Economia

L'AGRICOLTURA VALE IL FUTURO. UNA GRANDE SCOMMESSA PER IL RILANCIO DEL PAESE ITALIA

Organizzato da Coldiretti e studio Ambrosetti, si è concluso lo scorso 25 ottobre a Cernobbio il terzo Forum sui temi agricoltura e alimentazione. I pareri di Paolo Bedoni e Giacomo Vaciago

01 novembre 2003 | Franco Bonaviri

L'appuntamento di Cernobbio è diventato ormai un momento di riflessione su temi importanti per l'economia e la politica agricola, non solo italiana. Il Forum di quest'anno, conclusosi il 25 ottobre scorso, si è articolato nell’ambito di due giornate, la prima delle quali ha posto in luce le tematiche inerenti le politiche agricole e il sistema di regolamentazione del commercio internazionale, con uno sguardo più ampio alle tendenze dell'economia e della società nel loro complesso, la seconda giornata, invece, è stata dedicata ai temi riguardanti aspetti più cruciali per l'agricoltura e per l'economia italiana, la gestione del sistema economico attraverso le governance, la concertazione e la sussidiarietà, per esempio, ma anche l'origine dei prodotti e la valorizzazione economica della territorialità.
Molti gli interventi che si sono succeduti. Noi ci siamo soffermati su due che, nel complesso, riteniamo i più rappresentativi dello stato delle cose e delle prospettive future.

Una visione nuova, sradicata dai limiti culturali del passato
“La nostra generazione di imprenditori e di dirigenti delle organizzazione di rappresentanza delle imprese – ha fatto notare il presidente della Coldiretti Paolo Bedoni - ha ereditato una politica agricola che aveva come obiettivo prioritario quello di contenere nelle campagne gli effetti sociali dirompenti di un processo di sviluppo fondato sull'industrializzazione e sull'urbanizzazione. Si trattava – ammette – di una politica agricola inevitabilmente ‘difensiva’. Una politica di contenimento e di gestione razionale di quello che sembrava a tutti gli effetti un processo di inesorabile e definitiva emarginazione del settore agricolo nell'economia moderna. E' innegabile che si trattasse di un'esigenza irrinunciabile nel tempo storico nel quale essa si è manifestata. Il fatto grave e negativo è che i suoi effetti hanno rischiato di protrarsi ben oltre quel tempo e quella esigenza storica”.

Un settore economico vitale, solo annullando gli assistenzialismi
La posizione di Bedoni è lucida e inequivocabile: “La riproposizione continuata ed esasperata di scelte assistenzialistiche hanno ritardato e persino contrastato la riscoperta dell'agricoltura come settore produttivo vitale nell'economia postindustriale. Intorno alla vecchia impostazione, si sono coagulati interessi parassitari così rilevanti da condizionare non poco, e per lungo tempo, l'evoluzione e il rinnovamento della politica agricola. In Italia forse più che altrove, a causa di una eccessiva e innaturale politicizzazione del settore”.
L'analisi, possiamo concludere, è da tenere in debita considerazione. Peccato che si sia giunti in gran ritardo a simili conclusioni. Certo, è meglio tardi che mai, ma per far ripartire e avviare a grandi ritmi un comparto agricolo che per lungo tempo è stato depredato e appesantito da scelte politiche assurde, occorrono, noi crediamo, posizioni di estrema chiarezza e di ferma intransingenza. Sarà possibile?

Si apre intanto uno scenario inedito e promettente
Secondo Giacomo Vaciago, docente all’Università Cattolica di Milano, si paventava fino a pochi mesi fa una terribile recessione economica mondiale, quando invece non è stato così. “Possiamo avere uno sguardo più ottimista” sostiene rassicurante l'economista. “Il mondo non si è fermato. Non si è fermata neppure la Cina, nonostante la Sars; e sono peraltro ripartiti bene sia il Giappone, sia gli Stati Uniti. Unica realtà fuori da questo contesto è l'unione europea".

Un problema l'introduzione dell'euro?
Che il problema sia stato determinato dall'introduzione della moneta unica? E' pienamente legittimo chiederselo.
La scelta di adottare l'euro quale moneta unica, effettivamente, qualche disagio lo ha creato.
Questa adozione “si è incentrata sulla stabilità, ma non sulla crescita”, ammette Vaciago; quest’ultima è stata invece “delegata ad ogni singolo Paese".
E’ per questo motivo, dunque, che nazioni come Spagna e Portogallo hanno dato le migliori performance in questo periodo. "Con la stabilità - ha ribadito Vaciago - si privilegiano i deboli, ma si rinuncia a crescere perché l'atteggiamento protettivo è un ostacolo al cambiamento. La produzione italiana è ferma dal 1997, ma le industrie italiane crescono ovunque nel mondo eccetto che sul nostro territorio, e quindi è un problema del Paese".
Il problema europeo è dato dalla "mancanza di cooperazione tra i ministeri economici, che dopo aver introdotto l'euro hanno lavorato ciascuno per sé". Così, quanto meno, ammette Vaciago; e aggiunge che in questo quadro economico a fare eccezione sia proprio l'agricoltura.
“L'industria agroalimentare e il settore primario sono in controtendenza rispetto all'industria in generale. C'è stata un ricerca della qualità che oggi ci avvantaggia e che non subisce la concorrenza dei Paesi emergenti, i quali invece corrono dietro all'industria manifatturiera. La qualità dell'agricoltura – conclude Giacomo Vaciago - è la nostra unica difesa, una qualità che non ci viene invece riconosciuta nell'industria, dove abbiamo solo alcuni settori di punta, come la Ferrari".

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