inteso come solo cibo, 50 euro di media per un pasto, da 42 a 125 euro per una bottiglia di vino, sempre se, questo l’altro problema si trovi disponibile il prodotto.
Ancora, è dilagante una mancanza di informazione, sia fra i ristoratori che fra i consumatori e l’abbinamento cibo-vino risulta a volte quasi impossibile visto che gli indiani non seguono un ordine nel servire i piatti. Da qui il consiglio di veicolare il vino, semmai attraverso la nostra cucina italiana seconda, per diffusione, solo a quella cinese.
Certamente questa mancanza di cultura del vino deve essere affrontata da chi si vuol iniziare dei rapporti commerciali con l’India. È necessario per far ciò studiare ed ancora studiare questo Paese dove, ad esempio, non è ammessa nessuna forma di pubblicità diretta sui media (né stampa, né radio, né televisione), ma dove, allo stesso tempo, non c’è giorno che sui giornali non si parli di vino che non si vedano foto di stars mondiali con un bicchiere di vino in mano. Tutto ciò sta creando il “mito” di una bevanda trendy, da ricchi.
In questo tipo di promozione, se vogliamo obbligata, giocano un ruolo fondamentale le istituzioni, oltre che le singole aziende e la Francia, sotto questo aspetto, sembra essere molto più attenta dell’Italia.
Nelle esportazioni di vino, in termini di valore, la Francia è infatti prima seguita dall’Italia. Tuttavia il nostro tasso di crescita è estremamente significativo: nel 2006 si è registrato un +80% che equivale a poco meno di 2630 hl. Buono anche l’aumento in valore passato da 855 mila Euro ad oltre 1,46 milioni.
Un grande numero di marchi italiani sono già disponibili sul mercato, concentrati nelle mani dei 15 importatori che attualmente controllano il mercato. Appartengono soprattutto al segmento dei vini di categoria premium, nella fascia 17-37 euro. Di questi il 45% sono rossi, il 40% bianchi e il 13% frizzanti.
In generale, però, nel mercato indiano vi è una netta preferenza dei rossi rispetto ai bianchi, il rapporto è calcolato 5 a 1, tra i rossi, quelli dal forte gusto tannico non rientrano nelle preferenze, sono preferiti quelli di media corposità e fruttati perché più facilmente abbinabili.
Anche se i numeri attualmente fanno vedere l’India come un mercato molto piccolo, marginale, non dobbiamo dimenticare che un forte limite alle importazioni è oggi rappresentato dai dazi compresi tra il 100 e il 150% che possono raggiungere anche il 500% con le tasse al consumo applicate in alcuni Stati, ma questo limite potrebbe essere “risolto” a breve se l’India accetterà la richiesta inoltrata alla Wto dall’Ue.
Le preoccupazioni restano per i produttori locali che si vedono minacciati da questa possibile apertura e che rischiano di vedere rallentata la crescita della loro produzione (dal 55 al 70% all’anno).
Un mercato, dunque, certamente molto complesso, ma con delle enormi potenzialità e molto più vicino alla nostra cultura europea di quanto possiamo immaginare. L’India in questo momento è soggetta al fenomeno “Reverse Braindrain” cioè un influsso di espatriati indiani, di solito professionisti che hanno vissuto negli Stati Uniti o in altri paesi occidentali e che rientrano portando con sé una considerevole ricchezza non solo economica, ma anche di abitudini occidentali.
È questo il target market dei prodotti e vini di alto livello.

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